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giovedì 3 marzo 2016

Il buio oltre la siepe di Harper Lee

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Il buio oltre la siepe
Di Harper Lee
Editore: Feltrinelli
Numero di pagine: 410 | Formato: Paperback
Isbn-10: A000052545
Traduttore: Amalia D’Agostino Schanzer

A misura di bambino e di adulto   

Una lettura che mi ha appassionato moltissimo, anche in questo caso ascoltata grazie ai podcast di Rai Tre supportata dall’ebook.

In questo romanzo la voce narrante è quella di un’adulta che racconta una vicenda vissuta da piccola, forse per questo motivo il linguaggio è fruibile da tutti, o forse semplicemente l’autrice ha voluto scrivere un libro popolare, ha preferito dar vita ad una lettura che anche un bambino potesse comprendere; ed infatti questo racconto non nasconde mai la verità delle cose ma ce la propone con riguardo, ogni accadimento viene spiegato e per questo si può tranquillamente dire che stiamo parlando di un libro decisamente educativo. Ne Il buio oltre la siepe si insegnano il rispetto, l’onestà, la giustizia; si insegna ad affrontare la vita anche quando è ingiusta e non si può cambiare, ad essere gentili, ad imparare a conoscere le persone, a non avere pregiudizi…e molto altro. Sì, ci troviamo di fronte ad un romanzo formativo per una mente giovane, ma anche davanti ad un bel ripasso per chi comincia ad avere un’età in cui certi valori fondamentali diventano quasi di secondaria importanza e sono spesso dimenticati o sottovalutati.

Non ho molto da aggiungere, se non che consiglio la lettura di questo bellissimo libro a tutti, ma proprio tutti, e che riporto qui un po’ di citazioni che mi sembrano significative ed esemplari del messaggio dato da Harper Lee.

CITAZIONI

Miss Maudie smise di dondolarsi e la voce le si fece più dura. “Sei troppo giovane per capirlo,” disse, “ma a volte fa più male la Bibbia in mano a un uomo qualunque, che una bottiglia di whisky in mano a… a tuo padre, per esempio.”

Ci sono degli uomini… che si preoccupano tanto dell’altro mondo da non imparare mai a vivere in questo.

“negrofilo è una di quelle espressioni che non significano niente, come “brutta mocciosa” del resto. È difficile da spiegare: la gente ignorante, i bianchi poveri usano questo termine quando credono che una persona consideri i negri più di quanto non consideri loro. È entrato pian piano nell’uso corrente per il bisogno di una parola volgare, brutta, da appiccicare a gente come noi come un’etichetta, per offenderla.”

Aver coraggio significa sapere di essere sconfitti prima ancora di cominciare, e cominciare egualmente e arrivare sino in fondo, qualsiasi cosa succeda.

Prima di vivere con gli altri, bisogna che viva con me stesso: la coscienza è l’unica cosa che non debba conformarsi al volere della maggioranza.

“Non è necessario sfoggiare bravura, non è signorile; e poi alla gente non piace vedersi attorno persone che ne sanno più di loro: li irrita. Non riuscirai mai a cambiare la gente soltanto parlando bene, bisogna che sian loro a desiderare di imparare; se non lo desiderano, non puoi far niente: non ti resta che tener la bocca chiusa o parlare come loro.”

“Mi sembra che siamo tutti tante larve nel bozzolo,” disse, “degli esseri addormentati comodamente al caldo.

“Credo che farò il pagliaccio da grande,” annunciò Dill.
Jem e io ci fermammo.
“Sissignore, il pagliaccio,” ripeté. “Se la gente è fatta così, l’unico rimedio è di ridere alle loro spalle, e così entrerò in un circo e passerò la vita a ridere alle loro spalle.”
“Hai le idee molto confuse,” disse Jem. “I pagliacci son tristi: è il pubblico che ride di loro!”
“Bè, io sarò un pagliaccio diverso dagli altri. Mi metterò in mezzo alla pista e riderò della gente. Guardate un po’,” disse, facendo segno col dito.

“Fino a questo momento nella tua vita non c’è stato nulla che abbia interferito con il tuo raziocinio. I dodici uomini della giuria di Tom sono uomini che ragionano normalmente nella vita, ma hai visto con i tuoi occhi che al processo si è frapposto tra loro e la ragione una specie di schermo, e lo stesso hai visto quella notte davanti alla prigione; quando se ne andarono quella notte non se ne andarono da uomini ragionevoli ma soltanto perché c’eravamo noi. C’è qualcosa nel nostro mondo che fa perder la testa alla gente – non riescono a esser giusti neanche quando lo vogliono. E i nostri tribunali, quando contro la parola di un bianco c’è soltanto quella di un nero, è sempre il bianco che vince. Sarà brutto, ma la vita è fatta così.”

“Quasi tutti son simpatici, Scout, quando finalmente si riescono a capire.”




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giovedì 18 febbraio 2016

Guarire coi perché di Robin Norwood

Guarire coi perché

Di Robin Norwood

Editore: Feltrinelli

Lingua: Italiano | Numero di pagine: 208 | Formato: Paperback

Isbn-10: 8807812738

Non sono pronta, lasciatemi in pace 


Non sono pronta a fare il salto tra gli illuminati, non ne ho voglia, ho impiegato quarant'anni per diventare atea ( anche se agnostica forse è il termine più corretto) e in questo libro, anche se in modo indiretto, si fa riferimento ad un qualche dio, ad una qualche religione, che a dire il vero non è molto ben connnotata, sembra più una religione dell'anima, qualcosa che profua di oriente dove la reincarnazione la fa da padrone.
Ma andiamo per gradi. 
Innanzitutto questo libro va affrontato per ciò che dice e lo stile letterario ce lo dobbiamo scordare perchè non è letteratura.
Leggere Guarire coi perché mi ha disturbato il sonno e anche la veglia, ha portato alla luce dubbi e pensieri che volevo lasciare lì dove stavano per quieto vivere, ed invece il succo  di queste pagine ( o almeno ciò che ho capito io) è che il quieto vivere non ci fa crescere e che solo le imprese ed i cambiamenti a cui noi facciamo resistenza sono la strada verso un miglioramento della nostra persona non fisica, quindi più noi facciamo resistenza e più vite incarnate ci serviranno per arrivare al ricongiungimento con la l'anima. 

Detto così sembra un po' da fanatici, ed infatti non viene certo facile accettare come oro colato le cose che vengono scritte qui; la Norwood parla di vite, anima, reincarnazione dandole per certe e questo, per una persona che ha smesso di credere, che ha le idee confuse e pensa che una volta morti non ci siamo più, è difficile da accettare...ma, c'è un grande MA. 

Il mio MA
L'esperienza che forse mi ha sconvolto la vita più di tutte è veder morire mio padre, guardarlo in faccia nel momento esatto in cui la luce negli occhi si è spenta e la vita è uscita dal cuo corpo. E' stata un'esperienza devastante a livello di sentimenti ed un esperienza destabilizzante a livello umano e mentale. Questo cambiamento che avviene nel momento esatto in cui si muore mi è rimasto impresso in testa e non sono riuscita a dare una spiegazione logica al fatto che il corpo  una volta morti diventi un guscio vuoto, un involucro che di fatto non è più la persona; è come se un interruttore spegnesse la vita, gli occhi diventano vuoti e  chi era non è più. La domanda che mi ha assilla e mi ha assillato è:  cosa cambia quando si muore? Il corpo rimane ma tutto il resto che faceva di una persona ciò che era dove va? E questo non accade solo per le persone ma anche per gli animali, anche in loro sparisce la luce della vita.
Ecco, questo libro sembra rispondere fin da subito a questo mio interrogativo, ma a questo punto se accetto la risposta come vera e valida devo credere che anche il resto possa essere vero? Devo ricominciare a credere in qualcosa o posso continuare a vivere come ho fatto finora, come se non avessi letto queste pagine? Non ci riesco, ciò che ho letto è un tarlo, e se alcuni passaggi mi sembrano davvero da fuori di testa altri invece mi sembrano una spiegazione plausibile a molti interrogativi che mi sono posta. La risposta alle mie perplessità pare palesarsi nell'affermazione che ho qui letto sull'esistenza di vari corpi più sottili rispetto a quello prettamente fisico: il corpo etereo, il corpo astrale ed il corpo mentale. Ora lungi da me riportare precisamente le spiegazioni che la Norwood ci offre, mi limito soltanto a riportare in breve ciò che ho capito e cioè che la morte viene spiegata come un distaccamento dell'anima (collegata al corpo mentale) dal corpo fisico, distaccamento che avviene quando l'esperienza che dovevamo fare in questa vita è giunta a compimento e la nostra anima può essere riassorbita a livello universale... Insomma, non so voi, ma io ci perdo letteralmente la testa se mi metto a pensare a queste cose, e se da un lato mi pare di trovare delle risposte dall'altro mi sento scossa e sballottata nelle mie certezze.

Il grosso del saggio poi è costituito da una serie di esempi riportanti esperienze di persone reali, racconti che servono a far capire meglio certi concetti come quello della guarigione e della malattia e di come vadano interpretate, di come talvolta le malattie vengano per guarirci da altro e di come sembra che tutto sia finalizzato più che ad uno stare bene egoistico ad una crescita prima personale e poi collettiva a livello superiore... insomma tutta una serie di argomenti alquanto controversi a mio parere che gira e gira non sono poi così distanti dalle spiegazioni religiose sui mali dell'umanità.
Il pregio di questo libro è che su certi aspetti mi pare che abbia proprio ragione, il difetto è che ci porge una teoria come se fosse verità, e questo a me crea disagio, soprattutto perchè è una verità che non mi rasserena; certe teorie che dovrebbero rivelarsi come una boccata di ossigeno rispetto al non credere a nulla alla fine mi fanno più paura del nulla stesso. Ad esempio un'affermazione che mi pare realistica è la resistenza che facciamo al compimento della nostra missione continuando ad indulgere nelle stesse paure che sono però anche delle certezze che in quanto tali ci danno sicurezza, mi pare realistico che la paura ci tenga aggrappati ad una boa su cui non stiamo nemmeno comodi ma è comunque una boa che conosciamo... mi pare forse meno realistico ma molto probabile che comunque prima o poi succederà qualcosa che ci farà lasciare la boa volenti o nolenti per portarci avanti nel nostro percorso e che in una sorta di Sliding Doors siamo costretti ad affrontare il nostro destino per una strada o per un'altra.
Ciò che mi angoscia in questo libro è l'impossibilità di essere lasciati in pace che mi viene prospettata, mi crea ansia il fatto che se mi ostino a non progredire in questa vita mi reincarnerò per continuare il mio percorso e così sarà finché non avrò percorso tutte le tappe necessarie...mamma che fatica! Forse ciò che mi trasmette maggiormente disagio è il rendermi conto che bene o male ho vissuto tutta la vita con la paura del cambiamento, barcamenandomi nel tentativo di essere serena e di proteggere me ed i miei cari dai mali del mondo; ho vissuto sempre arrivando fino ad un punto di maturazione e tornando indietro quando la cosa si faceva seria; ho vissuto sempre con un sacco di disturbi fisici che mi hanno impedito una vita a vele spiegate e viene spontaneo chiedersi se questi disturbi li abbia fatti venire io con le mie paure di cambiamento.
Una cosa è certa, questo testo non sarà un capolavoro letterario, ma se l'autrice voleva spingere le persone a mettersi in discussione con me c'è riuscita, non so ancora cosa ne deriverà a livello pratico nella mia vita, ma una cosa è certa, non riesco a fingere di non averlo letto, anche se vorrei soltanto scordarmelo ed essere lasciata in pace.

domenica 3 gennaio 2016

Il cardellino di Donna Tartt


Il cardellino
Di Donna Tartt
Editore: Rizzoli
Lingua: Italiano | Numero di pagine: 896
Isbn-10: 8858665171 | Isbn-13: 9788858665176 
Data di pubblicazione: 2014-03-xx | Edizione 1
Traduttore: Mirko Zilahi de' Gyurgyokai
 
 
 
 

Un Pulitzer deludente 

Ma siamo sicuri che questa autrice abbia vinto il Pulitzer con questo libro? Cosa si sono fumeti i membri della giuria?
Paragono questo romanzo ad un soufflé tirato fuori dal forno troppo presto: una spinta iniziale che si affloscia e si sgonfia man mano che si procede con la lettura.
Se tale opera fosse stata scritta da un esordiente avrei dato tre stelle perchè oggettivamente ha degli spunti interessanti e delle parti appassionanti, ma se me la presentano come vincitrice di un premio così prestigioso e, soprattutto se la paragono ad altre opere che hanno meritato lo stesso Pulitzer, allora le due stelle sono d'obbligo. Realmente questo è un libro di cui si può fare a meno.
896 (!!!) pagine che potevano essere ridotte benissimo alla metà e anche meno, ripetitivo e allungato con particolari e vicende inutili, personaggi poco approfonditi nonostante l'apparente intensità della storia...insomma un pappone in cui è finito di tutto e di più ma del quale alla fine non mi è rimasto niente, se si esclude una sorta di tendinite al polso dovuta allo sforzo di reggere il tomo.
Hanno paragonato questo romanzo a quelli di Dickens, personalmente non ho letto nulla di quest'ultimo ed ho visto soltanto delle trasposizioni cinematografiche delle sue storie che, a dire il vero, non mi sono piaciute affatto. Menomale che non l'hanno paragonato a Tolstoj, altrimenti sarei insorta pubblicamente ed avrei fomentato una rivoluzione.
Quello che mi dispiace è che l'inizio di questo romanzo è molto bello e coinvolgente, così ben descritto da farti vivere realmente ciò che il protagonista racconta, poi cambia registro, sembra quasi che a continuare la storia sia un'autrice diversa, incapace di mantenere il livello della prima parte.
Un romanzo così lungo deve essere perfetto come lo è Anna Karenina, deve lasciarti qualcosa, deve avere in sé qualcosa di immortale che rimane indipendentemente dalle epoche, altrimenti viene fuori soltanto una storia buona per una telenovela o in questo caso per un film d'azione.
Volete leggere un Pulitzer che valga davvero la pena? Allora leggete Olive Kitteridge di Elizabeth Strout oppure Le ore di Michael Cunningham. Non sono malvagi nemmeno Lezioni di respiro di Anne Tyler o Amatissima di Toni Morrison, da lasciar perdere invece a mio avviso Middlesex di Jeffrey Eughenides, forse pure peggiore di questo "Cardellino".
Unico lato positivo di questa lettura è lo stimolo creativo derivatone e sfociato nella realizzazione di un "reggilibro da letto",  attrezzo fondamentale per riuscire a finire il malloppone senza distruggere il polso in modo definitivo, realizzazione di cui ringrazio pubblicamente mio marito per l'aiuto tecnico.
Reggilibro da letto, realizzato artigianalmente con scarti di cavalletti da pittura.