martedì 1 marzo 2016

Che cos’è la letteratura? Boh!

Anche se questa non è una recensione mi pare giusto postarla in questo blog relativo ai libri.
Da poco faccio parte degli autori di Circolo 16 e questo è un piccolo post scritto appositamente per il tema della settimana.
Domanda troppo vasta per essere affrontata in modo realmente utile. Mi rifaccio però al post di Marian ( love love love!) dove si parla dell’inutilità riferita alla letteratura.
La letteratura non ha un profitto direttamente tangibile ed estimabile, tanto che finisce per essere considerata un hobby per gli appassionati. Da questo risulta che, a ragione, la letteratura non serve a nulla e che sarebbe bene dare la precedenza a cose più utili e pratiche. La letteratura non cura le malattie, non sfama e non disseta, non mette in moto una macchina, non paga le spese di fine mese, e potrei ancora andare avanti per giungere semplicemente al nòcciolo della questione, ovvero che la letteratura è inutile.
(tratto dal post di MarianTranslature)
Ecco, vorrei dire che ciò che qui viene detto della letteratura possa essere riferito a qualsiasi forma di arte.
Io mi sento particolarmente chiamata in causa in quanto pittrice, e per questo tendo spesso…
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venerdì 26 febbraio 2016

Il Bell’Antonio di Vitaliano Brancati

Il bell'AntonioIl bell’Antonio
Di Vitaliano Brancati
Editore: Mondadori
Numero di pagine: 269 | Formato: Paperback
Isbn-10: 8804486325 | Isbn-13: 9788804486329

 

Appassionante (4,5 stelle)  

Il Bell’Antonio lo avevo sentito nominare in casa quando veniva fatto il nome di Marcello Mastroianni, non mi ero mai posta il quesito se il film a cui si faceva riferimento fosse anche un libro, finchè non mi ci sono imbattuta quasi per caso grazie ai podcast di Rai 3 con il programma Ad Alta voce. Questa infatti è una delle mie letture ascoltate, supportata dall’ebook per evidenziare i passaggi che più mi sono rimasti impressi. Innanzitutto vorrei fare i complimenti a Remo Girone che ha letto il testo in modo splendido, inoltre, a mio avviso, ha una voce che ricorda quella di Mastroianni, il che non ci sta affatto male.

Questo romanzo mi è piaciuto molto, lo stile di Brancati è scorrevole, una scrittura accurata senza diventare prolissa, a tratti colloquiale, diretta e chiara nell’esposizione dei concetti e vivace nei dialoghi.

Il Bell’Antonio, da cui il titolo, è un falso protagonista, è il personaggio meno interessante e più abulico di tutto il libro, rappresenta secondo me la parte della polazione più inetta, insignificante e priva di interessi verso le cose importanti della vita, è un poveraccio vittima della propria bellezza e dell’ignoranza imperante, uno che nella vita non ha combinato nulla e che si è fossilizzato su un problema psicofisico di poco conto al quale ha permesso di tiranneggiarlo.

I personaggi di contorno invece sono quelli fondamentali, quelli che “dicono” e che svolgono la loro parte attiva nel romanzo, quelli che ci raccontano l’Italia ai tempi del fascismo e della guerra.

Nei vari commenti che ho letto su questo libro ho trovato ricorrente il pensiero che Antonio sia la metafora dell’Italia, e della Sicilia ancor di più, nell’epoca di Mussolini, e il discorso mi torna assai. Vitaliano Brancati col suo romanzo ci offre la fotografia di un popolo paralizzato dalla cultura del superuomo, dove conta quanto si scopa e non cosa si ha nel cervello, dove l’importante è mostrare la forza e i muscoli, obbedire e combattere.

Sento di non avere altro da aggiungere se non riportare qui alcune citazioni:

“D’altro canto, se muore lui, che succede? chi prende il potere? i quattro ladri che gli stanno attorno? si ammazzano a vicenda nella spartizione del bottino.
I comunisti che stanno in carcere? sarebbero peggio dei fascisti. Perché questi almeno sono dei cialtroni e le bestialità che hanno in testa le fanno male, mentre quelli sono onesti e rigorosi e le bestialità le fanno bene…”

“E’ stata educata in un collegio… Con questo non voglio dire che sia un genio… D’altro canto, la donna non deve essere mai un genio. Basta che non sia stupida.”

“Devo proprio passare gli ultimi anni della mia vita sapendo che né io né mio figlio ci basta l’animo di andare a letto con una donna?”

“Una volta i nostri grandi dichiaravano ad alta voce di voler sapere la verità assoluta, chiedevano di sapere perché siamo nati e a che servano e a chi procurino diletto le sofferenze degli uomini, dato che l’universo le coltiva con tanta sollecitudine, chiedevano perché dobbiamo conoscere che moriremo e ignorare completamente che cosa sia la morte, perché, prima di morire noi stessi, dobbiamo aver visto il miserabile aspetto di tanti uomini morti, perché al nostro pensiero è dato tanto spago da permettergli di arrivare con un salto a sentir l’odore della verità, senza però poterne cogliere il frutto, e perché alla fine, ci viene concessa la facoltà di chiedere «perché» e negata quella di ricevere una risposta definitiva…”

“voglio dire, saprò parlare la lingua di una persona libera? non m’imbragherò? non arrossirò? non dirò delle enormità? non farò capire a tutti che sono stato per vent’anni un povero servo? e non cercherò anche allora, per una vecchia abitudine, di piacere a qualcuno, di adulare un potente, di seguire la moda, e di tenere, in ogni caso, discorsi opportuni? Ovvero non farò il ribelle a sproposito, non finirò col non pagare il biglietto del tram per dare a intendere che sono un uomo libero? Io ci perdo la testa…”

“vedere un’ Europa serena, libera, un’ Europa che onora i sogni e la musica, e noi non avere più l’età in cui si sogna con tanto ardore”

“Un uomo» esclamò con gli occhi che si arrossavano per lo sforzo di non piangere, «non dev’essere mai chiuso da un altro uomo in un recinto spinato o dietro una porta di ferro! È un miracolo ch’egli non ne esca cosi privo di orgoglio umano da non sapersi più reggere su due piedi; e in ogni caso, gli rimane nel sangue un istinto di povera bestia che diffida degli uomini, e un bisogno di scappare ogni volta che li sente avvicinarsi”

“io ho odiato la tirannide, ma quanto più l’avrei odiata se avessi conosciuto bene queste cose!…
Ed è curioso che queste cose me l’abbia fatte conoscere la libertà…”




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giovedì 18 febbraio 2016

Guarire coi perché di Robin Norwood

Guarire coi perché

Di Robin Norwood

Editore: Feltrinelli

Lingua: Italiano | Numero di pagine: 208 | Formato: Paperback

Isbn-10: 8807812738

Non sono pronta, lasciatemi in pace 


Non sono pronta a fare il salto tra gli illuminati, non ne ho voglia, ho impiegato quarant'anni per diventare atea ( anche se agnostica forse è il termine più corretto) e in questo libro, anche se in modo indiretto, si fa riferimento ad un qualche dio, ad una qualche religione, che a dire il vero non è molto ben connnotata, sembra più una religione dell'anima, qualcosa che profua di oriente dove la reincarnazione la fa da padrone.
Ma andiamo per gradi. 
Innanzitutto questo libro va affrontato per ciò che dice e lo stile letterario ce lo dobbiamo scordare perchè non è letteratura.
Leggere Guarire coi perché mi ha disturbato il sonno e anche la veglia, ha portato alla luce dubbi e pensieri che volevo lasciare lì dove stavano per quieto vivere, ed invece il succo  di queste pagine ( o almeno ciò che ho capito io) è che il quieto vivere non ci fa crescere e che solo le imprese ed i cambiamenti a cui noi facciamo resistenza sono la strada verso un miglioramento della nostra persona non fisica, quindi più noi facciamo resistenza e più vite incarnate ci serviranno per arrivare al ricongiungimento con la l'anima. 

Detto così sembra un po' da fanatici, ed infatti non viene certo facile accettare come oro colato le cose che vengono scritte qui; la Norwood parla di vite, anima, reincarnazione dandole per certe e questo, per una persona che ha smesso di credere, che ha le idee confuse e pensa che una volta morti non ci siamo più, è difficile da accettare...ma, c'è un grande MA. 

Il mio MA
L'esperienza che forse mi ha sconvolto la vita più di tutte è veder morire mio padre, guardarlo in faccia nel momento esatto in cui la luce negli occhi si è spenta e la vita è uscita dal cuo corpo. E' stata un'esperienza devastante a livello di sentimenti ed un esperienza destabilizzante a livello umano e mentale. Questo cambiamento che avviene nel momento esatto in cui si muore mi è rimasto impresso in testa e non sono riuscita a dare una spiegazione logica al fatto che il corpo  una volta morti diventi un guscio vuoto, un involucro che di fatto non è più la persona; è come se un interruttore spegnesse la vita, gli occhi diventano vuoti e  chi era non è più. La domanda che mi ha assilla e mi ha assillato è:  cosa cambia quando si muore? Il corpo rimane ma tutto il resto che faceva di una persona ciò che era dove va? E questo non accade solo per le persone ma anche per gli animali, anche in loro sparisce la luce della vita.
Ecco, questo libro sembra rispondere fin da subito a questo mio interrogativo, ma a questo punto se accetto la risposta come vera e valida devo credere che anche il resto possa essere vero? Devo ricominciare a credere in qualcosa o posso continuare a vivere come ho fatto finora, come se non avessi letto queste pagine? Non ci riesco, ciò che ho letto è un tarlo, e se alcuni passaggi mi sembrano davvero da fuori di testa altri invece mi sembrano una spiegazione plausibile a molti interrogativi che mi sono posta. La risposta alle mie perplessità pare palesarsi nell'affermazione che ho qui letto sull'esistenza di vari corpi più sottili rispetto a quello prettamente fisico: il corpo etereo, il corpo astrale ed il corpo mentale. Ora lungi da me riportare precisamente le spiegazioni che la Norwood ci offre, mi limito soltanto a riportare in breve ciò che ho capito e cioè che la morte viene spiegata come un distaccamento dell'anima (collegata al corpo mentale) dal corpo fisico, distaccamento che avviene quando l'esperienza che dovevamo fare in questa vita è giunta a compimento e la nostra anima può essere riassorbita a livello universale... Insomma, non so voi, ma io ci perdo letteralmente la testa se mi metto a pensare a queste cose, e se da un lato mi pare di trovare delle risposte dall'altro mi sento scossa e sballottata nelle mie certezze.

Il grosso del saggio poi è costituito da una serie di esempi riportanti esperienze di persone reali, racconti che servono a far capire meglio certi concetti come quello della guarigione e della malattia e di come vadano interpretate, di come talvolta le malattie vengano per guarirci da altro e di come sembra che tutto sia finalizzato più che ad uno stare bene egoistico ad una crescita prima personale e poi collettiva a livello superiore... insomma tutta una serie di argomenti alquanto controversi a mio parere che gira e gira non sono poi così distanti dalle spiegazioni religiose sui mali dell'umanità.
Il pregio di questo libro è che su certi aspetti mi pare che abbia proprio ragione, il difetto è che ci porge una teoria come se fosse verità, e questo a me crea disagio, soprattutto perchè è una verità che non mi rasserena; certe teorie che dovrebbero rivelarsi come una boccata di ossigeno rispetto al non credere a nulla alla fine mi fanno più paura del nulla stesso. Ad esempio un'affermazione che mi pare realistica è la resistenza che facciamo al compimento della nostra missione continuando ad indulgere nelle stesse paure che sono però anche delle certezze che in quanto tali ci danno sicurezza, mi pare realistico che la paura ci tenga aggrappati ad una boa su cui non stiamo nemmeno comodi ma è comunque una boa che conosciamo... mi pare forse meno realistico ma molto probabile che comunque prima o poi succederà qualcosa che ci farà lasciare la boa volenti o nolenti per portarci avanti nel nostro percorso e che in una sorta di Sliding Doors siamo costretti ad affrontare il nostro destino per una strada o per un'altra.
Ciò che mi angoscia in questo libro è l'impossibilità di essere lasciati in pace che mi viene prospettata, mi crea ansia il fatto che se mi ostino a non progredire in questa vita mi reincarnerò per continuare il mio percorso e così sarà finché non avrò percorso tutte le tappe necessarie...mamma che fatica! Forse ciò che mi trasmette maggiormente disagio è il rendermi conto che bene o male ho vissuto tutta la vita con la paura del cambiamento, barcamenandomi nel tentativo di essere serena e di proteggere me ed i miei cari dai mali del mondo; ho vissuto sempre arrivando fino ad un punto di maturazione e tornando indietro quando la cosa si faceva seria; ho vissuto sempre con un sacco di disturbi fisici che mi hanno impedito una vita a vele spiegate e viene spontaneo chiedersi se questi disturbi li abbia fatti venire io con le mie paure di cambiamento.
Una cosa è certa, questo testo non sarà un capolavoro letterario, ma se l'autrice voleva spingere le persone a mettersi in discussione con me c'è riuscita, non so ancora cosa ne deriverà a livello pratico nella mia vita, ma una cosa è certa, non riesco a fingere di non averlo letto, anche se vorrei soltanto scordarmelo ed essere lasciata in pace.

mercoledì 17 febbraio 2016

La coscienza di Zeno di Italo Svevo

La coscienza di Zeno

Di Italo Svevo
Editore: LiberLiber
Lingua: Italiano | Numero di pagine: 859 
Tratto da: Edizione critica delle opere di Italo Svevo ; a cura di Bruno Maier. – Pordenone : Edizioni Studio Tesi, 1985-. – [3] La coscienza di Zeno. – 1985 –
Le musiche sono tratte da “Sonata a Kreutzer” di Ludwig Van Beethoven, eseguite da Ivan Genesio.

 

Gratitudine (3,5 stelle)


La mia eterna gratitudine al sito Liber Liber che permette di leggere ed ascoltare gratuitamente i capisaldi della letteratura,  ma soprattutto un abbraccio alla gentile lettrice di questa opera, senza il cui supporto probabilmente non sarei riuscita a terminare.
Italo Svevo è uno di quegli autori che ti propinano a scuola e di cui, da bravo deficiente, ti vai a leggere i riassuntini per saper spiccicare due parole all'interrogazione e la cosa finisce lì, perchè come è risaputo << Svevo è una palla micidiale>>. In effetti un po' pesante lo è, credo che se avessi dovuto leggerlo in cartaceo, la sera prima di dormire, lo avrei quasi certamente abbandonato, ma la gentile lettrice è venuta in mio soccorso e l'ascolto è proceduto bene in questi pomeriggi  in cui ho fuso letteratura e pittura, perfettamente concentrata ma non annoiata.
Ho scoperto in Italo Svevo una grande e insospettata vena ironica che mi è piaciuta molto, poi certo il protagonista è quello che è... Zeno non è nemmeno una cattiva persona, è soltanto un uomo senza spina dorsale come ce ne sono tanti, capace di impulsi positivi che però si fanno affossare subito dalle difficoltà. In questo romanzo sono le donne che vengono fuori, sono loro che decidono nonostante tutto, decidono anche di sopportare un uomo che non le ama o di abbandonare un amante quando si presenta la possibilità di un marito, decidono di studiare invece di sposarsi e così via.
Nelle critiche che avevo letto di sfuggita si parlava sempre dell'inettitudine come principale tematica delle opere di Svevo ma non ricordo che si parlasse dell'ironia o delle donne, chissà perchè... ma forse sono io che non ho approfondito o che ricordo male.
Seppur non sia rimasta folgorata dall'autore credo che proseguirò con le letture dello stesso, sicuramente ci mostrano aspetti di una vita ormai lontana dalla nostra ma le cui peculiarità umane sono tuttora simili alle nostre, ovviamente avvalendomi degli audiolibri di Liber Liber, ancora e sempre grata come non mai.

Citazione:
Il mentitore dovrebbe tener presente che per essere creduto non bisogna dire che le menzogne necessarie.

lunedì 8 febbraio 2016

Persecuzione di Alessandro Piperno


Persecuzione
Il fuoco amico dei ricordi
Di Alessandro Piperno
Lingua: Italiano | Numero di pagine: 416 
Copertina rigida
Data di pubblicazione: 01/01/2010





Non decolla  

Questo Blog sta diventando imbarazzante, le mie letture commentate si è trasformato ne i miei libri abbandonati... ebbene sì, ho mollato anche questo!
Dello stesso autore avevo letto Con le peggiori intenzioni, e sinceramente mi era piaciuto, quindi quando mi sono ritrovata a leggere questa storia sono rimasta basita. E' vero che sono passati degli anni e che il mio gusto letterario si è modificato, ma ritrovarmi a paragonare questo romanzo a quelli d'amore che leggevo da adolescente è stato traumatizzante. L'insistenza dell'autore sull'aspetto fisico del protagonista, che seguendo attentamente le istruzioni mi ha fatto visualizzare una sorta di Kabir Bedi, mi è parsa una caduta di stile, una gigionaggine da donnette svenevoli... sono cattiva lo so, ma arrivata a 45 anni non ho più voglia di essere né compiacente né di perdere tempo con libri che non mi arricchiscono o che mi fanno addormentare seduta.
Un peccato però perchè alcuni concetti, se non fossero stati detti e ridetti mille volte già nelle prime 70 pagine, sarebbero anche stati interessanti, sembra quasi che Piperno si rivolga ad un lettore duro di comprendonio, della serie se non hai capito te lo ridico con parole diverse...
Insomma, questa storia è un aereo che non decolla a mio avviso, dopo una settimana passata sulle prime 80 pagine gli ho detto addio, con qualche rimpianto, ma neanche troppi.

lunedì 1 febbraio 2016

Auto da fé di Elias Canetti

Auto da fé

Di Elias Canetti

Editore: Adelphi
Numero di pagine: 548 | Formato: Paperback
Isbn-10: 8845916545 | Isbn-13: 9788845916540
Data di pubblicazione: 01/10/2001 | Edizione 1

Traduttore: Luciano Zagari , Bianca Zagari




Kafkiano...

E' sempre una sconfitta abbandonare un libro, specialmente se ne abbiamo lette già 200 pagine e se siamo consapevoli che sia un libro di spessore, ma continuare ad ostinarsi avrebbe significato portarmelo dietro per un mese come una tortura... un auto da fè insomma...
L'inizio mi è piaciuto molto, purtroppo con il procedere della storia l'assurdo ha preso il sopravvento e la lettura è diventata così fastidiosa e angosciante che trovavo mille scuse per non andare a letto a leggere. Nella postfazione Canetti spiega la genesi del libro, il messaggio che voleva dare e la sua incondizionata ammirazione per Le metamorfosi di Kafka, e qui ho detto tutto; personalmente non sono riuscita a leggere Kafka per una dose eccessiva di angoscia trasmessami, e qui il meccanismo si è ripetuto. Sicuramente Canetti è riuscito nel suo intento e le critiche positive ed il Nobel lo confermano, resta il fatto che per me certi generi risultano illeggibili, la mia salute mentale viene prima.

Citazioni

"Proprio le spinte occasionali e inattese danno agli uomini un indirizzo per la vita."

"I mobili suscitavano in lui una vera ripugnanza. <...> Lo spazio che occupavano contrastava con l'esiguità della loro importanza."

lunedì 11 gennaio 2016

Galveias di José Luis Peixoto

Galveias

Editore: Quetzal
Lingua: Português | Numero di pagine: 278 
Formato: Paperback
Isbn-10: 9897221794 | Isbn-13: 9789897221798 
Data di pubblicazione: 


Aspro 

Peixoto è considerato uno dei maggiori scrittori contemporanei del Portogallo, probabilmente sia per lo stile che per le tematiche trattate. 
Questo è il mio terzo souvenir della Livraria Bertrand di Lisboa e me lo sono letto in lingua originale, ho trovato qualche difficoltà a causa di vari termini a me ignoti, tuttavia ho potuto apprezzarlo abbastanza anche per il modo in cui è stato scritto. Mi ricorda molto per le tematiche A Sibila di Augustina Bessa Luis , ma per quanto riguarda lo stile ho avuto in questo caso maggior facilità di lettura, forse proprio grazie ad una scrittura contemporanea e scorrevole.
La storia è quella di un paese rurale dell'Alentejo, ambientata negli anni '80, ma che sembra molto più simile ai nostri anni '60 per lo stile di vita che viene narrato; non ci scordiamo che in Portogallo fino al 1974 c'è stata la dittatura e ciò ha sicuramente influito su una maggior preservazione delle tradizioni e del modo di vivere all'antica, soprattutto nei paesi dell'entroterra.
Ho scritto che è la storia di un paese perché Galveias è il nome della freguesia di cui è originario l'autore, ogni capitolo ci presenta nuovi personaggi che poi si ritrovano talvolta nei capitoli successivi solo di sfuggita,  personaggi legati tra loro in qualche modo che tessono una ragnatela umana che va a creare la trama di una società intera. Una specie di puzzle in cui i personaggi non vengono approfonditi eccessivamente a livello psicologico bensì sembrano finalizzati a dare una visione d'insieme, sembrano comandati da pensieri e bisogni abbastanza elementari ( cosa tipica dei luoghi in cui la vita è molto dura e non c'è tempo e voglia di filosofare), ci forniscono un quadro ruvido di una realtà che forse solo da pochi anni sta andando a scomparire. L'ho definito un libro aspro perchè poco o nulla concede alla tenerezza e al sentimentalismo ed i fatti di cui si narra sono per lo più spiacevoli e talvolta anche orribili.
Nel complesso mi è piaciuto abbastanza anche se su temi simili, in cui si analizza un tessuto sociale, ho letto altri libri maggiormente psicologici e politicamente espliciti che mi sono piaciuti maggiormente, come ad esempio  Il mare non bagna Napoli o Cristo si è fermato ad Eboli.



mercoledì 6 gennaio 2016


Quer pasticciaccio brutto de via Merulana
Di Carlo Emilio Gadda
Editore: Garzanti
Lingua: Italiano | Numero di pagine: 275 
Formato: Tascabile economico
Isbn-10: 8811666422 | Isbn-13: 9788811666424 
Data di pubblicazione: 01/02/1987



Acrobazie letterarie  ( 3,6 stelle) 

Lettura non facile questo pasticciaccio di nome e di fatto, soprattutto inizialmente quando mi sono trovata a passare in modo continuo da un tipo di linguaggio all'altro senza sapere chi ringraziare.
Di fatto la trama poliziesca mi è sembrata più che altro un pretesto per mostrare uno spaccato umano e sociale che a mio parere ha prevalso sulla storia. Alcuni sostengono che il libro non sia compiuto e che le varie versioni cinematografiche e televisive si siano arrangiate a trovare un colpevole più definito che nel romanzo, ma come ripeto credo che la trama fosse davvero solo un pretesto, e tutto sommato mi pare che comunque una fine ci sia e che il colpevole, anche se non dichiarato in modo eclatante, sia stato scoperto.
Dopo lo smarrimento iniziale ed il fastidio per un uso smodato del romanesco ho avuto modo di apprezzare la qualità e la capacità stilistica dell'autore che ha rivelato di sapersi destreggiare con linguaggi forbiti e popolani dai vari accenti, di saper spaziare in vari mondi e di saperli descrivere tutti molto bene allo stesso tempo, e questo è un grande talento.
Purtroppo a dispetto della bravura di Gadda non mi sono apassionata al libro proprio a causa della trama, troppo densa di personaggi e quindi per me quasi impossibile da seguire, ahimé avendo una memoria soprattutto visiva mi sono decisamente persa nel marasma di nomi presentati; per quanto possa trovare lo stile interessante la storia costituisce  almeno il cinquanta per cento del libro, e se non sono capace di seguirla son dolori.
Dopo essermi documentata un po' ho deciso di guardare la versione cinematografica del romanzo che pare sia realizzata molto bene ( Un maledetto imbroglio, diretto da Pietro Germi e uscito nel 1959), per vedere se almeno vedendo in faccia i vari protagonisti riesco a godere maggiormente della storia seppur non sia quella la colonna portante del libro.

domenica 3 gennaio 2016

Il cardellino di Donna Tartt


Il cardellino
Di Donna Tartt
Editore: Rizzoli
Lingua: Italiano | Numero di pagine: 896
Isbn-10: 8858665171 | Isbn-13: 9788858665176 
Data di pubblicazione: 2014-03-xx | Edizione 1
Traduttore: Mirko Zilahi de' Gyurgyokai
 
 
 
 

Un Pulitzer deludente 

Ma siamo sicuri che questa autrice abbia vinto il Pulitzer con questo libro? Cosa si sono fumeti i membri della giuria?
Paragono questo romanzo ad un soufflé tirato fuori dal forno troppo presto: una spinta iniziale che si affloscia e si sgonfia man mano che si procede con la lettura.
Se tale opera fosse stata scritta da un esordiente avrei dato tre stelle perchè oggettivamente ha degli spunti interessanti e delle parti appassionanti, ma se me la presentano come vincitrice di un premio così prestigioso e, soprattutto se la paragono ad altre opere che hanno meritato lo stesso Pulitzer, allora le due stelle sono d'obbligo. Realmente questo è un libro di cui si può fare a meno.
896 (!!!) pagine che potevano essere ridotte benissimo alla metà e anche meno, ripetitivo e allungato con particolari e vicende inutili, personaggi poco approfonditi nonostante l'apparente intensità della storia...insomma un pappone in cui è finito di tutto e di più ma del quale alla fine non mi è rimasto niente, se si esclude una sorta di tendinite al polso dovuta allo sforzo di reggere il tomo.
Hanno paragonato questo romanzo a quelli di Dickens, personalmente non ho letto nulla di quest'ultimo ed ho visto soltanto delle trasposizioni cinematografiche delle sue storie che, a dire il vero, non mi sono piaciute affatto. Menomale che non l'hanno paragonato a Tolstoj, altrimenti sarei insorta pubblicamente ed avrei fomentato una rivoluzione.
Quello che mi dispiace è che l'inizio di questo romanzo è molto bello e coinvolgente, così ben descritto da farti vivere realmente ciò che il protagonista racconta, poi cambia registro, sembra quasi che a continuare la storia sia un'autrice diversa, incapace di mantenere il livello della prima parte.
Un romanzo così lungo deve essere perfetto come lo è Anna Karenina, deve lasciarti qualcosa, deve avere in sé qualcosa di immortale che rimane indipendentemente dalle epoche, altrimenti viene fuori soltanto una storia buona per una telenovela o in questo caso per un film d'azione.
Volete leggere un Pulitzer che valga davvero la pena? Allora leggete Olive Kitteridge di Elizabeth Strout oppure Le ore di Michael Cunningham. Non sono malvagi nemmeno Lezioni di respiro di Anne Tyler o Amatissima di Toni Morrison, da lasciar perdere invece a mio avviso Middlesex di Jeffrey Eughenides, forse pure peggiore di questo "Cardellino".
Unico lato positivo di questa lettura è lo stimolo creativo derivatone e sfociato nella realizzazione di un "reggilibro da letto",  attrezzo fondamentale per riuscire a finire il malloppone senza distruggere il polso in modo definitivo, realizzazione di cui ringrazio pubblicamente mio marito per l'aiuto tecnico.
Reggilibro da letto, realizzato artigianalmente con scarti di cavalletti da pittura.

venerdì 1 gennaio 2016

Sette cioccolatini di Sergio Piccolotto

Sette cioccolatini
Racconti Di Sergio Piccolotto 
Editore: Marco Del Bucchia
Lingua: Italiano | Numero di pagine: 77
Formato: Paperback Isbn-10: 8847107571 | Isbn-13: 9788847107571






Piacevole

"Leggilo nel periodo di Natale" mi ha detto Sergio Piccolotto quando mi ha dato questo libro, ed io ho seguito il suo consiglio.
Si tratta di una serie di racconti molto brevi che ruotano per tematica intorno al Natale anche se non vi sono legati a doppio filo. Si tratta di storie scritte in modo molto piacevole ed ambientate in modo credibile, l'amico Sergio è un moderno Salgari, capace di parlare di luoghi in cui non è mai stato. In alcuni racconti a mio parere è mancata un po' di chiarezza, la storia ha risentito di un'eccessiva brevità. Vorrei che il prossimo prodotto letterario di Piccolotto fosse un racconto più lungo, nel quale possa esprimere appieno la sua capacità di scrittore e di persona.

martedì 22 dicembre 2015


Memorie di Adriano
Seguite dai taccuini di appunti
Di Marguerite Yourcenar
Editore: Einaudi (Gli Struzzi, 340)
Numero di pagine: 330 | Formato: Paperback  Isbn-10: 8806600117 | Isbn-13: 9788806600112



 

Un ascolto tormentato


Premetto che in realtà non ho letto il libro ma ho ascoltato la versione audio di Ad Alta Voce di Radio Tre supportandomi con l'ebook. Solitamente udire l'audiolibro è la stessa cosa che leggere un cartaceo ma in questo caso credo che il tomo sia stato leggermente ridotto, tuttavia, ridotto o no, non cambia la percezione della grandiosità di quest'opera. Purtroppo la mia lettura-ascolto è stata tormentata dall'inserimento di una dose eccessiva di musiche che ho trovato detestabili e che a tratti mi hanno realmente irritato il sistema nervoso, un conto è inserire qualche piccolo intermezzo musicale, un altro è su venti minuti di lettura inserirne dieci di musiche angoscianti... ma passiamo oltre.
Questo testo è un vero capolavoro letterario, la Yourcenar fa sembrare quasi reale questo memoriale sia per la profonda conoscenza dell'antichità sia per l'esposizione chiara e sontuosa dei concetti. Sicuramente ci sono delle incongruenze o delle affermazioni troppo profetiche perchè possano sembrar  pensate realmente in quell'epoca, ma a dire il vero non importa molto e questo avvertire che la storia è stata scritta in epoca moderna non rovina l'effetto veridico e soprattutto non ne inofficia la validità letteraria.
Sicuramente "Memorie di Adriano" non è una lettura leggera e, nonostante le accuse mosse all'audiolibro ascoltato, credo che se avessi dovuto leggere la versione cartacea la sera prima di dormire forse avrei desistito. 

CITAZIONI

“difficile rimanere imperatore in presenza di un medico; difficile anche conservare la propria essenza umana: l'occhio del medico non vede in me che un aggregato di umori, povero amalgama di linfa e di sangue”

“Chiunque può morire da un momento all'altro, ma chi è malato sa che tra dieci anni non ci sarà più. ”

“Che cos'è l'insonnia se non la maniaca ostinazione della nostra mente a fabbricare pensieri, ragionamenti, sillogismi e definizioni tutte sue, il suo rifiuto di abdicare di fronte alla divina incoscienza degli occhi chiusi o alla saggia follia dei sogni? L'uomo che non dorme da qualche mese a questa parte ho fin troppe occasioni di constatarlo su me stesso si rifiuta più o meno consapevolmente di affidarsi al flusso delle cose.”

“Non mi è mai piaciuto guardare le persone che amavo mentre dormivano: si riposavano di me, lo so bene; mi sfuggivano, anche. E non c'è uomo che non provi vergogna del proprio viso, guasto dal sonno.”

“Considerata in se stessa, questa giovinezza tanto vantata il più delle volte mi appare come un'epoca ancora rozza della nostra esistenza, un'età opaca e informe, malsicura e fuggevole.”
“Non tutto era bello in quell'avvento d'una classe media laboriosa che s'affermava a sostegno d'un cambiamento di regime imminente: l'onestà politica vinceva la partita ma si serviva di stratagemmi alquanto loschi. <...> gli uomini nuovi, ai quali mi legavano vincoli di famiglia, forse non erano poi tanto diversi da quelli che si accingevano a soppiantare: erano, più che altro, meno insudiciati dal potere.”

“La morale è una convenzione privata; il decoro è una faccenda pubblica: qualsiasi licenza allo scoperto m'ha fatto sempre l'effetto d'un'ostentazione di bassa lega”
“Bisogna che lo confessi: credo poco alle leggi. Se troppo dure, si trasgrediscono, e con ragione. Se troppo complicate, l'ingegnosità umana riesce facilmente a insinuarsi entro le maglie di questa massa fragile, che striscia sul fondo. Il rispetto delle leggi antiche corrisponde a quel che la pietà umana ha di più profondo; e serve come guanciale per l'inerzia dei giudici. Le leggi più antiche non sono esenti da quella selvatichezza che miravano a correggere, le più venerabili rimangono ancora un prodotto della forza. La maggior parte delle nostre leggi penali e forse è un bene non raggiungono che un'esigua parte dei colpevoli; quelle civili non saranno mai tanto duttili da adattarsi all'immensa e fluida varietà dei fatti. Esse mutano meno rapidamente dei costumi; pericolose quando sono in ritardo, ancor più quando presumono di anticiparli. E tuttavia, da questo cumulo di innovazioni pericolose e di consuetudini antiquate emerge qua e là, come in medicina, qualche formula utile. I filosofi greci ci hanno insegnato a conoscere un po' meglio la natura umana; i nostri migliori giuristi da qualche generazione rivolgono le loro cure nella direzione del senso comune. Ho posto in atto anch'io talune di quelle riforme parziali che sono le sole durevoli. Ogni legge trasgredita troppo spesso è cattiva; spetta al legislatore abrogarla o emendarla, per impedire che il dispregio in cui è caduta quella stolta ordinanza si estenda ad altre leggi più giuste. Mi proposi d'eliminare cautamente le leggi superflue e di promulgare con fermezza un piccolo numero di saggi decreti. Sembrava giunta l'ora di riesaminare, nell'interesse dell'umanità, tutte le prescrizioni antiche.”

“Non credo che alcun sistema filosofico riuscirà mai a sopprimere la schiavitù: tutt'al più, ne muterà il nome. Si possono immaginare forme di schiavitù peggiori delle nostre, perché più insidiose: sia che si riesca a trasformare gli uomini in macchine stupide e appagate, che si credono libere mentre sono asservite, sia che si imprima in loro una passione forsennata per il lavoro, divorante quanto quella della guerra presso le razze barbare, tale da escludere gli svaghi, i piaceri umani. A questa schiavitù dello spirito o dell'immaginazione umana, preferisco ancora la nostra schiavitù di fatto. Qualunque cosa avvenga, la condizione orribile che mette l'uomo alla mercè d'un altro uomo esige un'attenta regolamentazione giuridica. Ho provveduto affinché lo schiavo non sia più una mercanzia anonima che si vende senza tener conto dei legami di famiglia che si è creati, un oggetto spregevole la cui testimonianza non viene accolta dal giudice se non dopo averlo sottoposto alla tortura, invece di accettarla sotto giuramento. Ho proibito che lo si obbligasse a mestieri disonoranti o rischiosi, che lo si vendesse ai tenutari di postriboli o alle scuole per gladiatori. Coloro che si compiacciono di queste professioni, le esercitino pure: le eserciteranno meglio.”

“La condizione della donna è determinata da strani costumi: esse sono sottoposte e protette allo tempo stesso, deboli e potenti, troppo disprezzate e troppo rispettate.”

“Una parte dei nostri mali dipende dal fatto che troppi uomini sono oltraggiosamente ricchi, o disperatamente poveri.”

venerdì 11 dicembre 2015

La frontiera scomparsa di Luis Sepùlveda

La frontiera scomparsa
Di Luis Sepúlveda
Editore: Guanda (Narratori della Fenice)
Numero di pagine: 125 | Formato: Paperback
Isbn-10: 887746853X | Isbn-13: 9788877468536 
 Data di pubblicazione: 1996-xx-xx | Edizione 1
Traduttore: Ilide Carmignani






Soft (3,5 stelle)  

Un romanzo autobiografico suddiviso in capitoli che di fatto sono dei racconti, degli episodi staccati della stessa vita e della stessa storia. La cosa che mi ha stupito maggiormente è la leggerezza, l'ironia con cui Sepùlveda affronta certi temi drammatici come la prigionia, la tortura, l'esilio. Ci sono cose qui descritte che a me sembrano impossibili da affrontare per un corpo e lui ne parla da persona uscitane non solo viva, ma che ha mantenuto la mente sana e la capacità di raccontare i fatti quasi con noncuranza.
Nell'insieme è un bel libro che tuttavia non ha toccato le mie corde in modo particolare, una lettura che è scorsa veloce e piacevole senza troppi scossoni.

Citazioni:

La paura inondava tutto. E nella paura si annida il sinistro uccello della delazione.