lunedì 18 agosto 2014

Il giovane Holden di J.D.Salinger


Il vecchio Holden 
E alla tenera età di 43 anni anni mi sono apprestata a leggere uno dei più famosi libri di formazione dei nostri tempi. Sicuramente sono fuori tempo massimo perché, se alcuni romanzi consigliati ai giovani si rivelano perfetti ad ogni età, questo mi è rimasto un tantino pesante e ripetitivo. Alcuni danno la colpa di questa leggibilità faticosa alla traduzione eccessivamente “creativa” di Adriana Motti del 1961, ma questa edizione del libro ha ottenuto comunque un enorme successo, quindi la versione della Motti ha sicuramente i suoi pregi. E’ stata realizzata una nuova versione del libro con una traduzione più moderna ad opera di Matteo Colombo e a tal proposito ritengo interessante leggere l'articolo in merito sul blog della casa editrice Minimum fax, molto interessante per approfondire la questione traduttoria che  appassiona molti lettori.
Come si potrà dedurre ho letto l’edizione Einaudi del ’61 e sinceramente non vi ho ravvisato dei modi di dire particolarmente anacronistici, forse perché  sono nata nel ’70, e certe espressioni linguistiche fanno parte del mio bagaglio culturale, tuttavia ho trovato quasi insopportabile l’uso ripetuto per tutta la durata del romanzo dell’aggettivo “vecchio/vecchia” inserito praticamente sempre davanti ad ogni nome proprio, la vecchia Sally, la vecchia Jane, il vecchio tale e il vecchio talaltro…ma controllando sull’ebook in lingua originale in effetti i nomi propri sono sempre preceduti dalla parola “old”, che farà sì parte di uno slang americano dell’epoca, ma che a mio avviso non si può omettere di tradurre, quindi di fatto lo stile del libro deve essere quello, un po’ ripetitivo, ricco dei tormentoni linguistici tipici degli adolescenti. Non è l'anacronismo della storia a non convincermi, alla lunga mi ha stancata il linguaggio adolescenziale che giustamente Holden deve avere.
Sinceramente non son riuscita a trovare ne “Il giovane Holden" tutta questa specialità che ne ha fatto un libro di culto citato spessissimo anche nella cinematografia americana come facente parte del bagaglio culturale del Paese, ad ogni modo diamo a Cesare quel che è di Cesare,la bravura di Salinger è indiscussa nel rendere vero il racconto di un diciassettenne, nel creare un personaggio credibile a tal punto dal sembrare realmente esistito e nell’indurre il lettore  ad immaginare che Holden viva da qualche parte nel mondo come persona in carne e ossa.
Dello stesso autore avevo letto “Franny e Zoe” e mi era piaciuto molto, in Holden, contrariamente a Franny e Zoe, lo stile narrativo è volutamente meno raffinato, l'uso degli intercalare proprio dei giovani di una certa generazione ne fanno un tipico romanzo per adolescenti o post adolescenti, e forse è per questo che leggerlo per la prima volta da adulta non è stato così folgorante.

Citazioni:

“Una quantità di ragazzi venivano da famiglie ricche sfondate, ma c'erano un sacco di farabutti lo stesso. Una scuola, più costa e più farabutti ci sono - senza scherzi. ”

“Dovresti andare in un collegio maschile, una volta. Provaci, una volta,» dissi. «È pieno di palloni gonfiati, e non fai altro che studiare, così impari quanto basta per essere furbo quanto basta per poterti comprare un giorno o l'altro una maledetta Cadillac, e devi continuare a far la commedia che ti strappi i capelli se la squadra di rugby perde, e tutto il giorno non fai che parlare di ragazze e di liquori e di sesso, e tutti fanno lega tra loro in quelle piccole sporche maledette cricche."


"Tra l'altro, scoprirai di non essere il primo che il comportamento degli uomini abbia sconcertato, impaurito e perfino nauseato. <…> gli uomini colti e preparati, se sono intelligenti e creativi, tanto per cominciare, e questo purtroppo succede di rado, tendono a lasciare, del proprio passaggio, segni di gran lunga più preziosi che non gli uomini esclusivamente intelligenti e creativi. Tendono ad esprimersi con più chiarezza, e di solito hanno la passione di seguire i propri pensieri sino in fondo. E, cosa importantissima, nove volte su dieci sono più modesti dei pensatori non preparati <...>Per fortuna, alcuni hanno messo nero su bianco quei loro turbamenti. Imparerai da loro... se vuoi. Proprio come un giorno, se tu avrai qualcosa da dare, altri impareranno da te. È una bella intesa di reciprocità. E non è istruzione. È storia. È poesia”

venerdì 8 agosto 2014

Ferito a morte di Raffaele La Capria

Copertina di Ferito a morte


ISBN 9788804495901

224 pagine 8,50

Eccezionale ma...
Dalla struttura del romanzo e dalla tecnica narrativa si evince che La Capria è uno scrittore geniale, con “Ferito a morte” ci propone uno schema narrativo intricato che per me è stato abbastanza difficile da seguire. È uno di quei libri in cui fin da subito si nota lo sguardo acuto, la finezza di pensiero associata ad una rara capacità scrittoriale, si avverte subito che siamo di fronte ad un capolavoro, eppure da parte mia non è scattata la scintilla amorosa, non c'è stato un vero godimento nella lettura. Quando non riesci a gioire fino in fondo di un capolavoro ti chiedi perché, ti senti quasi in colpa verso l'autore, finisci quasi per sentirti sbagliata tu, povera ignorante, non all’altezza, ma un conto è apprezzare con la testa, un altro assorbire con l’anima. Comunque alcune parti del romanzo sono di un'estrema godibilità, certe frasi sono delle chicche e la difficoltà a seguire la storia coi suoi continui salti temporali rovina solo in parte questo piacere. Il gusto per la raffinatezza di La Capria è indubbiamente stato aumentato dall'ascolto dell' audiolibro letto da Peppe Servillo e accompagnato da splendide canzoni, probabilmente alcuni passaggi li avrei saltati a piè pari senza il contemporaneo ascolto vocale, Servillo ci mette tutta la sua napoletanità e dà alle frasi la giusta intonazione per calarci nell’ambiente partenopeo. L’audiolibro, quando il lettore è azzeccato, ha il pregio di portarti ancor più dentro il romanzo, a differenza del film in cui ci sono riduzioni e tagli, non perdi nessuna frase ma c'è una voce viva che ti aiuta e ti immerge nella storia. Come già detto questo romanzo ha un valore letterario innegabile tuttavia non incarna il mio ideale, è pieno di ironia e intelligenza ma nel complesso non mi ha entusiasmata, troppo chiacchiericcio, utile sì a rendere perfettamente l’atmosfera, ma eccessivo perché io possa seguirlo con interesse.
La parte finale, quella più semplice come costruzione, mi ha notevolmente intristita, è pervasa di malinconia, di sconfitta, di sogni non avverati o finiti in malo modo, di falsi valori che prima o poi si rivelano tali e portano ad una vita misera. Questa folla di personaggi che ruotano intorno al protagonista sembrano veri e allo stesso tempo fumosi, vanno e vengono con il loro chiasso, il loro ciarlare, e la "dolce vita" napoletana diventa estremamente amara. A dire il vero tutta la "dolce vita" a me sembra triste, anche quella odierna identificata come “bella vita”, forse perché fondata su valori effimeri.
Mi ero innamorata del libro della Ortese “Il mare non bagna Napoli” nel quale veniva menzionato pure il giovane scrittore La Capria, ed è stato interessante leggere anche questo per avere una visione simile ma diversa (soprattutto nell’esposizione e nella forma) della stessa città.
Difficile estrapolare citazioni da un romanzo che è dall'inizio alla fine di una costruzione perfetta e dove l'effetto non è dato tanto da una frase qua e là bensì da intere pagine colme di parole accostate tra di loro sapientemente, ma alcune frasi mi hanno colpito particolarmente e le riporto come citazioni fotografiche.

Citazione da "Ferito a morte" di R. La Capria

Citazione da "Ferito a morte" di R. La Capria

Citazione da "Ferito a morte" di R. La Capria

 
Citazione da "Ferito a morte" di R. La Capria
"La dolce vita" olio su tela 50x80 anno 2014

mercoledì 6 agosto 2014

Un giorno sull'isola di Concita De Gregorio e Lorenzo


Piacevole e inquietante (3,7 stelle) 
Sembra paradossale ma i racconti di Concita De Gregorio e suo figlio Lorenzo mi hanno inquietata.
Questa lettura è stata una caccia al collegamento, in ogni storia ho cercato il filo rosso che la collegasse alle altre e dopo aver incrociato lo stesso personaggio in uno o più racconti ho capito che l'unico vero filo rosso è costituito dall'isola sul quale tutte le vicende sono ambientate.
Queste storie che in apparenza potrebbero sembrare leggere, portate da un soffio di vento, in realtà mi hanno suscitato emozioni e lasciata un po' disturbata, forse per la loro sospensione, per il non definire per bene le cose, per quella parte surreale che mi spaventa perché non spiegabile con il raziocinio.
Mi sto scoprendo più concreta di quanto credessi, l'irresoluto mi affascina ma mi turba, cerco una logica, una spiegazione tangibile anche in ciò che non è nato per essere razionale e forse qui sta il mio errore. Queste storie sono nate da un gioco infantile e maturo, e come tale dovrei prenderle senza cercare pedissequamente una spiegazione, una conclusione definitiva, rovinando così lo spirito del libro. Sono storie da prendere e gustare così, di un'isola, dove il vento porta e toglie, dove un gatto e un corvo possono decidere la vita e la morte delle persone, sono favole serie.
Lo stile è molto piacevole, una scrittura che si legge volentieri, accurata, garbata, ironica, leggera e profonda allo stesso tempo.

Citazioni:
"Facevano mondo da soli." 

"Ciascuno Tiene gli altri e li fa esistere, perché se tu non ci sei niente di tutto il resto esiste, esiste solo perché lo vedi, ci vivi, lo fai vivere." 

"Non sono ubbidienti, le ragioni. Sono come il vento quando gira, tu lo sai. Ci sono giorni che il vento sparisce e ricompare, e ogni volta arriva da un angolo diverso." 


sabato 2 agosto 2014

La vita agra di Luciano Bianciardi

    Listino:€ 8,50
    Editore:Feltrinelli
    Collana:Universale economica
    Data uscita:08/05/2013
    Pagine:208
    Formato:brossura
    Lingua:Italiano
    EAN:9788807881640


      Cronaca di un suicidio annunciato (5 stelle per l'audiolibro)

      Chissà perché  mi aspettavo un libro dolente, non conoscevo Bianciardi, e dal titolo avevo erroneamente dedotto che si trattasse di una storia depressiva, invece ho trovato un romanzo autobiografico molto triste, questo è vero, ma di un ironia e di un’asprezza che solo un toscano poteva avere.
      Si è vero, sono toscana anche io e sono di parte, probabilmente apprezzo meglio di altri certe espressioni tipiche delle mie parti, le sento mie, le sento di casa.
      La lettura è stata doppia, ascoltando l’audiolibro di Ad alta Voce, il programma di Radio Tre, e leggendo l’ebook. La tecnica è quella di mettere in pausa l’ascolto quando vengo colpita da qualche frase e di cercarla sul supporto digitale, evidenziarla e poi rimacinarla con la dovuta calma. E’ un modo  buffo di leggere lo so, ma mi permette di cibarmi di libri anche durante il giorno mentre dipingo, la sera invece mi dedico ai cartacei. Ma digressione a parte sulle mie abitudini da lettrice voglio dire quanto questo audiolibro sia azzeccato, la lettura del romanzo è stata affidata ad Alessandro Benvenuti, a mio avviso perfetto per interpretare tutta la toscanità, la rabbia, l’amarezza e l’ironia di questa storia.
      Leggendo questo romanzo si ha una visione amara ed agra della vita, una visione della situazione sociale e lavorativa  molto reale e soprattutto attuale ancora oggi a diversi anni di distanza, negli anni '60 c’era già il germe di tutto ciò che stiamo vivendo adesso, e gli attenti osservatori hanno esposto con efficaci parole verità tutt’ora valide. Il libro di Bianciardi è una storia raccontata in modo scanzonato, quel modo che per contrasto rende ancora più efficaci certi messaggi che devono arrivare a chi legge, quello stile tipico di chi raramente riesce ad essere un vincitore nella vita; per usare le parole dell’autore “questa è a dire parecchio una storia mediana e mediocre, che tutto sommato io non me la passo peggio di tanti altri che gonfiano e stanno zitti. Eppure proprio perché mediocre a me sembra che valeva la pena di raccontarla. Proprio perché questa storia è intessuta di sentimenti e di fatti già inquadrati dagli studiosi, dagli storici sociologi economisti, entro un fenomeno individuato, preciso ed etichettato. Cioè il miracolo italiano.” (cit.)
      Alla luce dei fatti appare come  l’autobiografia di un suicidio annunciato, può passare indenne nella vita uno che scrive queste cose? Morire alcolizzato non è forse un modo lento di togliersi la vita? Non facciamoci ingannare dall' ironia delle parole di Bianciardi, perché non è tipico dei toscani esprimersi con melensaggine, ma in questa asprezza si sente tutto il male di vivere in un mondo cattivo che l'autore si porta addosso.
      “Un ubriaco muore di sabato battendo la testa sul marciapiede e la gente che passa appena si scansa per non pestarlo. Il tuo prossimo ti cerca soltanto se e fino a quando hai qualcosa da pagare. Suonano alla porta e già sai che sono lì per chiedere, per togliere. Il padrone ti butta via a calci nel culo, e questo è giusto, va bene, perché i padroni sono così, devono essere così; ma poi vedi quelli come te ridursi a gusci opachi, farsi fretta per scordare, pensare soltanto meno male che non è toccato a me, e teniamoci alla larga perché questo ormai puzza di cadavere, e ci si potrebbe contaminare.” (cit.)
      Mi sento di consigliare questo libro a tutti coloro che non amano vivere con la testa sotto la sabbia e che apprezzano uno stile satirico, e  consiglio soprattutto l’ascolto dell’audiolibro letto da Benvenuti, imperdibile.

      Citazioni:

      “Proverò a riscrivere tutta la vita non dico lo stesso libro, ma la stessa pagina, scavando come un tarlo scava una zampa di tavolino. ”

      "Datemi il tempo, datemi i mezzi, e io toccherò tutta la tastiera - bianchi e neri - della sensibilità contemporanea. Vi canterò l'indifferenza, la disubbidienza, l'amor coniugale, il conformismo, la sonnolenza, lo spleen, la noia e il rompimento di palle.”

      “Persino a qualche pisano io ho aperto l'uscio di casa - che è per proverbio azzardo pericoloso; a qualche pisano di quelli che dicono gaodé rpeoro ditupà, e ogni tanto vengono su col sorrisino furbo a cercare lavoro. «Nciavresti mia nposticino da guadagna bbene senza lavorà tanto? Sai omè, sule cencinquanta rmese? Giù, madonnarbuio, un si batte iodo. Un si trova nalira peffaccantà nceo"

      “E per favore, con le radiografie ci andasse piano, il dottorino. Non erano tempi, non era aria da mettere in mutua per una sospetta silicosi o per una diminuita capacità respiratoria del diciotto per cento. Cos'era questa smania delle statistiche, anche per i polmoni della gente? Respiravano, no? E allora?”

      “Mi hanno isolata, capisci? Sanno benissimo che se mi tengono a contatto con gli altri, io glieli organizzo sindacalmente, e porto avanti la nostra lotta. Così un poco alla volta mi hanno messa in quel cantuccio, io sola con un vecchio sordo e svanito”

      “Io non cammino, non marcio: strascico i piedi, io, mi fermo per strada, addirittura torno indietro, guardo di qua e guardo di là, anche quando non c'è da traversare. ”
      “E mi licenziarono, soltanto per via di questo fatto che strascico i piedi, mi muovo piano, mi guardo attorno anche quando non è indispensabile. Nel nostro mestiere invece occorre staccarli bene da terra, i piedi, e ribatterli sull'impiantito sonoramente, bisogna muoversi, scarpinare, scattare e fare polvere, una nube di polvere possibilmente, e poi nascondercisi dentro.”

      “La politica, come tutti sanno, ha cessato da molto tempo di essere scienza del buon governo, ed è diventata invece arte della conquista e della conservazione del potere.”

      “Il metodo del successo consiste in larga misura nel sollevamento della polvere.”

      “non basta sganasciare la dirigenza politico-economico-social-divertentistica italiana. La rivoluzione deve cominciare da ben più lontano, deve cominciare in interiore homine.
      Occorre che la gente impari a non muoversi, a non collaborare, a non produrre, a non farsi nascere bisogni nuovi, e anzi a rinunziare a quelli che ha”

      “Seni dico e non petto perché quassù il petto delle donne te lo puoi scordare, il petto voglio dire come uno zaino di ciccia, una sola cosa compatta e unita come hanno le donne di campagna. Seni, tette e tettine oggi sporgono dal cappotto un poco aperto per via del sole raro di questa domenica di novembre, la gente sorride”

      Passi di: Luciano Bianciardi. “La vita agra”.

      venerdì 1 agosto 2014

      Il poeta è un fingitore, citazioni scelte di F.Pessoa a cura di A.Tabucchi


      Generecritica letteraria e teatrale
      Listino:€ 6,50
      Editore:Feltrinelli
      Collana:Universale economica
      Data uscita:20/01/1992
      Pagine:94
      Lingua:Italiano
      Traduttori:Antonio Tabucchi
      EAN:9788807811920

        Inutile qualsiasi commento.
        Una raccolta a cura di un letterato geniale di citazioni scritte da un altro letterato geniale.
        Imperdibile. 
        Il titolo è tratto da una poesia di Fernando Pessoa intitolata "Autopsicografia"

        Autopsicografia 

        O poeta é um fingidor.
        Finge tão completamente
        Que chega a fingir que é dor
        A dor que deveras sente.
        E os que lêem o que escreve,
        Na dor lida sentem bem,
        Não as duas que ele teve,
        Mas só a que eles não têm.
        E assim nas calhas de roda
        Gira, a entreter a razão,
        Esse comboio de corda
        Que se chama coração.



        Opinioni di un Clown di Heinrich Böll

        Copertina di Opinioni di un clown
         
        Libro di una tristezza asciutta, non compiaciuta, per niente lirica. Il dramma della sconfitta di chi non si conforma a certe regole, di chi a suo modo ha una grande coerenza.
        Sinceramente condivido molte delle opinioni di Hans il clown, ammiro la sua passione in tutto ciò che fa, anche se il suo essere fedele a sé stesso a mio parere sfocia in una sorta di follia, di fissazione sulla donna perduta e sul cattolicesimo colpevole di averla portata via da lui, che poi, detto tra noi, questa Maria non sembra poi un granché, viene da chiedersi cosa abbia trovato in lei per rovinarcisi la vita così. 
         
        Citazioni fotografiche da "opinioni di un clown" di Heinrich Böll
        Citazioni fotografiche da "opinioni di un clown" di Heinrich Böll

        Il protagonista sguazza dentro la sua distruzione e fa scelte troppo estreme per i miei gusti, ma evidentemente non posso capirlo fino in fondo perché io sono una che scende a compromessi mentre lui no.
        Mi destabilizza che i personaggi del libro siano molto giovani, faccio sempre riferimento a me stessa (sbagliando!) e al mio grado di maturazione e da come parla e pensa Hans lo collocherei sulla quarantina, invece no, non ha nemmeno trent' anni, certe consapevolezze io a trent’anni me le sognavo...
        L'inizio del romanzo è stata la parte migliore a mio avviso, quella parte in cui un libro ti avvince e, anche se dopo  l’interesse cala, ormai ti ha legato a sé e devi finirlo per forza, più si va avanti e più appare patologico e paranoico seppur condivisibile.
        "Opinioni di un Clown" è un libro molto intelligente ma per me poco empatico, anche se, avendo fatto parte di un gruppo parrocchiale nel mio passato cattolico, ho potuto ritrovare alcuni cliché effettivamente reali e situazioni di già vissuto, ma, mentre con alcuni libri scatta una corrispondenza di amorosi sensi con questonon è successo.

        Sono rimasta colpita dalla lucida analisi dei rapporti familiari descritti :una madre allucinante vittima di se stessa e carnefice di chi la circonda; 
        Citazioni fotografiche da "opinioni di un clown" di Heinrich Böll
        un padre che evade dal gelo familiare tramite una relazione extraconiugale, debole e accecato dalla ricchezza, incapace di comprendere i reali bisogni del figlio e di aiutarlo; 
        Citazioni fotografiche da "opinioni di un clown" di Heinrich Böll
        un fratello che evade pure lui a suo modo dalla famiglia rifugiandosi in quella più grande del cattolicesimo mediante la conversione, un cattolicesimo vissuto con ottusità che lo fa passare da una prigione ad un’altra; una sorella morta in giovane età che segnerà per sempre la vita del nostro io narrante.
        Interessanti le opinioni sull'arte e l’analisi di tutti i personaggi di contorno, le loro debolezze e ipocrisie, che non danno un quadro molto felice della comunità cattolica tedesca dell’epoca.
        Nonostante tutto, come ho già detto, questo romanzo non mi ha coinvolta in modo eccessivo,  ne ho tuttavia apprezzato lo stile scarno ma non scialbo ed ho trovato molte frasi degne di sottolineatura per il contenuto e per la fluidità con cui è esposto. Credo che molto merito lo abbia anche la traduttrice Amina Pandolfi , temo non sia facile tradurre dal tedesco, una lingua così diversa nella costruzione delle frasi rispetto all'italiano, e rendere uno stile avendo come base di partenza il genitivo sassone non è certo uno scherzo.
         
        Citazioni fotografiche da "opinioni di un clown" di Heinrich Böll

        Citazioni fotografiche da "opinioni di un clown" di Heinrich Böll

        Citazioni fotografiche da "opinioni di un clown" di Heinrich Böll

        Citazioni fotografiche da "opinioni di un clown" di Heinrich Böll