lunedì 5 agosto 2013

Il mio paradiso è deserto di Teresa Ciabatti

Copertina di Il mio paradiso è deserto

Paradiso di rifiuti
No, non riesco ad essere obiettiva con Teresa Ciabatti. La seguo su Twitter e leggo il suo blog, mi ispira simpatia, mi sembra che dietro la sua cattiveria ci sia una persona fragile, ferita, insicura ed avrei voglia di conoscerla, di esserle amica; anche io come la piccola Marta Bonifazi sono attratta dai deboli e gli indifesi ma al contrario di lei continuo ad avere la sindrome da crocerossina anche a 40 anni suonati!
Nonostante il mio apprezzamento per l'autrice questo romanzo mi ha lasciata perplessa, avevo grandi aspettative che sono state in parte disattese. Dopo la folgorazione con " I giorni felici" qui ho sentito un lieve calo, tutto è più evidente, palese, macroscopico…e meno originale. Nel romanzo precedente c'era una maggiore raffinatezza nell'analisi familiare, una ricerca molto interessante della storia televisiva, sentimenti più sottili, qui tutto è amplificato ed eccessivo.
Verso il finale ho avuto un po' di difficoltà , me lo so sono dovuto rileggere perché non avevo ben capito il dipanamento della storia e il suo tragico epilogo (colpa anche mia che leggo la sera mezza morta di sonno). Forse ad un certo punto la narrazione è "implosa", come dice la mia amica anobiana Daisy (abbiamo letto questo libro più o meno in contemporanea scambiandoci pareri) oppure è semplicemente diventata difficile da seguire per il mescolamento di passato, presente e sogno.
La sensazione è che i libri della Ciabatti siano molto autobiografici, che ella si ritrovi in qualche modo nei suoi personaggi. Ho trovato curioso il fatto che si sia infilata letteralmente nella storia, la sorella del ragazzo travolto in auto dalla protagonista si chiama proprio Teresa Ciabatti, e la domanda sorge spontanea: sarà un fatto accaduto davvero alla sua famiglia o la scrittrice si è divertita a giocare con il lettore? Sorge spontanea anche un'altra domanda: ma la Ciabatti è cattiva e crea i personaggi a sua immagine oppure si costruisce un personaggio che assomigli alle sue protagoniste? Chissà…forse entrambe le cose.
Lo stile letterario è piuttosto scarno, quasi gergale, non è evidente una ricerca stilistica, a meno che la ricerca non sia proprio nel voler rendere il libro fruibile al lettore medio, o meglio ancora a voler rendere la mediocrità mentale e di linguaggio dei personaggi.
Il quadro presentato è sempre lo stesso del romanzo precedente, una famiglia bella solo in apparenza, un rapporto padre-figlia conflittuale, vite che si auto-distruggono … l'affresco proposto da Teresa Ciabatti è estremamente deprimente, gente che ha tutto e riesce a rendere la propria vita un'inferno, forse perché in quel tutto poi alla fine manca l'essenziale: l'amore.

Citazione:

"Mai sottovalutare i cretini… il mondo è fatto prevalentemente di cretini, sono quelli che bisogna controllare"

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