martedì 26 novembre 2013

L'insulto di Lidice


Triste realtà (3,5 stelle)



Recensire il libro di un “amico” non è facile, anche se l’amico lo si conosce solo tramite la rete, ma è anche vero che è proprio grazie alla socializzazione sul web che ho potuto scoprire Lidice, come persona e come autore. Ho iniziato la lettura dei suoi due lavori partendo da “L’insulto”, un racconto più che un romanzo, una denuncia più che un racconto. La storia è ispirata a fatti che purtroppo sono diventati all’ordine del giorno sui giornali ed in tv: il suicidio da parte di imprenditori che si trovano nella disperazione dei debiti e del fallimento. Tutto inizia con il ritrovamento del cadavere di un imprenditore tessile a Prato, ritrovamento fatto proprio dal suo migliore amico nonché suo operaio. La storia si svolge nel poco tempo che passa tra il suicidio ed il funerale, vengono descritte le azioni spesso meccaniche e necessarie che si fanno sempre quando si ha a che fare con la morte, ma soprattutto emerge la voce interiore dell’amico, le sue riflessioni in merito a tutta la faccenda, i suoi stati d’animo. Inizialmente ho trovato il racconto un po’ troppo semplicistico nella forma, ma, avendo avuto modo di leggere altre cose dell’autore, mi sono resa conto che questa semplicità non era dovuta ad un’incapacità stilistica, bensì voluta. Una semplicità che ci cala nella realtà di una fabbrica tessile pratese. E’ un’operaio che pensa e che parla, una persona ricca interiormente ma povera culturalmente, un uomo che ragiona sulle cause delle cose ma al quale manca sicuramente una raffinatezza lessicale. Ed è proprio sulla povertà culturale che il protagonista stesso appunterà il dito alla fine della storia. La mancanza di cultura, l’ignoranza, sono tra i maggiori responsabili del declino in cui il mondo si trova, e senza una consapevolezza maggiore da parte di tutti non sarà possibile uscirne.
 Un libro asciutto, onesto, triste.

Citazioni:

“Ci sono molte paure tutte rimesse insieme, tra cui quella di aver fallito un intera esistenza dietro a cose che forse non meritavano tutta la nostra attenzione”

“Erano quei fiori a emanare il solito odore di funerale ben conosciuto e sempre uguale, da sempre.”

“era diventato qualcos’altro, come un oggetto”

“Non c’era più neppure la pallida sensazione di lui. Nessuna espressione riconoscibile, ma solo pietra, era come fosse diventato la statua di se stesso.”

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