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martedì 22 dicembre 2015


Memorie di Adriano
Seguite dai taccuini di appunti
Di Marguerite Yourcenar
Editore: Einaudi (Gli Struzzi, 340)
Numero di pagine: 330 | Formato: Paperback  Isbn-10: 8806600117 | Isbn-13: 9788806600112



 

Un ascolto tormentato


Premetto che in realtà non ho letto il libro ma ho ascoltato la versione audio di Ad Alta Voce di Radio Tre supportandomi con l'ebook. Solitamente udire l'audiolibro è la stessa cosa che leggere un cartaceo ma in questo caso credo che il tomo sia stato leggermente ridotto, tuttavia, ridotto o no, non cambia la percezione della grandiosità di quest'opera. Purtroppo la mia lettura-ascolto è stata tormentata dall'inserimento di una dose eccessiva di musiche che ho trovato detestabili e che a tratti mi hanno realmente irritato il sistema nervoso, un conto è inserire qualche piccolo intermezzo musicale, un altro è su venti minuti di lettura inserirne dieci di musiche angoscianti... ma passiamo oltre.
Questo testo è un vero capolavoro letterario, la Yourcenar fa sembrare quasi reale questo memoriale sia per la profonda conoscenza dell'antichità sia per l'esposizione chiara e sontuosa dei concetti. Sicuramente ci sono delle incongruenze o delle affermazioni troppo profetiche perchè possano sembrar  pensate realmente in quell'epoca, ma a dire il vero non importa molto e questo avvertire che la storia è stata scritta in epoca moderna non rovina l'effetto veridico e soprattutto non ne inofficia la validità letteraria.
Sicuramente "Memorie di Adriano" non è una lettura leggera e, nonostante le accuse mosse all'audiolibro ascoltato, credo che se avessi dovuto leggere la versione cartacea la sera prima di dormire forse avrei desistito. 

CITAZIONI

“difficile rimanere imperatore in presenza di un medico; difficile anche conservare la propria essenza umana: l'occhio del medico non vede in me che un aggregato di umori, povero amalgama di linfa e di sangue”

“Chiunque può morire da un momento all'altro, ma chi è malato sa che tra dieci anni non ci sarà più. ”

“Che cos'è l'insonnia se non la maniaca ostinazione della nostra mente a fabbricare pensieri, ragionamenti, sillogismi e definizioni tutte sue, il suo rifiuto di abdicare di fronte alla divina incoscienza degli occhi chiusi o alla saggia follia dei sogni? L'uomo che non dorme da qualche mese a questa parte ho fin troppe occasioni di constatarlo su me stesso si rifiuta più o meno consapevolmente di affidarsi al flusso delle cose.”

“Non mi è mai piaciuto guardare le persone che amavo mentre dormivano: si riposavano di me, lo so bene; mi sfuggivano, anche. E non c'è uomo che non provi vergogna del proprio viso, guasto dal sonno.”

“Considerata in se stessa, questa giovinezza tanto vantata il più delle volte mi appare come un'epoca ancora rozza della nostra esistenza, un'età opaca e informe, malsicura e fuggevole.”
“Non tutto era bello in quell'avvento d'una classe media laboriosa che s'affermava a sostegno d'un cambiamento di regime imminente: l'onestà politica vinceva la partita ma si serviva di stratagemmi alquanto loschi. <...> gli uomini nuovi, ai quali mi legavano vincoli di famiglia, forse non erano poi tanto diversi da quelli che si accingevano a soppiantare: erano, più che altro, meno insudiciati dal potere.”

“La morale è una convenzione privata; il decoro è una faccenda pubblica: qualsiasi licenza allo scoperto m'ha fatto sempre l'effetto d'un'ostentazione di bassa lega”
“Bisogna che lo confessi: credo poco alle leggi. Se troppo dure, si trasgrediscono, e con ragione. Se troppo complicate, l'ingegnosità umana riesce facilmente a insinuarsi entro le maglie di questa massa fragile, che striscia sul fondo. Il rispetto delle leggi antiche corrisponde a quel che la pietà umana ha di più profondo; e serve come guanciale per l'inerzia dei giudici. Le leggi più antiche non sono esenti da quella selvatichezza che miravano a correggere, le più venerabili rimangono ancora un prodotto della forza. La maggior parte delle nostre leggi penali e forse è un bene non raggiungono che un'esigua parte dei colpevoli; quelle civili non saranno mai tanto duttili da adattarsi all'immensa e fluida varietà dei fatti. Esse mutano meno rapidamente dei costumi; pericolose quando sono in ritardo, ancor più quando presumono di anticiparli. E tuttavia, da questo cumulo di innovazioni pericolose e di consuetudini antiquate emerge qua e là, come in medicina, qualche formula utile. I filosofi greci ci hanno insegnato a conoscere un po' meglio la natura umana; i nostri migliori giuristi da qualche generazione rivolgono le loro cure nella direzione del senso comune. Ho posto in atto anch'io talune di quelle riforme parziali che sono le sole durevoli. Ogni legge trasgredita troppo spesso è cattiva; spetta al legislatore abrogarla o emendarla, per impedire che il dispregio in cui è caduta quella stolta ordinanza si estenda ad altre leggi più giuste. Mi proposi d'eliminare cautamente le leggi superflue e di promulgare con fermezza un piccolo numero di saggi decreti. Sembrava giunta l'ora di riesaminare, nell'interesse dell'umanità, tutte le prescrizioni antiche.”

“Non credo che alcun sistema filosofico riuscirà mai a sopprimere la schiavitù: tutt'al più, ne muterà il nome. Si possono immaginare forme di schiavitù peggiori delle nostre, perché più insidiose: sia che si riesca a trasformare gli uomini in macchine stupide e appagate, che si credono libere mentre sono asservite, sia che si imprima in loro una passione forsennata per il lavoro, divorante quanto quella della guerra presso le razze barbare, tale da escludere gli svaghi, i piaceri umani. A questa schiavitù dello spirito o dell'immaginazione umana, preferisco ancora la nostra schiavitù di fatto. Qualunque cosa avvenga, la condizione orribile che mette l'uomo alla mercè d'un altro uomo esige un'attenta regolamentazione giuridica. Ho provveduto affinché lo schiavo non sia più una mercanzia anonima che si vende senza tener conto dei legami di famiglia che si è creati, un oggetto spregevole la cui testimonianza non viene accolta dal giudice se non dopo averlo sottoposto alla tortura, invece di accettarla sotto giuramento. Ho proibito che lo si obbligasse a mestieri disonoranti o rischiosi, che lo si vendesse ai tenutari di postriboli o alle scuole per gladiatori. Coloro che si compiacciono di queste professioni, le esercitino pure: le eserciteranno meglio.”

“La condizione della donna è determinata da strani costumi: esse sono sottoposte e protette allo tempo stesso, deboli e potenti, troppo disprezzate e troppo rispettate.”

“Una parte dei nostri mali dipende dal fatto che troppi uomini sono oltraggiosamente ricchi, o disperatamente poveri.”

sabato 5 dicembre 2015


Porci con le ali
Di Lidia Ravera,Marco Lombardo Radice
Editore: Arnoldo Mondadori (I Miti)
Lingua: Italiano | Numero di pagine: 204
Formato: Paperback Isbn-10: 880441605X | Isbn-13: 9788804416050 |
Data di pubblicazione: 01/03/1996 |





Cazzo, porcocazzo, sega. (3,5 stelle)


Se odiate le parolacce girate alla larga. Non ho mai letto un libro così infarcito di espressioni diciamo colorite, ma dopo una decina di pagine ci si fa l'abitudine e si entra nella storia senza far più troppo caso al linguaggio. Anzi, direi che questo linguaggio alla fine si rivela fondamentale per trascinarci dentro quel mondo di adolescenti che effettivamente parlavano e vivevano così. Per poco non sono rientrata in questa generazione, l'adolescenza me la sono fatta negli anni '80, quando ormai le tv commerciali avevano preso il posto della politica  e al massimo si faceva uno sciopero giusto per non andare a scuola; comunque credo che i ragazzi siano in ogni periodo più o meno simili nella loro essenza, forse cambiano gli sturbi politici e quelli legati strettamente al periodo in cui si vive, ma di certo le "seghe mentali" inerenti i rapporti umani e di coppia sono più o meno gli stessi.
Questo libro è stato un tuffo nel passato che non ho mai vissuto, una scoperta divertente, una pausa tra libri pesanti a livello emotivo. Sicuramente non sarà un capolavoro della letteratura ma l'ho trovato ben scritto, contrariamente a quanto alcuni hanno commentato in merito, io credo che ci sia una buona ricerca a livello lessicale e che i temi affrontati non siano banali, questo è un falso libro leggero.

Interessante questo LINK di Marco Giani dell' Università Ca' Foscari Venezia, in cui si parla di giovani e si citano alcuni passaggi del libro.

martedì 1 dicembre 2015

Il pranzo di Babette di Karen Blixen

Il pranzo di Babette
I Racconti di Repubblica n° 23 
Di Karen Blixen 
Editore: Gruppo Editoriale L'Espresso
Lingua: Italiano | Numero di pagine: 46 
Isbn-10: A000041246 | Data di pubblicazione: 01/01/1997




Un gioiellino 

Un racconto delizioso nella forma e nella sostanza.
Karen Blixen narra con leggerezza e fa apparire leggero ciò che leggero non è, tutto il dramma della vita, sia essa vissuta oppure repressa, viene qui messo in scena in poche pagine, ma tramite queste poche righe si percepisce anche ciò che non viene detto o raccontato;  e la grandezza delle cose taciute esplode nel meraviglioso pranzo che Babette, da grande artista culinaria quale è, mette in tavola.
Una vera chicca che mi invoglia a leggere altro di questa autrice. 
Girovagando in rete ho trovato un articolo di Francesco Mangiapane relativo a questo racconto, ma soprattutto alla sua trasposizione cinematografica, che mi è piaciuto molto e voglio qui condividerlo:

 Citazioni

"Povera? Non sarò mai povera, sono una grande artista. Un grande artista Mes Dames non è mai povero. Abbiamo qualcosa Mes Dames di cui gli altri non sanno nulla."

"Consentitemi di fare il meglio che posso"



 

venerdì 25 settembre 2015

Le nonne di Doris Lessing

Editore:Feltrinelli
Collana:Universale economica
Data uscita:11/05/2006
Pagine:250
Formato:brossura
Lingua:Italiano
Traduttori:Elena Dal Pra,Monica Pareschi,Francesco Francis
EAN:9788807819155



Non allo stesso livello dei precedenti ( 3,5 stelle) 

Lo ammetto, sono in un periodo di stanca e sono stata molto presa dalla pittura, per cui le mie letture ne hanno un po' risentito, procedo a rilento e la sera mi addormento sulle pagine. Forse è questa mia stanchezza che genera una mancanza di entusiasmo in generale e forse per questo non sono stata rapita da questo libro; o forse semplicemente mi è piaciuto meno degli altri della stessa autrice che avevo letto precedentemente ( tutti gli altri a questo link)

Tre racconti. Il primo una storia decisamente originale e scabrosa ma che non mi ha scandalizzata. Sono diventate poche le cose che in materia di rapporti umani mi scandalizzano, e qui tutto appare naturale, anche che due amiche diventino le amanti dei loro rispettivi figli adolescenti.
Il secondo racconto è abbastanza ironico sulle differenze razziali, ma soprattutto economiche, ed alla fine più che il colore è il denaro ed il posto da cui si viene a fare la differenza. 
Il terzo un po' pesante e devo ammettere di averlo letto con poca attenzione. 
Non  ho ritrovato la Doris Lesing de "Il diario di Jane Somers", con la sua capacità di scavarti dentro e di scatenarti emozioni, si tratta di tre buoni racconti ma nulla di esaltante a mio parere.
Ma ripeto, in questo periodo forse sono meno ricettiva in quanto totalmente svuotata dalla pittura, così svuotata che diventa faticoso anche scrivere un piccolo commento su questo blog.

giovedì 23 luglio 2015

Amatissima di Toni Morrison



Convincente solo in parte.


La mia infanzia è stata segnata emotivamente da due sceneggiati : "Radici" e "Olocausto".
All'epoca il bollino rosso in Tv non esisteva, quel che passava il convento lo si guardava e nessuno avvisava che la visione avrebbe potuto essere difficile per un bambino o che i genitori avrebbero dovuto filtrare certe storie e immagini...così io mi sono bevuta situazioni che hanno traumatizzato la mia giovane mente come se fossero acqua; fatto sta che quando si parla di sterminio degli ebrei o di schiavitù dei neri in me si apre una voragine di dolore e il rifiuto di tali argomenti. 
Probabilmente se invece di leggere "Amatissima" al buio avessi guardato almeno di cosa parlasse avrei evitato... ma ormai è tardi, mi sono fatta fregare.
Si tratta di un libro doloroso, ben raccontato, nel quale si percepisce la sofferenza che certe popolazioni hanno dovuto affrontare, ma la si percepisce soltanto in parte a mio avviso, perché Toni Morrison ha il pregio di srotolare la storia in modo comunque discreto, fa arrivare alle verità per gradi e senza sbatterla in faccia con violenza alla prima occasione. Il pregio massimo del romanzo, secondo la mia opinione, è proprio il raccontare certe verità pur lasciano un velo di pudicizia, una sottile linea che non viene oltrepassata e che non fa scadere la vicenda in una mera sequela di fatti orrendi. Probabilmente questo modo di narrare è reso dolce anche dalla parte un po' esoterica che troviamo in tutta la storia, quel lato misterioso in cui i morti si confondono con i vivi, un realismo magico che troviamo anche in molti altri autori ( l'esempio più famoso è forse nell'america latina con Garcia Marquez) ma che qui ha una connotazione ben precisa, quella propria sviluppatasi tra le popolazioni di colore deportate in schiavitù in America.
Tuttavia è proprio la parte esoterica a non convincermi al cento per cento, tutto questo dolore, tutta questa realtà che vengono a galla forse grazie alla  figura di Beloved che reale non è...o forse lo è? La mia mente è più pragmatica di quanto sembri e forse non accetta di non avere spiegazioni tangibili e chiare ad una storia che avvolge e stordisce, che porta a respirare l'aria della schiavitù e del sangue.
Resta il fatto che si tratta di un romanzo affascinante anche se non incarna certo i generi letterari che preferisco in questo periodo della mia vita.
Per chi non ha tempo di leggere ne suggerisco l'ascolto nella bella versione di Ad Alta Voce, il Podcast di Radio Tre.

CITAZIONI

Citazioni da "Amatissima" di Toni Morrison su dipinto di Monica Spicciani
Citazioni da "Amatissima" di Toni Morrison su dipinto di Monica Spicciani

“Ha avuto una morte dolce come il miele. La pena è stata vivere;”

"«Quello è il diavolo che ci mette lo zampino. Fin quando sto male, mi dà l’aria di uno che sta
bene.»"

"Certe cose passano e se ne vanno.
Altre restano. Pensavo che era colpa della mia memoria. Lo sai, no, ci sono delle cose che si
dimenticano e altre che non si dimenticano mai. Ma non è così. I posti, i posti sono sempre lì.
Se il fuoco brucia una casa, la casa sparisce, non c’è più, però il posto – l’immagine del posto –
rimane, e non solo nella mia memoria, ma fuori, nel mondo. Quello che mi ricordo è
un’immagine che ondeggia fuori della mia testa. Mi spiego: anche se non la penso, anche se
muoio, l’immagine di quello che ho fatto, che ho saputo, che ho visto è sempre lì. Proprio nel

posto dov’è successa."

"Non c’era niente di meglio per cominciare il vero lavoro della giornata:ricacciare indietro il passato."

"Sta’ attenta. Sta’ attenta. Non c’è niente di più pericoloso al mondo di un insegnante bianco»."




sabato 4 luglio 2015

Una famiglia americana di Joyce Carol Oates

Una famiglia americana

Lingua:Italiano | Numero di pagine: 506 | Formato: Copertina rigida

Isbn-10: A000179601 | Data di pubblicazione: 01/11/2004

Di Joyce Carol Oates

Editore: Mondolibri su licenza Il Saggiatore

Allontanarsi per salvarsi 

Continua la mia avventura nella letteratura americana contemporanea con questo romanzo che ho trovato  americano in ogni atomo della carta delle sue pagine.
Il mio giudizio complessivo è buono, la storia è appassionante, i personaggi sono ben delineati, i temi chiave della famiglia ci sono, tuttavia non posso dire di essermi innamorata del modo di scrivere della Oats. Contrariamente a ciò che ho letto in altre recensioni penso che qualche parola di troppo sia stata sprecata e che il libro in alcune parti sia leggermente appesantito dalla ripetizione di alcuni concetti già chiariti in precedenza.
L'operazione dell'io narrante maschile identificato nel figlio più giovane è riuscita solo in parte a mio parere, l'idea è ottima ed anche la resa degli stati d'animo del ragazzo, la sua visione dei fatti ricostruita a posteriori sono credibili, tuttavia a mio avviso si avverte che la scrittrice è femmina; la Oates non è riuscita a calarsi al cento per cento in Judd in quanto maschio e questo per me rovina un tantino la narrazione. Nel complesso si tratta di un'ottima storia che si legge volentieri anche se fa arrabbiare non poco la dinamica che si viene a creare in questa famiglia, in alcune parti chiudevo quasi con rabbia il libro chiedendomi che razza di amore fosse quello dei due genitori qui raccontati. Dal romanzo esce una famiglia dove i figli sono più maturi dei padri e delle madri, dove tutto va bene finché tutto va bene, dove la felicità si basa su equilibri fragilissimi che non appena vengono incrinati si cade nel baratro per non uscirne più. Di fatto la salvezza dei figli si concretizza nell'allontanamento dai genitori, nel rifarsi una vita in esilio e nel riavvicinarsi soltanto dopo che ognuno, da solo, ha trovato un proprio equilibrio e non certo grazie all'aiuto della genitura superficiale che si sono ritrovati.
Da questo libro esce una famiglia di apparenza, una società di apparenza, la famosa famiglia americana paragonabile alle case americane, costruite di assi di legno, belle e grandi di fuori ma che un soffio di vento un po' più forte fa volare via. Dal racconto esce però anche una realtà (positiva?) che non è propria del contesto italiano in cui vivo, una realtà da cui forse dovremmo imparare, ed è la velocità di crescita delle persone. In America i ragazzi crescono presto, si laureano presto e si avviano all'indipendenza presto. A vent'anni sono già adulti e vanno per la loro strada; la domanda però è questa : in America si lascia presto la famiglia perchè si è liberi prima oppure la si lascia perchè non offre la protezione e la sicurezza che solitamente troviamo nella cultura italiana? Cosa è meglio? Queste considerazioni porterebbero ad un discorso sociologico lungo nel quale in effetti non ho voglia di avventurarmi, sta di fatto che ogni modus vivendi porta con sé pregi e difetti, e forse si tratta solo di scegliere il male minore o di adattarsi all'ambiente in cui ci troviamo usando i mezzi che abbiamo e gli strumenti a cui siamo abituati.
Leggendo altre recensioni ho trovato anche un suggerimento per una prossima lettura che viene paragonata in meglio a questa ed è "Pastorale americana" di Philip Roth, che guarda caso si trova già nella mia libreria. A mia volta voglio dare un suggerimento per un libro che mi è venuto in mente leggendo questo romanzo, un testo forse difficile da reperire, ambientato in un periodo antecedente a quello di cui parla la Oates, ma in cui si ravvisano i germogli di ciò che sarà la Famiglia Americana degli anni '60-'80, e si tratta di "Babbitt" di Sinclair Lewis.
Io mi fermerei qui perchè continuare a parlare del libro senza fare spoiler sta diventando impossibile e non voglio anticipare nulla sulle vicende raccontate, per lo stesso motivo saranno limitate anche le citazioni.

CITAZIONI FOTOGRAFICHE

cit. Una famiglia americana di J.C. Oats

cit. Una famiglia americana di J.C. Oats

cit. Una famiglia americana di J.C. Oats


martedì 30 giugno 2015

La rossa di Via Tadino di Milena Milani


La rossa di via Tadino

Di Milena Milani

Editore: Rusconi

 
Fuori dal tempo

Questo è un libro fuori dal suo tempo. Probabilmente nel 1979 aveva un suo perché come romanzo di rottura verso un certo tipo di letteratura "perbene", ma a mio parere non regge il tempo che è passato.
Avevo già letto un altro libro di Milena Milani, "La ragazza di nome Giulio", che sinceramente mi aveva colpita, infatti su questo romanzo avevo delle aspettative maggiori rispetto a ciò che invece ho trovato. Una storia avvitata su se stessa, pagine intrise più o meno delle stesse cose dall'inizio alla fine, con una conclusione inutilmente tragica. Mi dispiace dirlo ma questo per me è un racconto senza senso, con l'unica funzione di essere portatore della libertà sessuale al femminile della protagonista, libertà sessuale relativa visto che non viene poi alla fine vissuta in modo sereno e quasi colpevolizzata dalla stessa. Diciamo che l'ho letto in una serata, ma saltando qua e là, e meno male, perché se ci avessi dedicato più tempo credo che alla fine mi sarei arrabbiata.

lunedì 15 giugno 2015

L'arte della gioia di Goliarda Sapienza


Parola d'ordine : LIBERTA'  (4,6 stelle)

Premetto che il grande errore che ho fatto con questo libro è stato di "leggerlo in ebook", ovvero prevalentemente di ascoltarlo letto da Alice, la voce di sistema del mio computer.
Questo non è un libro da ascoltare con intonazioni roboticamente approssimative o da leggere sul piccolo schermo del cellulare, è un libro talmente lungo e pieno di tutto che va letto sulla carta, ciancicato, rimuginato e soprattutto sottolineato. Ma è andata così, purtroppo non posso acquistare solo libri cartacei per una pura e volgarissima questione finanziaria.
Tutta questa premessa per dire che in parte, se il libro non mi ha travolta o convinta al 100%, la colpa può essere di questa mia lettura disgraziata.
L'impressione che ho avuto da questo romanzo è che Goliarda Sapienza abbia voluto scrivere un qualcosa di simile ad Anna Karenina di Tolstoj, una storia corale seppur a differenza di Anna Karenina con una protagonista principale molto in evidenza, un grande romanzo che abbraccia un lasso di tempo molto lungo e che affronta tutti i temi riguardanti l'esistenza umana cari all'autrice. A mio parere, seppur la Sapienza sia riuscita a scrivere un'opera di altissimo livello, non eguaglia la perfezione di Tolstoj.
Fondamentalmente il libro narra la vita di Modesta, una protagonista moderna e libera nel suo essere umana, ma per mezzo di questa storia la scrittrice parla moltissimo di politica, di rapporti tra le persone e di sesso, quest'ultimo inteso in modo talmente libero, che potrebbe creare scandalo ancora ai giorni nostri nelle menti un po' bigotte. 
La protagonista ha una morale discutibile, e non mi riferisco a quella sessuale, tuttavia certe sue scelte sono così ben motivate che risulta difficile accusarla e colpevolizzarla. Di fatto la sua vita si basa sulla libertà assoluta, una libertà ricercata continuamente alla quale Modesta sacrifica tutto, perfino i suoi talenti; per Modesta non c'è niente che valga di più del suo sentirsi libera da vincoli di ogni genere, o almeno questo è ciò che ho compreso io da questo romanzo. Per me, comprendere certi atteggiamenti è quasi impossibile, perchè purtroppo, e lo dico con invidia, non sono Modesta; non ho il suo coraggio nel lasciare tutto indietro, nello spezzare i legami, nel tagliare ciò che ostacola la ricerca della gioia incarnata dalla libertà profonda e totale.
Le motivazioni che non mi hanno fatto amare questo libro in modo assoluto non sono di tipo ideologico, anzi, le idee esposte le reputo per la maggior parte condivisibili.  Nel complesso ho trovato la vicenda un po' forzata, certi accadimenti  mi sono sembrati poco probabili tutti nella stessa vita e nella stessa persona, ma tutto può essere, probabilmente sono io ad aver avuto una vita particolarmente piana e tranquilla, e mi stupisco che possa essere così facile passare da così tante avventure fuori dagli schemi. Verso la fine mi sono anche un po' stancata, ho trovato il racconto eccessivamente lungo; il mio amore per la sintesi  mi ha fatto pensare che comunque l'autrice aveva già detto un'infinità di cose ed espresso concetti in modo magistrale, che molte pagine potevano essere evitate, ma, come ho già detto all'inizio, questa mia noia può essere benissimo derivante da un modo di leggere poco consono.
Nel complesso posso affermare che il libro è molto bello e ingiustamente poco conosciuto, che nonostante queste mie perplessità e avversioni per le troppe pagine usate si tratta di una lettura molto intelligente, colta e ricca di una capacità di pensiero libero invidiabile.

CITAZIONI
“Cercano l'inferno vero per scontare il loro peccato. Ma che altro possono fare se la società li rifiuta, li addita? Loro, niente. Ma solo perché sono ignoranti e zeppi di pregiudizi esattamente come la società che li addita. E mostrano le loro ferite solo per chiedere clemenza alla società che anche loro, soprattutto loro, sentono santa e giusta invece di lottarla.”


“L'amore non è un miracolo, Carlo, è un'arte, un mestiere, un esercizio della mente e dei sensi come un altro. Come suonare uno strumento, ballare, costruire un tavolo.”

“Critico l'atteggiamento del pensiero che è troppo poco differente da quello del vecchio mondo che voi volete combattere. Pensando come pensate voi, nella migliore dell'ipotesi, si costruirà una società che sarà una copia, per giunta scadente, della vecchia società cristiana e borghese.”

“E certo, la mancanza di sonno e di pane dà freddo e anche stranezze ca paura possono sembrare. Il corpo fiaccato non fa barriera ai brutti ricordi, e ai fantasmidella mente si abbandona. ”

“Come in convento, leggi, prigioni, storia edificata dagli uomini. Ma è la donna che ha accettato di tenere le chiavi, guardiana inflessibile del verbo dell'uomo.”

“i morti non vogliono che si muoia con loro, ma che li si tenga in vita, nei pensieri, nella voce, nei gesti”

“Ma il futuro non esiste, o almeno la preoccupazione del futuro per me non esiste. So che soltanto giorno per giorno, ora per ora diventerà presente”

“Anche l'uomo ha una mutilazione. E quale sarebbe? Non può creare carnalmente una vita. E così cerca di dare vita a idee. ”

“Non è cattiva, è ignorante. La bontà, la non cattiveria è un lusso. I poveri, io sono stata povera e lo so, i poveri non hanno il tempo per essere buoni. Come si può essere buoni se si è costretti a lottare per un pezzo di pane?”



“Era bello e confortante essere capita, amata. Era per questo ora se ne rendeva conto che accettava giorno per giorno di dimezzare le sue idee, di impoverire i contenuti, ridurre il suo linguaggio. ”


mercoledì 22 aprile 2015

Via Katalin di Magda Szabò


Quando l'ebook non basta  (4,9 stelle)

Leggendo "La Porta" mi ero ripromessa di  approfondire la conoscenza di questa scrittrice ungherese e così mi sono procurata l'ebook di "Via Katalin", ma dopo poche pagine ho capito che questo romanzo meritava la carta; la complessita dei personaggi e le storie narrate richiedevano un'attenzione che solo qualcosa di fisico come un libro cartaceo poteva permettermi. All'inizio i nomi da assimilare sono parecchi ma soprattutto li troviamo nel presente e nel passato, i vivi ed i fantasmi coabitano e ci si mette un po' di tempo ad entrare nella storia, ma è una piccola fatica iniziale che vale la pena superare. Queste presenze così reali nel racconto mi hanno fatto pensare che davvero i morti interagiscono con i vivi, pensiamo all'autrice stessa, io la sto leggendo adesso seppur lei sia morta da tempo, se chi muore lascia come traccia qualcosa che valga la pena leggere, guardare, assimilare continua a circolare tra i vivi; cessa di esistere il corpo ma i pensieri continuano in chi li assorbe.
Sempre in riferimento alle presenze  in Via Katalin ho provato emozione leggendo un passaggio molto evocativo, che voglio citare immediatamente, e che mi ha rammentato il bellissimo film di Ferzan Ozpetek "Magnifica presenza", chissà se l'amato regista si è ispirato a questo libro nel dare vita ai suoi meravigliosi fantasmi.

“aggrappandosi gli uni agli altri, tenendosi stretti per mano, cercando di indovinare le parole giuste, speravano di sbucare fuori da quel labirinto, di tornare in qualche modo a casa, e nell’attesa bisognava sopportare quell’appartamento irreale e provvisorio <...> Se uno solo di loro avesse trovato la strada di casa, l’avrebbero trovata tutti gli altri” 
cit.  Magda Szabó “Via Katalin”

Ci sono parti di questo libro che mi hanno rapita, altre che mi hanno lasciata nella difficoltà di non capire, altre (pochissime) che mi hanno delusa. A voler proprio trovare il pelo nell'uovo la parte finale manca del fascino e dell'uso delle parole che ho trovato nella prima, più che altro mi sono sentita lontana da una sorta di fatalismo che si trova nelle ultime pagine, non riesco proprio a comprendere, ma sicuramente questo non va ad inibire, se non in piccolissima parte, il piacere che ho provato a leggere questo romanzo.
Avendo letto prima il romanzo La Porta devo dire che si sente vagamente la differenza di maturità dell'autrice tra i due libri, in Via Katalin avverto una Magda Szabò più giovane e meno compiuta rispetto alla Magda che ha scritto di Emerenc negli anni 80, circa una quindicina d'anni separa i due libri e sinceramente si avverte, rimane comunque un'elevatissima capacità di trasmettere emozioni a chi legge, la capacità di saper rendere con le parole un grumo di sensazioni che la maggior parte di noi, pur provandole, non saprebbe come descrivere.

Citazioni:

www.monicaspicciani.it


“Nessuno aveva spiegato loro che la fine della giovinezza è terribile non tanto perché sottrae qualcosa, quanto piuttosto perché lo apporta. E quel qualcosa non è saggezza, né serenità, né lucidità, né pace. È la consapevolezza che il Tutto si è dissolto.”

“Un giorno, quando era ormai più grandicella, le avevano raccontato quell’episodio, e Henriett era corsa davanti allo specchio e si era osservata nel riflesso con le orecchie tappate. Aveva tolto di scatto le mani, con un gesto al tempo stesso grottesco e spaventoso. «Questo è il terrore, - aveva pensato, - un viso senza orecchie per la paura».”

“era così commovente in quel suo sforzo continuo di assicurare un corso stabile all’imprevedibilità della vita celebrando, se non altro, tutte le feste”

“Allora non sapevo ancora che alcune persone muoiono parecchio prima della loro vera morte, non avevo idea che la loro ultima immagine reale rappresenta il loro ultimo giorno reale.”

“Non lo vidi mai più come allora, e non provai mai più nei suoi confronti i sentimenti di quell’istante. Oggi so ormai che fu quello il nostro matrimonio, la nostra vita coniugale, quei pochi minuti che trascorremmo soli, in piedi, l’una di fronte all’altro, senza neppure sfiorarci, guardandoci semplicemente negli occhi, arrendendoci alle severe e dolorose leggi dell’amore e della giovinezza, senza muovere un passo, senza il bisogno di esprimere una parola, compiere un gesto, fare alcunché. Quei pochi istanti, e solo quelli, furono la nostra vita, e furono molto più di qualsiasi notte quando poi divenni sua moglie. ”


“capì che s’era sbagliata perché lei non era mai morta, né la prima volta, né la seconda, né la terza, capì di essere viva e capì che voleva vivere ancora. Morì nel momento in cui se ne rese conto.”

domenica 19 aprile 2015

Antichrista di Amelie Nothomb

Nothomb Amélie  
Antichrista
traduzione di Monica Capuani
EAN 978-88-88700-30-4
Voland Edizioni
pp. 128
ottobre 2004





Un'occasione mancata


In appena un'ora e mezza di di lettura Amelie Nothomb è riuscita ad infondermi abbastanza angoscia.
Questo breve romanzo ha riportato a galla alcune insicurezze adolescenziali con conseguente immedesimazione nella protagonista "buona" e relativo odio verso l' antichrista incarnante alcune adolescenti popolari, decisamente odiose, dei tempi che furono.
Gli spunti ci sono, il libro non è privo di input intelligenti che avrebbero potuto essere approfonditi ed analizzati in modo profondo, tuttavia rimane in superficie, si ferma agli spunti.
Ci ritroviamo calati in una storia che ricorda i cartoni animati degli anni '70-'80 in cui la ragazzina perfetta e buona (vedi Candy Candy per esempio) veniva vessata nella peggior maniera dalla giovane ricca e viziata di turno o da adulti insensibili, e alla fine riusciva a riscattarsi, ma solo dopo aver patito le pene dell'orso. I genitori di Blance (la buona) verrebbe voglia di prenderli a schiaffi, incarnano quanto di più sbagliato possa essere l'atteggiamento nei confrondi di una figlia. Ci troviamo ai limiti del grottesco, dove situazioni che possono verificarsi nella realtà vengono esasperate quasi all'inverosimile e vengono usate a pretesto per scrivere un romanzo a mio parere incompiuto. Peccato, il materiale c'era per avere un bel libro sull'adolescenza, sulle dinamiche delle amicizie e della socializzazione, e invece la Nothomb si è fermata ad una storiella in cui si percepiscono le sue potenzialità ma non esplodono nella compiutezza di una storia ben raccontata.

Citazioni:

"Io non mi ero mai sentita integrata nella benchè minima cosa, e verso chi lo era provavo disprezzo e gelosia."

"Ero invisibile. Era quello il mio problema. <...> Christa non aveva visto me: aveva visto il mio problema. E ne approfittava."