martedì 13 agosto 2013

Le piccole virtù di natalia Ginzburg

Copertina di Le piccole virtù
Bel dilemma... (3,7 stelle)
Non saprei come definire il mio primo incontro con Natalia Ginzburg, nè un innamoramento nè un’intolleranza...forse un civile avvicinamento.
Le presentazioni e le recensioni sul suo lavoro riportate in questa edizione Einaudi le ho trovate, come spesso accade, più complicate del libro stesso, anche se in parte utili. Concordo pienamente (per quanta opinione mi possa essere fatta leggendo solo questo libro) con la definizione di Domenico Scarpa del modo di essere donna ( e anche scrittrice) della Ginzburg, “un modo spesso dolente ma sempre pratico e quasi brusco”. E’ forse questo modo pratico che non mi avvicina troppo a lei, che me la fa rimanere distante. La prima sensazione a pelle che ho avuto è stata di antipatia, mi sono fatta l’idea che se l’avessi conosciuta dal vivo probabilmente sarebbe stata una di quelle persone con cui non avrei avuto interessi in comune, con cui non sarei riuscita ad avere un rapporto di amicizia. Nonostante questa leggera avversione ho portato avanti la sua raccolta di riflessioni senza trovarla nemmeno indigesta, anzi, a tratti pure piacevole. Resta il fatto che lo stile in cui scrive non mi affascina nonostante esprima cose condivisibili.
Ne “Le scarpe rotte”, anche se vengon espressi pensieri da adulta, l’esposizione mi ha dato proprio l’idea di un tema scritto da una bambina delle elementari, ed è forse il capitolo che mi è piaciuto di meno.
Ho invece apprezzato molto “Ritratto d’un amico”. Scritto forse in modo un po’ più lirico,
è partito un po’ lento ma poi è sfociato in una capacità di analisi , di comprensione e di accettazione verso il modo di essere dell’amico Cesare Pavese, che mi ha stupita per la sua chiarezza e profondità. Con “Elogio e compianto dell’Inghilterra” ho rivalutato questa scrittrice ammettendo la sua bravura soprattutto nel compiere un’analisi lucida ed anche ironica ma l’ho quasi detestata in “Lui e io”, nel quale si presenta quasi come un’ameba interessata solo a scrivere e quasi impermeabile a tutte le altre forme di cultura, e soprattutto come un appendice noiosa del marito, che viene da chiedersi se ha scritto certe cose solo per modestia o se effettivamente si giudicava così severamente.
Il resto della lettura è proseguito più o meno con questo andamento altalenante di apprezzamento e di critica che mi lascia un po’ interdetta. “I rapporti umani” l’ho trovato bello ma pesantemente incombente, una scrittura pacatamente martellante ed infine “Le piccole virtù” il quale contiene spunti intressanti e condivisibili, anche se ripete troppe volte lo stesso concetto a parer mio, come se volesse essere certa che chi lo legge abbia capito il messaggio. In libreria ho un altro suo libro da leggere, a questo punto sono curiosa di vedere come sarà, anche se non è mia intenzione leggerlo subito.

Citazioni:
“Non c’è difatti nulla di più triste al mondo d’una conversazione inglese, sempre assorta a non sfiorare nulla d’essenziale, ma a fermarsi in superficie. Per non offendere il prossimo, penetrando nella sua intimità, che è sacra, la conversazione inglese ronza su argomenti di estrema noia per tutti, purchè siano senza pericolo.”

“Per quanto riguarda l’educazione dei figli, penso che si debbano insegnare loro non le piccole virtù, ma le grandi. Non il risparmio, ma la generosità e l’indifferenza al denaro; non la prudenza, ma il coraggio e lo sprezzo del pericolo; non l’astuzia, ma la schiettezza e l’amore alla verità; non la diplomazia, ma l’amore al prossimo e l’abnegazione; non il desiderio del successo, ma il desiderio di essere e di sapere.”

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