Quando mi dedico a letture di questo genere ringrazio di essere
nata dove sono nata e nell’epoca in cui sono nata, perchè ad una vicenda
simile non sarei sopravvissuta. Ho acquistato questo libro mossa
dalle critiche entusiastiche lette, che, una volta tanto, si sono
rivelate veritiere, ma la sua lettura mi è costata una fatica immensa a
causa dell’argomento trattato e delle descrizioni brutali di quella che
sicuramente è stata, e per alcuni ancora è, una realtà. Esistono ad oggi
culture retrograde che vivono la crudeltà come un fatto normale al
quale assoggettarsi. Carrasco è uno scultore di frasi, mette
insieme le parole in modo splendido, parole talvolta poetiche e talvolta
di una crudezza inaudita, ma che insieme formano un vero e proprio
ricamo letterario a rilievo. Questa storia poteva essere scritta in
mille modi diversi molti dei quali validi, Carrasco ha adottato uno
stile di una maturità sorprendente, nessun pietismo che voglia portarti
alle lacrime, una profondità ed un’umanità fortissime, uno stile che
passa dall’asciutto senza essere minimalista alla poesia pura. Ho
trovato una cura estrema nella scelta della terminologia, parole
evocative abbinate anche in modo insolito tra loro, volgarità e
ricercatezza unite insieme che rendono l’insieme quasi magico. Una
scrittura che tiene con il fiato sospeso seppur non racconti una storia
d’azione, moltissime le descrizioni del paesaggio, dei piccoli gesti
ripetitivi, di come ogni piccola cosa debba essere conquistata con una
fatica immane, di come le “intemperie” condizionino la vita del piccolo
protagonista e dei suoi compagni di cammino. Non ci sono molte
descrizioni di stati d’animo, la vita è così dura che non ci sono
nemmeno le forze per avere pensieri che esulino dalla basilare lotta per
la sopravvivenza, qualsiasi velleità umana di ordine superiore è
annientata. Un libro aspro dove non c’è posto per molto altro se non le azioni volte a sfuggire alla morte.
Durante questa lettura ho trovato un’affinità con un paio di film di
Guillermo Del Toro, di cui ne consiglio la visione nel caso leggiate
questo libro e lo apprezziate: La spina del diavolo (El espinazo del
diablo) (2001) e Il labirinto del fauno (El laberinto del fauno) (2006).
Il libro e questi film hanno la stessa matrice latina, la stessa
commistione di crudezza della storia abbinata ad una certa dolcezza
dello stile, bambini protagonisti di vicende terribili sul terreno
spagnolo ... Probabilmente se avessi immaginato prima tutta questa
implacabilità non avrei scelto di leggere questo libro o di vedere i
film sopra citati, ma sono contenta di averlo fatto, perchè nonostante
la sofferenza arrecatami, mi hanno dato un’emozione profonda e per lo
stile in cui sono stati realizzati sarebbe stato un peccato fare a meno
di conoscerli.
Citazioni:
“Il suo sguardo, assente, era rimasto ingarbugliato da qualche parte del suo incubo...”
“ Il massimo che ottenne fu che il pastore si fermasse, ma non per
aspettarlo, bensì per fingere di versare acqua da una brocca vuota.”
“ IL pensiero come uno scalpello freddo sulle molli fontanelle del suo
cranio o un bisturi affilato che solleva la pelle dei gomiti in cerca
del bianco dell’osso.”
“ Lui stesso era ricorso alla violenza,
come aveva visto sempre fare a coloro che lo circondavano e adesso, al
pari di loro, reclamava la sua parte di impunità. Le intemperie lo
avevano spinto molto più in là di ciò che sapeva o non sapeva della
vita. Lo avevano condotto fino ai confini della morte e , da qui, in
mezzo a un campo di terrore.”
Ho acquistato questo libro mossa dalle critiche entusiastiche lette, che, una volta tanto, si sono rivelate veritiere, ma la sua lettura mi è costata una fatica immensa a causa dell’argomento trattato e delle descrizioni brutali di quella che sicuramente è stata, e per alcuni ancora è, una realtà. Esistono ad oggi culture retrograde che vivono la crudeltà come un fatto normale al quale assoggettarsi.
Carrasco è uno scultore di frasi, mette insieme le parole in modo splendido, parole talvolta poetiche e talvolta di una crudezza inaudita, ma che insieme formano un vero e proprio ricamo letterario a rilievo.
Questa storia poteva essere scritta in mille modi diversi molti dei quali validi, Carrasco ha adottato uno stile di una maturità sorprendente, nessun pietismo che voglia portarti alle lacrime, una profondità ed un’umanità fortissime, uno stile che passa dall’asciutto senza essere minimalista alla poesia pura. Ho trovato una cura estrema nella scelta della terminologia, parole evocative abbinate anche in modo insolito tra loro, volgarità e ricercatezza unite insieme che rendono l’insieme quasi magico.
Una scrittura che tiene con il fiato sospeso seppur non racconti una storia d’azione, moltissime le descrizioni del paesaggio, dei piccoli gesti ripetitivi, di come ogni piccola cosa debba essere conquistata con una fatica immane, di come le “intemperie” condizionino la vita del piccolo protagonista e dei suoi compagni di cammino.
Non ci sono molte descrizioni di stati d’animo, la vita è così dura che non ci sono nemmeno le forze per avere pensieri che esulino dalla basilare lotta per la sopravvivenza, qualsiasi velleità umana di ordine superiore è annientata.
Un libro aspro dove non c’è posto per molto altro se non le azioni volte a sfuggire alla morte.
Il libro e questi film hanno la stessa matrice latina, la stessa commistione di crudezza della storia abbinata ad una certa dolcezza dello stile, bambini protagonisti di vicende terribili sul terreno spagnolo ...
Probabilmente se avessi immaginato prima tutta questa implacabilità non avrei scelto di leggere questo libro o di vedere i film sopra citati, ma sono contenta di averlo fatto, perchè nonostante la sofferenza arrecatami, mi hanno dato un’emozione profonda e per lo stile in cui sono stati realizzati sarebbe stato un peccato fare a meno di conoscerli.