- La Marchesini è faticosa, sovrabbondante, poeticamente logorroica. I suoi racconti ti soffocano quasi, le sue frasi a volte sembrano non finire mai e tu implodi mentre le leggi.
Ciononostante è brava. Ha una capacita d’immedesimazione fuori dal comune, mentre la leggi pensi che stia scrivendo con cognizione di causa perchè ciò di cui parla lo ha vissuto sulla propria pelle, anche quando racconta della morte sembra che l’abbia vissuta in prima persona e che per chissà quale miracolo sia resuscitata per venire a raccontarcela.
Il difetto maggiore rimane la ridondanza. La prima frase è perfetta, basterebbe a capire il tutto ma la Marchesini ci torna e ci ritorna, ripetendosi e modificando le parole per dire ciò che aveva già detto splendidamente fin da subito, per rafforzare ciò che si era già capito benissimo alla prima, e questo appesantisce, soffoca.
Devo dire che su nove racconti solamente tre mi sono piaciuti moltissimo, gli altri chi più e chi meno hanno rappresentato ai miei occhi più che altro un’esercizio stilistico. Però quei tre valgono il libro.
“La signorina Iovis” con la sua figura patetica, con la sua esistenza “striminzita”, mi ha commossa.
In “Lisetta” si assiste ad una bellissima analisi della perdita, del dolore, dei rapporti umani di amore ed amicizia.
“In punto di morte” è il racconto che mi ha colpita maggiormente, per la capacità di farti entrare nel corpo immobile del moribondo, nei suoi pensieri, per la delicatezza con cui descrive la catarsi di un’esistenza di solitudine nell’ultimo attimo di vita.
Anche “Le evidenze” mi è piaciuto ma in questo racconto la verbosità è stata davvero eccessiva.
La Marchesini è brava ad entrare nelle persone, ad osservarle nell’intimo, a sapercele restituire con un raro talento umano; è meno brava stilisticamente, ossia, è troppo brava stilisticamente, talmente brava che diventa troppo.
Personalmente trovo che se snellisse appena appena la sua scrittura sarebbe una sintesi perfetta di anima e forma, ma è un parere puramente soggettivo.
Citazioni:
“La signorina Iovis in tutta la sua vita si era storta una caviglia.
Con ogni probabilità, anzi di certo con ogni evidenza, codesto evento più di ogni altro aveva rappresentato l’accadimento di maggiore rilevanza di tutta la sua striminzita esistenza.” (“La signorina Iovis”)
“Il dolore aveva assunto le sue misure la sua forma, lui lo indossava come una vestaglia dentro casa per strada, ci viveva insieme, era tutt’uno.” (“Lisetta”)
“la sua coscienza, era rimasta ancora completamente lucida e continuava a respirare sommersa sotto i resti, le reliquie evidenti della disgregazione del suo corpo, era come se fosse rimasto vivo sotto le macerie della sua casa crollata per effetto di un terremoto; dunque doveva solo attendere ancora, non doveva muoversi, solo aspettare non c’era nulla da fare, nessun soccorso da chiamare”(“In punto di morte”)
mercoledì 26 febbraio 2014
Moscerine di Anna Marchesini
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