martedì 22 luglio 2014

Rovulutionary Road di Richard Yates

Titolo Originale Revolutionary Road 
Introduzione Richard Ford
Traduzione Adriana dell'Orto

ISBN
88-87765-90-1
Pagine 404 
Pubblicazione settembre 2003

Una volta tanto ho azzeccato la tempistica di lettura.


“Ci meravigliamo per la sua scrittorialità perfetta, la sua durevolezza quasi elementare di oggetto costruito puramente di parole che sconfigge ogni tentativo di classificazione. Realismo, naturalismo, satira sociale -i raggruppamenti critici standardizzati -vanno a farsi benedire di fronte a questo splendido libro.” 
Queste poche righe tratte dalla prefazione di Richard Ford dell’edizione Minimumfax già sarebbero sufficienti a descrivere la grandezza di questo romanzo, ma voglio fare ugualmente qualche piccola considerazione personale.
Inizio con il dire che sono contenta di aver letto "Revolutionary Road" dopo Babbitt” (qui puoi leggere la recensione) e Il grande Gatsby”  ( qui puoi leggere la recensione) e sono pure felice che le mie sensazioni siano state confermate dalle parole stesse di Richard Yates, riportate nell’edizione di Minimumfax.
“Il grande Gatsby, insieme a buona parte dei libri di Fiztgerald, ha rappresentato la mia iniziazione ufficiale al mestiere di scrittore. <…> Ecco alcuni scrittori senza i quali non sarei riuscito a mettere insieme in maniera decente nemmeno mezzo libro: Dickens, Dostoevskij, Cechov, Conrad, E.M. Forster, Katherine Mansfield, Sinclair Lewis, Ring Lardner, Dylan Thomas, J.D. Salinger, James Joyce. ” (cit. postfazione di Richard Yates )
Riconoscere delle ispirazioni, dei richiami ad altri autori, dei collegamenti, e poi averne conferma effettiva è una soddisfazione, mi fa pensare che i libri letti sono serviti a creare in me una struttura letteraria funzionante nonostante la mia scarsa memoria. Mentre leggevo questo romanzo ho ravvisato delle somiglianze stilistiche con Il grande Gatsby di Fitzgerald, somiglianze confermatemi poi dalle parole stesse dell'autore con le quali afferma di aver preso ad esempio il romanzo del suo predecessore aspirando ad una perfezione di linguaggio che  in un certo qual modo lo emulasse.
Durante la lettura ho inoltre avuto la sensazione che i protagonisti di "Revolutionary Road" potessero quasi essere gli eredi della società descritta in “Babbitt” di Sinclair Lewis, avrebbero potuto essere proprio i figli di Babbitt stesso! Per tutta la durata della lettura ho sentito i due libri collegati tra loro, come in una prosecuzione generazionale, e poi, sempre dalle stesse parole di Yates ho appreso che Sinclar Lewis è tra gli autori a cui lui si è ispirato. Sono stata fortunata ad aver letto casualmente prima questi due grandi romanzi e ad avere avuto la possibilità di ravvisare delle somiglianze e delle parentele, e per questo sento di consigliare a chi vuole leggere "Revolutionary Road" di dedicarsi prima alla lettura di “Babbitt” e de “Il grande Gatsby”, ne trarrà sicuramente un piacere maggiorato.
Ho amato da subito questo romanzo, e non perché mi piacessero particolarmente i suoi protagonisti,  bensì proprio per la sua ironica e tragica al tempo stesso messa in scena di un’umanità un po’ misera, per la perfezione di stile, per la sua capacità di calare il lettore nel tempo e luogo in cui i fatti avvengono. In fin dei conti si tratta di una storia molto triste, non per ciò che accade ma per la pochezza dei personaggi che invece, come spesso succede,  si sentono persone speciali, o forse vorrebbero soltanto esserlo, ma non fanno altro che parte di una massa benestante di gente annoiata e insoddisfatta; Nonostante questa pochezza umana non si riesce nemmeno ad odiarli questi soggetti, fanno quasi tenerezza nel loro essere limitati, nel loro tentativo goffo di salvarsi da una vita che li ha vestiti con dei panni che non sono loro, nel loro adeguarsi in qualche modo a ciò che alla fine si deve fare o nell’isolarsi nel silenzio per non udire più le banalità che offendono il briciolo d’intelligenza rimasta. Alla fine l’unico personaggio savio del romanzo, l’unico che ha il coraggio di dire ciò che pensa è  “il pazzo", e pagherà il suo parlar chiaro con la perdita della possibilità di uscire ogni tanto dall’istituto in cui i genitori lo hanno rinchiuso.
Nessuno esce bene da questa storia, le donne che bene o male sono quelle che prendono più in mano la situazione, in un senso o nell’altro sono deludenti, gli uomini si adeguano, si adagiano ed il massimo della ribellione che hanno è prendere coscienza della pochezza delle loro mogli e di loro stessi.

Citazioni:

“abbiamo accettato quest'enorme illusione, perché di questo si tratta: un'enorme, oscena illusione: l'idea che, una volta messa sufamiglia, la gente debba rinunciare alla vita reale e "sistemarsi". È la grande menzogna sentimentalistica piccolo borghese, la menzogna che ti ho obbligato ad accettare per tutto questo tempo”

“la voce di Milly tradiva un piacere di raccontare un tantino eccessivo. Ci si diverte, si disse Shep, osservandola da sopra l'orlo del bicchiere di whisky mentre lei arrivava al punto in cui riferiva quant'era stato spaventoso il giorno dopo. Perdio, ci sguazza dentro”

“Piangere aveva senso solo se smettevi prima di diventare melenso. E anche il cordoglio aveva senso solo se lo interrompevi quando era ancora sincero, quando ancora significava qualcosa. Perché era così facile che la cosa degenerasse: bastava lasciarsi andare e si cominciava ad abbellire i propri singhiozzi”



domenica 20 luglio 2014

Il grande Bob di George Simenon

Copertina di Il grande Bob

Tristezza permeabile 
A voler ben guardare si potrebbe definire questo romanzo una storia d'amore. Non mi aspettavo da Simenon un racconto del genere, pur non avendo letto niente di questo autore l'ho sempre identificato con l'ispettore Maigret e forse anche in questo caso mi aspettavo un poliziesco, anche se in effetti il mistero da risolvere c'è comunque,tutto il libro è incentrato sulla ricerca della verità sulla morte di Bob e su cosa lo abbia indotto suicidarsi.
Si tratta di una storia molto triste, una tristezza che ha il potere dell'umidità e ti penetra fin dentro le ossa, rafforzata nell'ascolto dell'audiolibro di Radio 3 dalla voce dolente di Paolo Graziosi e dalla bellissima colonna sonora corredata da splendide canzoni francesi, un brano intero alla fine di ogni puntata.
La vicenda in sé non è nemmeno troppo originale e forse anche abbastanza prevedibile, tuttavia il modo di raccontarla e di portarci nell'atmosfera della Parigi meno scintillante è talmente fluido che veniamo catturati dal racconto. L'unico difetto che ho trovato è un punto di vista un po' maschilista che traspare da quello che sembra essere un uso consolidato, ovvero tradire le mogli come se fosse un fatto normale e privo di significato, accettato tacitamente dalle stesse; ai miei occhi questa pratica appare invece inaccettabile, così come questo modo di amare in cui si nascondono le verità e si proteggecol silenzio, sono cose dal mio punto di vista non avallabili anche se lette in un romanzo hanno sicuramente un loro fascino.
Un bel romanzo breve che fa riflettere sui rapporti umani e sull'amore, da leggere (o da ascoltare in questo caso) solo se si è capaci di sopportare una buona dose di mestizia. 

Citazioni fotografiche:

Cit. da "Il grande Bob" di G.Simenon

Cit. da "Il grande Bob" di G.Simenon

mercoledì 16 luglio 2014

Il Clandestino di Mario Tobino

Copertina di Il clandestino

La semplicità e l'intelligenza di Tobino (4,5 stelle) 
 
Un libro umanamente e storicamente molto bello, ambientato nel periodo seguente l’ 8 settembre 1943 a Medusa, nome fantastico di una città di mare toscana, nella quale per chi è della zona è riconoscibilissima Viareggio.
Unico difetto de “Il Clandestino”: un po’ lungo; ma me la sono presa comoda per leggerlo perché valeva davvero la pena.
Credo di aver capito di più sulla seconda guerra mondiale con questo romanzo piuttosto che avendola studiata sui libri di scuola.
Quello che mi ha appassionata maggiormente è il lato umanissimo con cui si parla dei molti protagonisti, la visione psico-sociale dei fatti storici che sono esposti con profondità e con dovizia di particolari relativi agli stati d'animo di chi li vive, la genesi degli accadimenti di quel periodo.
Ho trovato il racconto più bello all'inizio che verso la fine, il finale pare quasi tirato via, sembra che Tobino sia stato maggiormente interessato a raccontare come inizia la lotta partigiana, come si forma, cosa spinge i giovani protagonisti a creare "il clandestino" piuttosto che a raccontarne l'epilogo.
Un romanzo che mira soprattutto all'aspetto psicologico umano dei personaggi, dove si indagano rossi e neri quasi allo stesso modo; attraverso quest’analisi della situazione dopo l’armistizio di Badoglio, possiamo capire meglio la grande confusione che si è generata durante la seconda guerra mondiale in Italia e le conseguenze che ne sono derivate.
Si capisce benissimo che l'autore si schiera per i partigiani, tuttavia approfondisce con coscienza e discernimento anche gli atteggiamenti dei fascisti senza facili invettive. Non è un romanzo estremo, dove i buoni sono solo buoni e viceversa, dove le convinzioni sono in tutti fortissime e univoche, nel Clandestino entrano a far parte molti uomini diversi tra loro per estrazione sociale e livello culturale, mossi anche da convinzioni differenti, ma uniti dall’amore per l’Italia. Leggendo questo libro pare che molti siano anche diventati partigiani scegliendo il male minore : "questi giovani sono impreparati politicamente, non hanno avuto le nostre passioni, sono diversi, spinti da un personale interesse e potrebbero portare confusione nel movimento, ma noi li educheremo,…” (Cit. Pag. 511)
Anche tra i fascisti non tutti erano fanatici e picchiatori, c'erano anche quelli che entravano a far parte del fascio per comodità o per una sorta di scontentezza : "dovevamo essere con lui più accoglienti, più cordiali. Forse in certe conversazioni sono stato troppo frettoloso. È uno scontento, si è sentito umiliato per mancanza di stima, anche a scuola nessuno lo considerava e ci ha sofferto; si vuole rifare, vuol far paura.” (Cit. Pag. 263)
Bellissima la descrizione del ventennio fascista ( che detto tra noi a me ricorda anche un altro ventennio molto più recente...):
"potrebbe sembrare incredibile che uomini di nessuna qualità che per caso, senza nessuna loro virtù, solo per le antiche tristi ragioni della storia italiana, si erano trovati per vent'anni a comandare, abusare, soddisfare la libidine, dopo aver constatato il 25 luglio com'erano disprezzati, derisi, da tutti accusati della rovina nazionale, ora, appena ritornato oblique e circostanze, si dimenticassero di tutto, di nuovo avvinti da un ottuso livore, dominati dalla cecità, preda della cattiveria e fossero già pronti a ricominciare, <...> l'ignoranza, insieme alle basse passioni, si era così incrostata dentro di loro da togliere ogni luce alla regione.”
Potrei andare avanti con le citazioni all’infinito ma dovrei riportare almeno metà del libro per far comprendere a fondo tutto ciò che mi ha colpito e che mi ha aperto spiragli di luce sulla nostra storia.
Seppur un tantino arcaico nello stile letterario è un romanzo che consiglio di leggere a tutti, per la sua visione lucida ma non distante dai fatti e per l’amore verso l’umanità coi suoi pregi e difetti che traspare dalle parole dell’autore. 

Considerazione: Tra le estremità ideologiche c'è sempre la maggioranza che sta nel mezzo, che si barcamena, che non ha fortissime convinzioni e finisce per appoggiare l'una o l'altra parte più per debolezza o per proprio tornaconto che per una reale convinzione morale.  
 


Siddartha di H. Hesse


Cerco un centro di gravità permanente eccetera ecetera... (2,5 stelle) 
 
Sinceramente non mi è piaciuto. E non è che non mi sia piaciuto il concetto espresso, che è condivisibile in gran parte, bensì lo stile eccessivamente mistico. Probabilmente l'ho letto, o meglio l'ho ascoltato, in un'età troppo matura, in una fase della mia esistenza in cui ho voglia di concretezza, non di pensieri fumosi infarciti di spiritualismo orientale, un momento della vita in cui i concetti li voglio espressi in modo chiaro e non metaforico.
Come dicevo questo libro non l'ho letto bensì l'ho ascoltato dalla voce dell’attore Enzo De Caro, il quale non mi ha entusiasmata nell’interpretazione; ha soprattutto contribuito in modo negativo la colonna sonora, la classica musica che si può ascoltare durante una meditazione, un massaggio rilassante, gli esercizi di yoga, una melodia che sicuramente è ben associata al libro, ma che me lo ha fatto sentire ancora più distante.
Il tema affrontato è fondamentalmente la ricerca di sé, della propria vera essenza, una ricerca che passa attraverso esperienze anche diametralmente opposte l'una dall'altra e che fanno capire che non c'è una sola via per arrivare all’interiorità, ma che ogni esperienza fatta ha un suo valore e dà un suo insegnamento ben preciso.
La morale di questo racconto-favola è condivisibile e valida universalmente, indipendentemente dai vari “OM” e richiami alle filosofie orientali, ma il modo in cui è espressa mi ha annoiato notevolmente, quasi certamente se non avessi letto "Siddartha" sotto forma di audiolibro non lo avrei nemmeno finito.

lunedì 14 luglio 2014

Diceria dell'untore di Gesualdo Bufalino

Copertina di Diceria dell'untore

Bandiera bianca
Mi arrendo, alzo le mani, ammetto la sconfitta.
O voi di cultura media, volete sentirvi dei perfetti ignoranti? Leggete questo libro.
Ho avuto quasi subito la sensazio e di leggere un romanzo in un'altra lingua... Ogni due o tre frasi avrei dovuto prendere il vocabolario per conoscere il significato delle parole usate.
Mi dispiace ma per me questa storia è illeggibile, proseguire nella sua lettura comporterebbe uno sforzo tale che al momento non sono in grado di sopportare.

martedì 1 luglio 2014

Il barone rampante di Italo calvino

Copertina di Il barone rampante
Un dovere leggere Calvino 
 
Probabilmente se non avessi ascoltato l'audiolibro letto da Manuela Mandracchia non sarei riuscita a portare fino in fondo questa storia che non incarna esattamente i miei gusti letterari; grazie all'espressività della lettrice ho potuto assaporare comunque le parti che mi rimanevano meno interessanti.
Arrivata alla mia età non potevo esimermi dal leggere un classico come Calvino, ed ho preferito iniziare con qualcosa che ritenevo fosse abbordabile come questo romanzo.
La storia è sicuramente una metafora della scelta di non adeguarsi a ciò che non reputiamo giusto, di non scendere a compromessi, mai.
Alcuni passaggi mi sono piaciuti molto, altri molto meno, sinceramente se non si fosse parlato di gatti infilzati con lo spadino e uccisioni di varie bestiole sarei stata più contenta, ma questo forse è un problema della mia personale sensibilità nei confronti degli animali.
Come ho già detto non rappresenta il genere di letteratura che prediligo, è tuttavia impossibile non riconoscere a Calvino i meriti in qualità di scrittore e la fantasia usata per esprimere alcuni concetti. Apprezzabili anche i richiami storici che si intrecciano alle vicende personali del protagonista e ci fanno calare perfettamente nel periodo in cui il racconto si svolge. 

CITAZIONI 

“Ma questi sono bambini che la sera le madri non gridano per farli tornare, ma gridano perché sono tornati, perché vengono a cena a casa, invece d’andare a cercarsi da mangiare altrove” 

“ i doveri dei cittadini liberi ed eguali o le virtù dell’uomo che segue la religione naturale diventavano regole d’una disciplina spietata, articoli d’una fede fanatica, e al di fuori di ciò non vedeva che un nero quadro di corruzione, e tutti i nuovi filosofi erano troppo blandi e superficiali nella denuncia del male, e la via della perfezione, se pur ardua, non consentiva compromessi o mezzi termini” 

“finché non morì, senza aver capito, dopo una vita intera dedicata alla fede, in che cosa mai credesse, ma cercando di credervi fermamente fino all’ultimo” 

“«Però, è così bravo», «Però, certe cose le fa bene», col tono di chi vuol fare apprezzamenti obiettivi su persona di diversa religione, o di partito contrario, e vuol mostrarsi di mente così aperta da comprendere anche le idee più lontane dalle proprie.”