Nell’illustrazione di Giovanni Mulazzani ( edizione Guanda 2006) si
percepisce al primo sguardo che il libro sarà molto peggio che
malinconico, sarà dolente, ma bello.
L’aggettivo giusto è proprio
DOLENTE perché in questo romanzo si affronta la sofferenza ma non in
modo vorticoso, esagitato, attanagliante e viscerale, apparentemente con
distacco, con una certa dolcezza triste che ci culla tra una pagina e
l’altra.
Bisogna prendersi tempo e concentrazione perché non si tratta di un libro leggero, non accetta distrazioni o salti di righe.
Questo romanzo non è come quei maschi da copertina dai tratti perfetti e
ben vestiti definiti universalmente sex symbol. Assomiglia di più a
quegli uomini che si presentano con un maglioncino insignificante, dai
lineamenti non perfetti ma che acquistano bellezza nel particolare, che
hanno belle mani, un bel sorriso e lo sguardo vivo, uomini da scoprire
poco a poco.
Ecco, il romanzo di Banville non appare eclatante di
primo acchito, ma mentre sei lì che lo leggi ti accorgi che è
estremamente raffinato, di una ricchezza non ostentata, ci offre
capacità analitica ed espressiva notevoli.
Ogni volta che mi trovo
davanti a scrittori simili mi stupisco della loro attitudine a
focalizzare sentimenti e pensieri con lucidità e di restituirceli in una
forma scritta così bella, mi sorprendo della descrizione di dettagli
che le persone “normali” non notano, in questo caso anche di una
particolare attenzione agli odori.
Le frasi da citare sarebbero
moltissime, ho evidenziato molti passaggi (anche lunghi) in questo
libro, il consiglio che mi sento di dare è di leggerlo se amate la
scrittura di qualità e se siete disposti a sopportare un po’ di
tristezza.
Una menzione positiva per la traduttrice Eva Kampmann che credo abbia fatto un ottimo lavoro.
Citazioni:
“ La contemplai senza poter fare nulla. Per un attimo di stordimento fui colto dal pensiero che non sarei più riuscito a farmi venire in mente una sola parola da dirle, che saremmo andati avanti così, in un angosciata incapacità di esprimerci, sino alla fine”
“Eppure, quale forma di esistenza possiede in realtà il passato? In fondo, è solo quello che era il presente, una volta, quel presente che non c’è più, tutto qui.”
“ Forse tutta la vita non è altro che una lunga preparazione a lasciarla.”
“ Sono stato sempre un emerito nulla, il cui desiderio più forte era di essere un emerito qualcuno. So quello che voglio dire.”
“ Ci siamo perdonati a vicenda per tutto quello che non eravamo.”
“ Ci siamo perdonati a vicenda per tutto quello che non eravamo.”