sabato 30 novembre 2013

Non vi lascerò orfani di Daria Bignardi

Copertina di Non vi lascerò orfani
Cara Daria (3,8 stelle) 
Ho provato quasi subito empatia per daria Bignardi leggendo questo suo primo romanzo.
Probabilmente, seppur con moltissime differenze di storia e di famiglia, mi sono sentita accomunata a lei per il rapporto di amore conflittuale madre-figlia.
Il romanzo è più che altro un diario di ricordi personali dell’autrice, un rimettere in fila parenti, amici e animali coi conseguenti sentimenti della propria vita, quindi nulla di particolarmente originale. Tuttavia il modo di scrivere della Bignardi è molto “facile” e piacevole, la storia scorre bene. Ci si affeziona a questa autrice/giornalista/conduttrice televisiva dall’apparenza un po’ freddina e scostante, che nasconde anche dolcezza e che ha saputo amare perfino i lati negativi materni ed ha tentato di evitare gli stessi errori nella sua nuova famiglia.
Mi è piaciuto il modo in cui è riuscita a parlare dei suoi genitori, senza mitizzarli e mettendone in evidenza pregi e difetti, ha saputo far trasparire il bene che ha provato per loro, ha saputo accettarli per quello che erano e voler loro bene in modo incondizionato ma senza paraocchi.
E questa affettuosa accettazione, se non è facile spesso per un genitore, lo è ancor meno per un figlio, credo io.
Alla fine è riuscita pure a farmi pungere le lacrime agli occhi, non per l’eccezionalità di ciò che ha scritto, bensì per la normalità, la verità, la semplicità di sentimenti comuni a molti di noi.


Citazioni:

“Perché nessuno mai ti dice, quando sei ragazzino, che anche se la mamma rotea gli occhi e urla come una pazza non è veramente pazza e non lo diventerà mai, e nemmeno tu diventerai pazzo come lei. Per anni ho avuto il terrore che mia madre potesse perdere la ragione, e io con lei. Ora so che una madre stressata e nervosa può ululare e ringhiare e dare sberle ma non per questo impazzirà. Ma quante angosce di meno, se lo avessi capito prima.”

“Tempo fa mi avevano colpito le parole di una scrittrice: diceva che sua madre era morta da cinque anni e lei non aveva ancora smesso di litigarci. Avevo immaginato che sarebbe stato così anche per me, invece, senza una ragione precisa, circa un anno prima che la mamma morisse mi è cambiato qualcosa dentro, ho sentito che era arrivato il momento di accettarla com'era, e di proteggerla.”

“Ma l'amore è amore. È quando non c'è più che capisci quanto ti manca, anche se è faticoso da sopportare.”

venerdì 29 novembre 2013

Il mondo di Sofia di Jostein Gaarder

Copertina di Il mondo di Sofia
Un Bignami di Filosofia romanzato 
Mi sono occorse più di due settimane per leggere ( o forse sarebbe più appropriato dire studiare) questo romanzo filosofico, e varie sere sono letteralmente crollata sulle sue pagine.
Mi sento di consigliarne la lettura durante il giorno a coloro che hanno tempo, visto che alcuni argomenti non sono propriamente di riposo. E’ anche vero che io sono abbastanza digiuna di filosofia, per cui questo tomo si è rivelato per me una lettura un po’ indigesta e faticosa.
Dopo aver letto “La ragazza delle arance” dello stesso autore, ed averlo trovato un libro bruttissimo, ero un po’ prevenuta su questo, tuttavia mi sono ricreduta in parte sul giudizio che mi ero fatta.
Sostanzialmente Gaarder continua a non piacermi. Non mi è piaciuto il romanzo che ruota attorno alle lezioni filosofiche, troppo surreale, troppo favolistico, troppo adolescenziale nello stile. In effetti mi è sorto il dubbio che si tratti di un libro destinato agli adolescenti, se così fosse allora...
Però devo rendere atto all’autore che è stato bravissimo a spiegare i concetti filosofici in modo semplice, chiaro, riducendoli forse all’osso ma rendendoli appetibili per la massa incolta di cui faccio parte. Diciamo che ha creato un assaggio appetitoso che lascia spazio alla voglia di approfondimenti se qualcuno si fosse sentito intrigato dall’argomento.
Se questo romanzo ha un pregio è quello di porci di fronte alla necessità di analizzare le situazioni, di saperle guardare da diversi punti di vista, di analizzare la nostra esistenza alla luce di molte opinioni contrastanti, di mettere anche un punto oltre il quale effettivamente non si può andare pena la pazzia.
Per me questo è un testo che non dovrà essere riposto in un armadio ma tenuto a portata di mano per rileggere ogni tanto le innumerevoli frasi che ho sottolineato, per comprenderle meglio, per ricordarle soprattutto e per dare loro una collocazione temporale e mentale, dato che una tale ingestione di nozioni ha creato in me una nebulosa dove filosofi e relative correnti si mescolano tra loro informemente.
Insomma, in poche parole “Il mondo di Sofia” ha per me una valenza più come compendio filosofico per ignoranti in materia che come romanzo di per sé, e, seppur contenta di averlo letto, non credo che avrò voglia di sperimentare altro di Jostein Gaarder.
Citazione:
“Se vogliamo mettere a punto un nostro modo di vedere la vita, può esserci d’aiuto leggere quello che altri uomini hanno pensato”

martedì 26 novembre 2013

L'insulto di Lidice


Triste realtà (3,5 stelle)



Recensire il libro di un “amico” non è facile, anche se l’amico lo si conosce solo tramite la rete, ma è anche vero che è proprio grazie alla socializzazione sul web che ho potuto scoprire Lidice, come persona e come autore. Ho iniziato la lettura dei suoi due lavori partendo da “L’insulto”, un racconto più che un romanzo, una denuncia più che un racconto. La storia è ispirata a fatti che purtroppo sono diventati all’ordine del giorno sui giornali ed in tv: il suicidio da parte di imprenditori che si trovano nella disperazione dei debiti e del fallimento. Tutto inizia con il ritrovamento del cadavere di un imprenditore tessile a Prato, ritrovamento fatto proprio dal suo migliore amico nonché suo operaio. La storia si svolge nel poco tempo che passa tra il suicidio ed il funerale, vengono descritte le azioni spesso meccaniche e necessarie che si fanno sempre quando si ha a che fare con la morte, ma soprattutto emerge la voce interiore dell’amico, le sue riflessioni in merito a tutta la faccenda, i suoi stati d’animo. Inizialmente ho trovato il racconto un po’ troppo semplicistico nella forma, ma, avendo avuto modo di leggere altre cose dell’autore, mi sono resa conto che questa semplicità non era dovuta ad un’incapacità stilistica, bensì voluta. Una semplicità che ci cala nella realtà di una fabbrica tessile pratese. E’ un’operaio che pensa e che parla, una persona ricca interiormente ma povera culturalmente, un uomo che ragiona sulle cause delle cose ma al quale manca sicuramente una raffinatezza lessicale. Ed è proprio sulla povertà culturale che il protagonista stesso appunterà il dito alla fine della storia. La mancanza di cultura, l’ignoranza, sono tra i maggiori responsabili del declino in cui il mondo si trova, e senza una consapevolezza maggiore da parte di tutti non sarà possibile uscirne.
 Un libro asciutto, onesto, triste.

Citazioni:

“Ci sono molte paure tutte rimesse insieme, tra cui quella di aver fallito un intera esistenza dietro a cose che forse non meritavano tutta la nostra attenzione”

“Erano quei fiori a emanare il solito odore di funerale ben conosciuto e sempre uguale, da sempre.”

“era diventato qualcos’altro, come un oggetto”

“Non c’era più neppure la pallida sensazione di lui. Nessuna espressione riconoscibile, ma solo pietra, era come fosse diventato la statua di se stesso.”

lunedì 11 novembre 2013

La trappola amorosa di Giovanni Arpino

Copertina di La trappola amorosa
Maledetta copertina! (3,5 stelle) 
Per ciò che sto per scrivere so che potrò essere condiderata una maniaca fobica, e forse lo sono.
La copertina dell'edizione Euroclub di questo libro mi ha negativamente influenzata e mi ha rovinato la lettura.
Mi spiego meglio.
Mi sono sentita subito respinta da questa illustrazione tipicamente anni '80, non so perchè ma mi ha ricordato il pessimo film "Sotto il vestito niente", uscito in quel periodo.
In fin dei conti è una caratteristica di quegli anni, tranne alcune eccezioni, l'esplosione del niente assoluto, gli anni '80 sono la matrice delle carenze che viviamo adesso. Può darsi che l'immagine, evocandomi quell'epoca, resa meno disgustosa solo dal mio essere adolescente, mi abbia emotivamente destabilizzato a tal punto da influenzare in negativo la lettura.
D'altra parte il libro è stato pubblicato nel 1988, postumo alla morte dell'autore nel 1987.
Sono andata a leggermi due notizie su Giovanni Arpino proprio per ovviare alla mia repulsione apparentemente immotivata e in base a queste notizie ho deciso di leggere comunque il suo libro nonostante la copertina pessima. E male non ho fatto dato che questo romanzo poi così pessimo non è, anzi, è scritto con una maestria ed una ironia che mi ha ricordato un po' lo stile di Fruttero e Lucentini.
La storia in sé è banalotta, tuttavia è servita da spunto per alcune riflessioni e frasi tuttaltro che banali nelle quali ravviso, nemmeno troppo velatamente, critiche al periodo in cui il libro è ambientato.
Tirando le somme non si tratta di un capolavoro letterario ma di una storia godibile e più intelligente di quanto appaia, a patto di leggere un'edizione diversa dalla mia o di bruciare nel caminetto questa detestabile copertina indigesta!

Citazioni:

" Se avessi saputo a vent'anni o trenta le cose che so oggi, sarei stata un'altra creatura,...Ma avevo letto troppo poco, visto niente, pensato zero. Così va la vita: ti brucia subito e appena diventi una bella cenere calda, piena di scintille nascoste, devi startene quieta quieta in un angolo, senza più il coraggio di dare o chiedere."

"Partiamo sempre dal fatto che la gente non sa, non ricorda,si confonde, sta preparando i maccheroni o guidando a cento all'ora. Bisogna sorprenderla ma non spiazzarla. La gente ama solo se stessa, va rifornita di bocconcini che le assomigliano. Perchè la trasmissione fila giusta? Perchè funziona come un'endovena, scivola dentro senza fare male. "

" Le sinistre nascono sempre pimpanti e poi naufragano per strada. Ce lo dice la storia, non è così?"

"Una volta l'ignoranza era una colpa, una vergogna, oggi è diventata una bella protezione. Forse è meglio, gli scemi si sentono in salvo, tra la rava e la fava non c'è più differenza, e tutto sorride nel migliore dei mondi"

" Un uomo invecchiando non deve ostinarsi, non deve arretrare e scalciare bovinamente se una corda lo tira. Talvolta cedere è illuminazione, sapienza."

martedì 5 novembre 2013

Il mare di John Banville

Copertina di Il mare

Mai copertina fu così evocativa. (4,7 stelle) 
Nell’illustrazione di Giovanni Mulazzani ( edizione Guanda 2006) si percepisce al primo sguardo che il libro sarà molto peggio che malinconico, sarà dolente, ma bello.
L’aggettivo giusto è proprio DOLENTE perché in questo romanzo si affronta la sofferenza ma non in modo vorticoso, esagitato, attanagliante e viscerale, apparentemente con distacco, con una certa dolcezza triste che ci culla tra una pagina e l’altra.
Bisogna prendersi tempo e concentrazione perché non si tratta di un libro leggero, non accetta distrazioni o salti di righe.
Questo romanzo non è come quei maschi da copertina dai tratti perfetti e ben vestiti definiti universalmente sex symbol. Assomiglia di più a quegli uomini che si presentano con un maglioncino insignificante, dai lineamenti non perfetti ma che acquistano bellezza nel particolare, che hanno belle mani, un bel sorriso e lo sguardo vivo, uomini da scoprire poco a poco.
Ecco, il romanzo di Banville non appare eclatante di primo acchito, ma mentre sei lì che lo leggi ti accorgi che è estremamente raffinato, di una ricchezza non ostentata, ci offre capacità analitica ed espressiva notevoli.
Ogni volta che mi trovo davanti a scrittori simili mi stupisco della loro attitudine a focalizzare sentimenti e pensieri con lucidità e di restituirceli in una forma scritta così bella, mi sorprendo della descrizione di dettagli che le persone “normali” non notano, in questo caso anche di una particolare attenzione agli odori.
Le frasi da citare sarebbero moltissime, ho evidenziato molti passaggi (anche lunghi) in questo libro, il consiglio che mi sento di dare è di leggerlo se amate la scrittura di qualità e se siete disposti a sopportare un po’ di tristezza.
Una menzione positiva per la traduttrice Eva Kampmann che credo abbia fatto un ottimo lavoro.

Citazioni:


“ La contemplai senza poter fare nulla. Per un attimo di stordimento fui colto dal pensiero che non sarei più riuscito a farmi venire in mente una sola parola da dirle, che saremmo andati avanti così, in un angosciata incapacità di esprimerci, sino alla fine”

“Eppure, quale forma di esistenza possiede in realtà il passato? In fondo, è solo quello che era il presente, una volta, quel presente che non c’è più, tutto qui.”

“ Forse tutta la vita non è altro che una lunga preparazione a lasciarla.”

“ Sono stato sempre un emerito nulla, il cui desiderio più forte era di essere un emerito qualcuno. So quello che voglio dire.”

“ Ci siamo perdonati a vicenda per tutto quello che non eravamo.”

lunedì 4 novembre 2013

Gli Sfiorati di S.Veronesi

Copertina di Gli sfiorati
Un parto difficile (4,5 stelle)
Questa recensione e la lettura di questo libro sono stati un parto difficile. Gli sfiorati è stato nella mia libreria per oltre un anno senza mai risvegliare la mia intenzione di leggerlo, tanto che ad un certo punto ho pensato di rimetterlo in scambio. Menomale che non l'ho fatto e gli ho dato un'opportunità!
Veronesi secondo me è geniale, in questo libro ho sottolineato tante di quelle frasi da consumare il lapis...
E' geniale nell'uso delle parole, nel riuscire a raccontare profondissimamente nulla per due pagine e oltre, nel coniare anche nuovi termini e nello spiegare benissimo il loro significato (vedi schiumevolezza), nell'affrontare la tematica del vuoto di vita in cui certi personaggi vivono... Il libro è stato scritto un po' di anni fa ma lo trovo più che mai attuale.
Fin'ora tutto geniale ma allora cosa c'è che non va? Beh... dal mio punto di vista la lettura difficoltosa è dovuta soprattutto alla tematica affrontata, pur potendo apprezzare l'analisi degli "sfiorati", li sento troppo distanti da me, da quella che sono adesso e dalla giovane che sono stata. Pur apprezzando la bellezza della scrittura e in un certo senso della storia non mi sento coinvolta. Per reputare un libro bellissimo oltre ad un giudizio razionale positivo devo avere anche un giudizio del cuore e della pancia che arrivano spontanei e me lo fanno amare.
Sandro Veronesi rimane tuttavia una bella sorpresa, e sono curiosa di leggere altre cose sue, magari su una tematica diversa.

Le lettere da Capri di Mario Soldati

Copertina di Le lettere da Capri
Obnubilamento mentale
Mi sono accostata a questo libro degli anni sessanta, dall’aspetto molto vissuto, senza sapere cosa aspettarmi. Sciupacchiato ,come quelli che si trovano sulle bancarelle dei mercatini, sdemanializzato da una biblioteca (chissà quante mani e quanti occhi lo hanno avuto!), si è fatto leggere con curiosità e mi ha davvero stupita.
Mario soldati scrive bene, non so per quale motivo mi è venuto da raffrontarlo con Franzen, in fin dei conti la storia può avere qualche minuscola similitudine con Libertà ma non così tante da potervi essere paragonata. Ad ogni modo per tutta la durata del libro ho continuato a fare comparazioni e Soldati ne è uscito vincitore alla grande.
La storia l’ho trovata abbastanza delirante, paradossale e pure crudele per certi versi. Alcuni passaggi sono stati un po’ prolissi, troppo insistenti sugli stessi concetti ma rendono l’idea dell’esaltazione dell io narrante. A dire il vero gli “io narrante” sono tre, e forse, come ha fatto notare un altro lettore qui su anobii, hanno uno stile di scrittura troppo simile tra loro che li contraddistingue poco...tuttavia ognuno di loro in fin dei conti è preda del vaneggiamento amoroso e questo li accomuna in un modo di ragionare universale, quello dei sensi.