sabato 28 febbraio 2015

Grazie per quella volta di Serena Dandini


Grazie per quella volta (confessioni di una donna difettosa) 
Serena Dandini
Marchio: Rizzoli
Collana: VARIA
Pagine: 252
Formato libro: 20 x 13
Tipologia: BROSSURA








Grazie per due piacevoli pomeriggi (3,6 stelle)   

Dopo la tragica lettura di Laura Pariani, avevo un bisogno estremo di leggerezza e umorismo per riprendermi, e qui li ho trovati.
Serena Dandini, con il consueto charme, riesce a parlare di cose piccole e grandi comuni a molte donne, senza scadere nella solita tiritera autolesionistica o nell'eccessivo desiderio di voler far ridere a tutti i costi.
E' una lettura simpatica, intelligente seppur senza troppe pretese, che fa sorridere e riflettere su quanto in fondo siamo tutti molto simili seppur diversi nelle piccolezze di ogni giorno, e diventa inevitabile riconoscersi in una o più situazioni raccontate nei vari capitoli con lo stile ironico della Dandini.
Consigliato per svagarsi. Alcuni passaggi sono delle vere chicche.

Citazioni:

citazione di Serena Dandini su quadro rielaborato di Monica Spicciani


Ma se le nostre madri erano arrapanti con il mutandone nero sopra a un pagliaio, perché noi dobbiamo strisciare sotto la dittatura del push up?

Vogliamo essere intrattenuti, distratti e consolati da gadget senza vita che possiedono l'enorme vantaggio di non chiedere mai niente in cambio, se non un po' di manutenzione.

Fanno molta tristesa le persone devastate dal proprio ego e che non se ne rendono conto. Come se avessero una malattia grave ma fosse ormai troppo tardi per fronteggiare la situazione: vanno a ruota libera e nessuno ha più la forza di farglielo notare, tanto si tratta di una causa persa. <...> Non si stancano mai di parlarsi addosso e, se per caso siete riusciti a inserirvi in una pausa del loro monologo, non ascoltano una parola di quel o che state dicendo: aspettano solo di ricominciare il loro discorso, praticamente vi prestano l'attenzione che si dà a un'interruzione pubblicitaria durante un film da Oscar.

Il vecchio è incattivito perché il mondo non è andato proprio come se lo immaginava, e non fa niente per nascondere la sua delusione. In una società che ha fatto del 'eterna giovinezza una categoria morale assoluta l'unico benvoluto è il vecchio arzil o, il nonnetto tutto pepe, gonfio di Viagra, che si agita più dei nipotini condendo il suo eloquio di ritriti doppi sensi e occhiatine complici; un guaio averlo in famiglia, peggio ancora a chi è capitato come capo del governo.

Lasciarsi sfiorire con grazia non è più concesso, bisogna essere fotogenici, telegenici, di bella e fresca presenza, sempre.

mercoledì 25 febbraio 2015

Dio non ama i bambini di Laura Pariani


Dio non ama nessuno  

“Che senso ha trasformare un evento reale in un romanzo, se non si può cambiare ogni cosa, soprattutto il finale? Che senso ha raccontare una storia, se non quello di risvegliare il desiderio di una vita diversa che tutti nascondono in sé?”

Passi di: Laura Pariani. “Dio Non Ama I Bambini”

Laura Pariani si è rivelata per l'ennesima volta una grande scrittrice, capace di portare il lettore dentro le storie e di fargliele  sentire sulla propria pelle. Non è stata una lettura facile, l'argomento è crudele e le descrizioni così reali che, se non fosse per il valore culturale e letterario intrinseco, si potrebbe definire questo libro un "horror".
Il guaio è che per raccontare certe storie, certe situazioni, e farle arrivare nella loro verità, non si possono fare sconti sulle parole da usare, non si possono dare versioni edulcorate della realtà se è proprio della realtà che vogliamo parlare, certi fatti si possono descrivere solo usando i termini corretti altrimenti ci stiamo a raccontare le novelle. La Pariani parte da fatti realmente accaduti nell'Argentina nei primi del '900, il romanzo è ambientato a Buenos Aires nei quartieri degli immigrati, soprattutto italiani, e ci offre una fotografia realistica e umanamente sconvolgente, di ciò che era la vita per la classe povera del nostro popolo costretto ad emigrare.
Il sudiciume, l'ignoranza, l'assenza di diritti per le donne e per i bambini, una cultura di sopruso che oggi fatichiamo a pensare possibile tra la nostra gente, ma che solo cento anni fa era la norma.
La cosa che mi ha colpita è che solo un secolo ci separa da queste storie, e a noi, che oggi ci consideriamo così evoluti, anche per quanto riguarda i diritti umani, può sembrare impossibile essere passati per una tale barbarie. Ma la cosa che mi ha sconvolta maggiormente è che in realtà nessun secolo ci separa da questo modo di vivere bruto, la condizione dei nostri emigranti in Argentina di cento anni fa è la stessa dei disgraziati che arrivano adesso sulle nostre coste sui barconi, gente disperata che non ha nulla da perdere e viene in Italia nella speranza di una vita migliore, con la differenza che oggi emigrano anche i laureati.
La condizione della donna, che nella nostra cultura ha fatto passi da gigante, in alcune popolazioni è rimasta ai limiti della schiavitù, proprio come leggiamo in questo libro, perchè anche le donne italiane sono state trattate come schiave, come esseri buoni solo a fare figli e a spaccarsi la schiena.
Il dato che emerge con prepotenza è che l'ignoranza, la mancanza d'istruzione, sono i pilastri base della mancanza di diritti, degli atteggiamenti barbari e brutali, della cattiveria che si sviluppa tra i poveracci; quindi questa gente è disgraziata non solo perchè vissuta cento anni fa, ma soprattutto perchè cento anni fa moriva di fame e non aveva un minimo di istruzione. Se adesso in Italia ci sentiamo lontani anni luce da certe situazioni non è tanto merito del tempo passato quanto di un'evoluzione culturale dovuta ad un'istruzione diffusa e alla portata di tutti, nonché ad un benessere economico ragionevole per la maggior parte delle persone. Sta di fatto che in certi quartieri poveri, in certi ambienti dove la cultura e l'istruzione non arrivano, tutt'ora si vivono situazioni analoghe, la differenza è che prima quella era la normalità e la maggioranza, mentre oggi è un eccezione e una minoranza.
Ho durato una fatica immensa a leggere questo libro, ciò che racconta fa male, è cattivo, spietato, ma ho resistito perchè il messaggio che la Pariani vuole dare merita di essere ascoltato e recepito.
Dio non ama i bambini, ma non ama nemmeno le donne, e nemmeno gli uomini, non ama le vittime e nemmeno i carnefici, Dio non ama nessuno, se realmente esistesse non permetterebbe certi scempi, ma questo è il mio pensiero personale da agnostica-ex-cattolica.
Questo è un romanzo che dovrebbe leggere chi si riempie la bocca di propaganda contro gli immigrati, chi urla "fuori dalle balle" dovrebbe leggere cosa passavano e cosa vivevano i nostri avi che scappavano dall'Italia perchè non avevano di che vivere, dovrebbero sapere che durante la storia vari popoli, tra cui il nostro, sono passati per momenti di grande difficoltà e sono stati costretti a scappare.


I populisti che cavalcano l'onda del malcontento e che fanno della lotta all'immigrazione una bandiera dovrebbero sapere soprattutto che l'unico modo di affrontare certe situazioni è quello di fornire istruzione a tutti, perchè l'istruzione, quella vera, è nemica della violenza, della fame, della crudeltà, dei soprusi.
Ovviamente con questo mio piccolo commento al libro della Pariani non voglio offrire soluzioni facili e ingenue ai problemi enormi che ci affliggono, non ho le capacità e nemmeno le possibilità per fornire ricette miracolose ai guai dell'umanità, voglio solo porre l'attenzione sulla leggerezza con cui certi argomenti vengono liquidati e su come troppo spesso ci si dimentichi che da certe paludi ci siamo passati anche noi.

"Dio non ama i bambini" è un libro duro ma molto bello. Leggetelo.

Citazioni


"Cos'è la paura? 'na gromma depositata dentro ognuno di noi; e che talvolta si liquefa, e allora pensiamo che succeda per certi motivi, par chéstu o par chélól; cose che invece stan facendo solo da schermo. Perché la paura nasce dal silenzio."

"è diventata una consuetudine la "cama cariente": il padrone di un'abitazione affitta un letto a ore, cinque o sei letti per ogni stanza; gli immigrati dormono quattro ore, poi vengono svegliati e nel letto ancor caldo si sdraia qualcun altro che nel frattempo è rimasto ad aspettare il suo turno nel patio"

"La miseria che spinge al delitto, l'ignoranza dei genitori spesso analfabeti che ancora non comprendono l'importanza dell'istruzione per i propri figli, la necessità di una degradante vita in comune, la frequenza con cui in tale promiscuità i piccoli assistono a fatti crudeli, la perenne depressione dello spirito, le ingiustizie patite ogni giorno, pervertono e distruggono i principi della vita morale che ogni giovane vita possiede."

"Pensa al figlio che aspetta e vorrebbe che fosse già nato. Quel bambino uovo che sta nascosto dentro di lei. Sperando sia davvero un maschio. Altrimenti sarebbe meglio non nascesse."

"Come se bastasse voler lavorare per trovare un impiego. Lo dificil es encontrar trabajo. Lo dificil è non ammattire, non avvilirsi, reprimere il desiderio di ammazzare chi ti sbatte la porta sul muso."

"si capiva che gente al pari nostro non poteva passare, non tanto per i soldi che al mondo si può anca rubarli, ma perché eravamo differenti nella testa e nell'anima per tutto quanto non avevamo ricevuto dalla scuola e dalla famiglia"

"'sti italiani protestano perché vogliono cambiare la propria condizione, fare come i padroni, ma essere capi non è da tutti, bisogna nascerci col sangue adatto, studiare, educarsi. Certo che ci stanno cose che dovrebbero essere cambiate, chi lo nega, ma con calma, perdio, non si può guidare un cavallo da corsa con mano inesperta, solo chi ha le redini in mano sa la strada, mica la bestia nata per il lavoro, gli immigrati la politica non la capiscono, cosa possono sapere con quel cervello da gallina. Perfidi, capaci di fartela sotto il naso, in quello sono davvero esperti."

"sente di avere in pugno la folla: nella vita vince chi conosce meglio la gente, il burattinaio che sa muovere meglio i gioppini. E lui sa farlo"

"Credo che per certe persone impazzire sia l'unico modo per non pensare più a quello che fa male"



“DAL FOGLIO ANARCHICO "IL FRATELLO VENDICATORE", dicembre 1908
Credo nell'uomo, essere potente, creatore del progresso, principio di tutte le felicità sopra la Terra, e nella libertà individuale, suo unico mezzo, conseguita per opera delle sue sole forze: nacque dalla vergine anarchia primitiva, pati sotto il potere della religione e dello Stato; fu crocifisso, morì e fu sepolto nella persona dei propagandisti; discese all'inferno del feudalesimo e tre secoli dopo resuscitò tra gli oppressi, salì ai cieli dei governi mesocràticos, està sentado por la diestra burguesìa todopoderosa e da li ha da venire a giudicare ed estinguere abusi e privilegi; credo nello spirito del progresso incessante, nella Scuola sociologica, riformista aerata, nella scomparsa di tutti i privilegi, en la resurrección de la justicia y en la vida perdurable del bienestar humano, por virtud de mis principios anarquistas. Amen.”

Passi di: Laura Pariani. “Dio Non Ama I Bambini”

domenica 22 febbraio 2015

La danza del mondo di Maria Pia Ammirati


Genereletteratura italiana
Listino:€ 10,00
Editore:Mondadori
Collana:Oscar contemporanea
Data uscita:15/04/2014
Pagine:204
Formato:brossura
Lingua:Italiano
EAN:9788804637974



Molta attesa per nulla  

(del perché abbandonare un libro arrivando nemmeno a metà)

Dopo l'innamoramento per Maria Pia Ammirati in seguito alla lettura del suo racconto "Le voci intorno" ho atteso questo romanzo pregustandomi belle emozioni.
Mai storia d'amore letteraria fu così breve.
Fin da subito ho sentito un'ostilità, un rifiuto verso la vicenda narrata, verso la protagonista, verso il libro in generale e sinceramente non riesco a spiegarmi bene il perchè; non ho la capacità di tradurre in qualcosa di razionale ed in parole questa mia avversione, so solo che per ben due sere mi sono sforzata di proseguire nella lettura ricevendo in cambio un disagio quasi fisico. Ma si può star male per voler leggere un libro a tutti i costi? Ovviamente no. Dopo 90 pagine ho detto basta.
Lo stile della Ammirati non è male, in alcuni passaggi si nota una capacità notevole di tradurre in parole concetti e sensazioni, ma non lo sento autentico; non mi arriva quel senso di verità che talvolta trovo nei romanzi che ritegno di un certo livello. In questo libro il tutto mi appare freddo e ragionato, senza avvicinarsi tuttavia al distacco autoriale che di alcuni grandi scrittori è diventato sinonimo di uno stile ben preciso ed una griffe.
La protagonista mi è decisamente antipatica, inconsistente ed inconcludente; essendo presente nel  libro come io narrante, Linda si definisce "una ragazza" all'età di 25 anni, che in effetti non sono molti, ma nemmeno così pochi da rendere attraente un'atteggiamento da bambinetta disturbata. Questo scrivere in prima persona a mio parere si può rivelare un'arma a doppio taglio, sicuramente rende più facile l'empatia con il lettore e la restituzione di pensieri e sensazioni, ma può anche somigliare al diario segreto di una donna con capacità letterarie decenti e fermarsi lì.
Questo è un libro che mi pare più adatto alla realizzazione di una fiction televisiva più che alla lettura in sé per sé, una storia d'amore, per quanto scritta accuratamente, che mi rammenta le centinaia di librini rosa letti durante l'adolescenza (vedi collezione Harmony), un percorso di maturazione alla Siddartha che sinceramente risulta un po' forzato... beh, forse, mentre scrivo queste impressioni sto focalizzando i motivi xhw credevo inafferrabili per cui sento che non vale la pena continuare con questa lettura.
No, decisamente non ho nessuna voglia di dedicare a "la danza del mondo" altro tempo ed altra energia.

mercoledì 18 febbraio 2015

Memorie di una lettrice di Anna Cucchi


Generi Romanzi e Letterature » Romanzi italiani
Editore Pacini Fazzi
Formato Brossura
Pubblicato 24/01/2007
Pagine 160
Lingua Italiano Isbn 9788872468111

 




Sono arrivata tardi

Non ricordo come questo libro sia finito nei miei scaffali e da quanto tempo fosse lì, so solo che sono arrivata troppo tardi per poter conoscere di persona l'autrice. 
Anna Cucchi ha vissuto nelle mie zone, nata a Lucca racconta in questo libro della sua gioventù in questa città a me carissima, ed è stao un piacere enorme per me ritrovare luoghi e nomi familiari e soprattutto trovare conferme e corrispondenze con gli aneddoti raccontati a me da mio padre, originario anche lui della lucchesia. 
La scrittura scorre fluida e si scoprono piacevolmente le letture più significative della vita di Anna, le storie dei vari romanzi vengono accennate e si spiega il motivo per cui abbiano segnato la sua crescita nelle varie fasi della sua vita, i romanzi letti da Anna si intersecano con l'esperienza personale dell'autrice e si fondono in un'unica esperienza di maturazione. 
Mi sarebbe piaciuto conoscere di persona quest'anziana signora non appena ho iniziato a leggere le sue memorie, purtroppo quando mi sono informata sulla sua biografia ho visto che è venuta a mancare nel 2007. Credo che sia l'unico libro che abbia scritto, più che un romanzo è una vera e propria memoria di letture che si legge con estrema piacevolezza, sia per lo stile formale che per l'intelligenza dell'autrice, che traspare da ogni riga.

lunedì 16 febbraio 2015

Na rua das Lojas Escuras - Via delle Botteghe Oscure di Patrick Modiano

Editor: Relógio D'água
Ano de edição: 1988
Tipo de artigo: Livro
ISBN: 9789727080793
C.I.: 00000256047
Número de páginas: 185
Local edição: Lisboa
Idioma: Português
Encadernação: Brochado
Prémio: Nobel da Literatura




Editore: Bompiani
Data uscita:26/11/2014
Pagine:-
Formato:EPUB
Lingua:Italiano
EAN:9788858764435

 

 

Lettura Doppia Italo-Portoghese per un libro Francese   

(3,8 stelle)  

(versão em Português abaixo)


Della serie come complicarsi inutilmente la vita. E sto parlando di me non del libro in questione. Sicuramente non è una scelta particolarmente felice decidere di leggere un autore in una lingua che non è né la sua né la mia, e dico questo non perchè sia stata un'operazione inutile, bensì un po' sciocca. La lettura è stata abbastanza agevole anche in portoghese, tuttavia mi sono resa conto che, seppur percependo l'atmosfera del libro, alcuni passaggi "tecnici" mi sfuggivano, e così ho finito per leggere in parallelo anche l'ebook tradotto in italiano. Dopo questa esperienza credo che la prossima volta i miei acquisti lusofoni saranno dedicati solo ad autori portoghesi. Va detto a mia discolpa che, quando alla libreria Bertrand di Lisboa cercavo un po' di souvenirs libreschi, Modiano aveva da poco vinto il Nobel per la letteratura, ed io ho voluto fare un patto e due servizi unendo curiosità e studio.
A dire il vero non è il primo romanzo che leggo di questo autore, avevo già sperimentato "Nel caffè della gioventù perduta", e sinceramente qui vi ho ritrovato le stesse atmosfere seppur la storia sia diversa.
Inizialmente il taglio è  investigativo ed invoglia il lettore a proseguire per sciogliere il mistero che avvolge il protagonista, poi però diventa un po' meno incalzante anche se ogni capitolo porta sempre nuove notizie. Il fatto che invogli a correre verso la fine, per quanto mi riguarda è un po' negativo in quanto la mia curiosità la fa da padrona e mi costringe a tralasciare di gustare alcuni passaggi, paradossalmente trovo il libro più apprezzabile nelle sua parti meno poliziesche, più riflessive.
Anche in questo romanzo ho respirato la stessa aria fumosa e malinconica dell'altro libro che avevo letto di Modiano. La ricerca di sé stesso del protagonista è circondata da personaggi e figure malinconiche, una serie di ritratti in una galleria che va a ritroso nel tempo, immagini sbiadite su una fotografia e ancor più nella memoria. Le persone muoiono e con loro sparisce anche il ricordo di ciò che è stato e riprendere i fili  della storia è sempre più difficile. Questo accade anche nella vita, anche a chi non ha avuto un'amnesia ma semplicemente vuole ritrovare se stesso e i frammenti della sua esistenza più lontana, e si finisce per non sapere più cosa è stato perchè molti sono morti e chi è rimasto non ricorda più.
Il giudizio su questo autore alla fine rimane simile a quello già espresso, una bella lettura, scorrevole, malinconica, vaga, fumosa, irrisoluta, e soprattutto molto francese.

Citazioni:



"Gente strana, che al passaggio lascia solo una scia di nebbia che prontamente svanisce. Con Hutte chiacchieravo spesso di questi esseri di cui le orme si perdono. Nascono un bel giorno dal nulla e al nulla ritornano dopo un fugace brillio. Reginette di bellezza, gigolos, farfalle. La maggior parte, anche da vivi, non avevano più consistenza di un vapore destinato a non condensarsi mai."

"le nostre vite non sono forse così rapide a dissolversi nella sera come quel dispiacere infantile?"



Portugues

Não é uma boa escolha  ler um autor em um idioma que não é nem o sei nem o me, e eu digo isso não porque era uma operação desnecessária, mas um pouco  sola. Após esta experiência, eu acredito que a próxima vez minhas compras na Livraria Bertrand em Lisboa serão dedicadas exclusivamente aos autores portugueses.
Na verdade, não é o primeiro romance que li deste autor, eu já tinha experimentado "No café juventude perdida", e, francamente, eu encontrei aqui a mesma atmosfera, mesmo se a história é diferente.
Inicialmente, o corte de investigação incentiva o leitor a continuar resolver o mistério em torno do protagonista, mas depois fica um pouco menos premente, mesmo assim cada capítulo traz sempre novas notícias. O facto de incentivar a corrida até o fim, para mim é um pouco negativo, porque a minha curiosidade me faz esquecer de saborear algumas passagens, paradoxalmente, eu acho que o livro é melhor nas partes menos investigativas
Neste romance, eu respirava o mesmo ar, e a saudade de outro livro que eu li por Modiano. O protagonista está rodeado por personagens e figuras melancólicas, uma série de retratos em uma galeria que vai voltar atras no tempo, uma imagem fraca de uma fotografia e ainda mais da memória. As pessoas morrem e com eles desaparece também a memória do que foi, e encontrar o fio da história é sempre mais difícil. Isso também acontece na vida, mesmo para aqueles que não tem amnésia, mas simplesmente quer encontrar os fragmentos da vida passada, e acabam por não saber o que era, porque muitos já morreram e os que ainda estão vivos não se lembrar mais.
Minha idéia deste autor no final permanece semelhante ao que eu tinha, uma boa leitura, deslizada, melancólica, vaga, esfumaçada e, acima de tudo, muito francês.

 

lunedì 9 febbraio 2015

Il capitale umano di Stephen Amidon

Copertina realizzata
dopo l'uscita del film di Paolo Virzì
Il Capitale umano di Stephen Amidon
Oscar Contemporanea 2008
Narrativa moderna e contemporanea
ISBN 9788804580553
420 pagine
Brossura
Traduttori: Marta Matteini







Full immersion (4,3 stelle) 

Da grande ammiratrice del regista Paolo Virzì ho naturalmente voluto vedere il suo film "Il capitale umano" ma sono stata così diligente da rimandarne la visione a dopo la lettura del libro di Stephen Amidon da cui è stato tratto.
Ho finito per fare una full immersion dove nello stesso giorno ho finito il libro ed ho visto il film, per cui mi verrà naturale in questo commento parlare di entrambi.
Innanzitutto va detto che anche se nel film la trama è stata rispettata parecchio c'è un montaggio cronologicamente diverso dei fatti ed un'assenza di compassione verso i personaggi che invece si trova nel libro. Alcune frasi salienti vengono recitate quasi pari pari, mentre i tormenti esistenziali dei protagonisti nel film vengono ignorati o solo accennati tramite uno sguardo o un espressione del viso, ma va da sé che i tempi cinematografici sono più stretti, inoltre al regista sicuramente interessava dare un messaggio diverso. Virzì ha calato la storia americana nel nord Italia, calcando la mano soprattutto sui difetti dei personaggi e rendendoli quasi dei cliché.  Amidon seppur mettendo in evidenza i grossi difetti della società e di chi la compone è stato un padre amorevole nei confronti dei protagonisti, mostrandoci sì le loro debolezze, ma facendo anche notare i loro pregi e soprattutto raccontando come sono arrivati ad essere quello che sono diventati.
Se nel film di Virzì abbiamo un padre borghese che ci ricorda tanto l'italiano medio caricaturale di Alberto Sordi, nel romanzo abbiamo un ingenuo padre smarrito che vuole fare il meglio per la sua famiglia ma che combina pasticci. La moglie psicologa del libro sembra una donna molto più centrata della mezza svampita in piena tempesta ormonale da gravidanza.  La ricca signora evanescente e insoddisfatta del film è molto più consapevole e matura nel libro, così come suo marito che nella pellicola è di un cinismo spietato mentre dalla penna di Amidon è descritto in modo molto meno feroce. I figli, sia nel libro che nel film, alla fine sono quelli che ne escono meglio, nonostante tutto, e la giovane figlia adolescente sembra l'unico essere sano e maturo in tutto questo carrozzone.
Ma abbandoniamo il cinema e concentriamoci sul libro.
Nel complesso mi è piaciuto anche se non mi ha coinvolta eccessivamente. Ho apprezzato la storia ed il modo in cui è stata scritta, soprattutto ho gradito l'analisi che Amidon ha fatto di ogni personaggio. Leggere il punto di vista di ognuno rende più imparziali, calarsi nella mente dei singoli personaggi aiuta meglio a capire il perchè di certi atteggiamenti, e la comprensione rende più tolleranti; un comportamento negativo tende ad essere maggiormente scusato se ne conosci le origini. L'autore ha sicuramente condannato certi meccanismi dei rapporti interpersonali ma lo ha fatto in modo sobrio, mostrando tutte le tonalità dei grigi e non dividendo in buoni e cattivi, in bianco e nero, e questa è stata per me un'operazione molto apprezzabile. Ciò in cui l'ho trovato più diretto è nel porre l'accento su questi due messaggio che  ho percepito come fondamentali in questo libro:  
1) in ogni catastrofe ci sarà sempre chi ne ne trarrà profitto 
2) il valore della vita umana può essere quantificato in denaro con parametri tuttaltro che umani


Citazioni:

"Una di quelle che passava da un sintomo all’altro tanto per farsi notare in un mondo brutto e crudele."

"Ian disse che odiava i ricchi, ma lei si accorse che ne era anche affascinato, come tutti, del resto."

"Nelle attese tendeva a parlare troppo, socializzando con la gente sbagliata o irritando quella giusta."

"Doveva ancora imparare il linguaggio di quella gente se voleva frequentarla."

"Lui era diventato più duro, lei invece aveva cominciato a perdersi dietro ogni brezza che le spirava accanto. Ma forse non erano cambiati affatto. Forse si era solo convinta, per vent’anni, che fosse andata così."

"Aspettava solo il momento giusto. La gioventù era uno scomodo preludio, una fase che non si sarebbe mai goduto a fondo. Il fatto che vivesse in una casa modesta con dei genitori qualunque e un
fratello minorato era solo un incidente di percorso. Che avrebbe superato presto."

"Ora, però, aveva capito. Non puoi avere dei sogni per gli altri. Neanche per i tuoi figli. Soprattutto per loro."

"Quello non era il suo mondo, non aveva abbastanza grinta per sopravvivere."

"Suo padre gli diceva sempre che il rischio delle scorciatoie è che spesso costeggiano gli strapiombi."


"Non è brillante e determinato come te, ecco cosa significa. E non serve che tu lo tormenti, lo guidi e gli faccia capire quanto ti delude. Non puoi passargli quello che non ha di natura. Quindi, o rivedi le tue aspettative o ammorbidisci il tuo concetto di correttezza."




lunedì 2 febbraio 2015

Olive Kitteridge di Elizabeth Strout

titolo: Olive Kitteridge
collana: le strade
numero: 158
pagine: 381
codice isbn: 978-88-6411-033-2
data pubblicazione: 03/07/2009





Mi leggerò tutti i Pulitzer

Questa raccolta di racconti mi conferma che  il Premio Pulitzer per la Narrativa è una fonte sicura a cui attingere per leggere ottimi libri. A dire il vero non è così, ad esempio nel 2003 vinse "Middlesex" di Jeffrey Eugenides che non mi è è piaciuto affatto, ma per contro ho amato alla follia "Le Ore" di Michael Cunningham che ha vinto nel 1999.
Olive Kitteridge è un libro di racconti che hanno come filo conduttore, talvolta decisamente labile, la protagonista da cui il titolo; si tratta di storie svolte nello spazio di una vita che hanno toccato molti nervi scoperti della mia persona e che mi hanno lasciata coinvolta e travolta allo stesso tempo.
Non è una lettura di evasione, anzi, è una lettura profonda che ti porta a sentire in modo quasi fisico gli accadimenti della vita, storie raccontate  quasi con distacco ma che ti portano inevitabilmente ad una forte introspezione. Ho trovato somiglianze con Alice Munro di cui ho letto "Il percorso dell'amore" , con la differenza che Elizabth Strout mi ha dato un coinvolgimento più intenso, forse per una minore sospensione delle storie o forse perchè i temi affrontati sono più vicini al mio vissuto.  Sicuramente si tratta di un libro che ti scava dentro, e lo fa nel modo che preferisco, con determinazione e pudore allo stesso tempo, non sopporto le storie lacrimevoli che volutamente vogliono portarti alla commozione, mentre amo chi scrive in modo puro e usa parole così precise per descrivere fatti e stati d'animo che la commozione arriva da sè come una piena, in modo autentico e prepotente.
Non mi ero accorta della bravura dell'autrice quando due anni fa lessi "Amy e Isabelle", non mi aveva colpito in modo particolare; è anche vero che sono una lettrice in evoluzione e in due anni di letture forsennate le percezioni sono cambiate parecchio, non si nasce lettori, lo si diventa, e più si leggono libri di qualità e più la sensibilità e il gusto si affinano.
Leggendo letteratura straniera si pone sempre il solito problema della traduzione, soprattutto per quanto riguarda lo stile, il non sapere mai se le somiglianze che trovi tra due autori tradotti siano reali, vedi Munro e Strout, oppure se siano dovute ad un'impronta lasciata da chi riporta in italiano frasi di una lingua dalla costruzione completamente diversa come l'inglese. Sicuramente Silvia Castoldi ci ha reso splendidamente la bravura di Elizabeth Strout, che si è rivelata capace di saper cogliere i particolari essenziali della vita e costruire racconti di una pienezza e di una profondità stupefacenti, usando come protagonista una donna tutt'altro che simpatica e personaggi tuttaltro che straordinari.
La nostra Olive ha un pessimo carattere, non è certo l'eroina senza macchia che viene spontaneo amare, anzi, è ruvida, non sa dimostrare l'amore, dispettosa e vendicativa, misantropa, però è solida, c'è quando serve; ed è per tutti i suoi difetti che alla fine la si ama,  in fin dei conti ci ritroviamo pure un po' nei suoi pensieri,  ci pone di fronte la vita nella sua essenzialità,  senza fiocchi e nastri ma nuda e cruda, con le sue poche gioie e i suoi tanti piccoli e grandi dolori.
Non è mia intenzione commentare ogni singolo racconto, l'unica intenzione che ho è quella di invitare a leggere questo splendido libro, ma invito solo chi abbia voglia di profondità e di farsi trascinare nei dolori dell'esistenza, nell'introspezione, altrimenti meglio lasciar perdere, non sono racconti per svagarsi bensì per riflettere e per accogliere la tristezza.

Citazioni:

"forse, pensò mentre tornava agli scatoloni, essere cattolici significava sentirsi sempre in colpa per tutto"



 "...non ha bisogno di vivere accanto a una donna convinta di sapere tutto. Nessuno sa tutto, nessuno dovrebbe illudersi."

"Cosa stava aspettando? Che le doglie del parto spingessero con tanta violenza da scagliare fuori la sua nuova vita?"

"Col suo pesante battito sembrava avvertirlo che non avrebbe potuto continuare così. Solo i giovani, pensò, erano in grado di sopportare i brividi dell'amore. "

"Mentre si muoveva appena dentro il suo bel cappotto nero, pensava che dopotutto la vita fosse un dono, che uno dei pregi dell'invecchiare fosse la consapevolezza che molti momenti non erano soltanto momenti, ma doni."

"La signora Lydia si era fatta rifare le palpebre; gli occhi risaltavano sgranati sul suo volto come quelli di una sedicenne."

"È innamorato di lei", disse, in tono predicatorio. "Ecco perché la sopporta".

"Lei rimase immobile, aspettando la fine dell'abbraccio. Poi andò fuori e piantò i bulbi dei tulipani."


"Si erano resi conto della gioia tranquilla di quei momenti? Molto probabilmente no. La maggior parte della gente non era abbastanza consapevole della propria vita mentre la viveva."

"Al diavolo. Siamo tutti soli. Nasciamo soli. Moriamo soli. Che differenza fa. Basta non avvizzire per anni in una casa di cura come il mio povero marito. È di questo che ho paura".

"Però fa male. Avere il proprio DNA disperso al vento, come un dente di leone."



"Non sanno che i corpi anziani, rugosi e bitorzoluti sono altrettanto bisognosi dei loro corpi giovani e sodi, che l'amore non va respinto con noncuranza, come un pasticcino posato assieme ad altri su un piatto passato in giro per l'ennesima volta."