mercoledì 22 aprile 2015

Via Katalin di Magda Szabò


Quando l'ebook non basta  (4,9 stelle)

Leggendo "La Porta" mi ero ripromessa di  approfondire la conoscenza di questa scrittrice ungherese e così mi sono procurata l'ebook di "Via Katalin", ma dopo poche pagine ho capito che questo romanzo meritava la carta; la complessita dei personaggi e le storie narrate richiedevano un'attenzione che solo qualcosa di fisico come un libro cartaceo poteva permettermi. All'inizio i nomi da assimilare sono parecchi ma soprattutto li troviamo nel presente e nel passato, i vivi ed i fantasmi coabitano e ci si mette un po' di tempo ad entrare nella storia, ma è una piccola fatica iniziale che vale la pena superare. Queste presenze così reali nel racconto mi hanno fatto pensare che davvero i morti interagiscono con i vivi, pensiamo all'autrice stessa, io la sto leggendo adesso seppur lei sia morta da tempo, se chi muore lascia come traccia qualcosa che valga la pena leggere, guardare, assimilare continua a circolare tra i vivi; cessa di esistere il corpo ma i pensieri continuano in chi li assorbe.
Sempre in riferimento alle presenze  in Via Katalin ho provato emozione leggendo un passaggio molto evocativo, che voglio citare immediatamente, e che mi ha rammentato il bellissimo film di Ferzan Ozpetek "Magnifica presenza", chissà se l'amato regista si è ispirato a questo libro nel dare vita ai suoi meravigliosi fantasmi.

“aggrappandosi gli uni agli altri, tenendosi stretti per mano, cercando di indovinare le parole giuste, speravano di sbucare fuori da quel labirinto, di tornare in qualche modo a casa, e nell’attesa bisognava sopportare quell’appartamento irreale e provvisorio <...> Se uno solo di loro avesse trovato la strada di casa, l’avrebbero trovata tutti gli altri” 
cit.  Magda Szabó “Via Katalin”

Ci sono parti di questo libro che mi hanno rapita, altre che mi hanno lasciata nella difficoltà di non capire, altre (pochissime) che mi hanno delusa. A voler proprio trovare il pelo nell'uovo la parte finale manca del fascino e dell'uso delle parole che ho trovato nella prima, più che altro mi sono sentita lontana da una sorta di fatalismo che si trova nelle ultime pagine, non riesco proprio a comprendere, ma sicuramente questo non va ad inibire, se non in piccolissima parte, il piacere che ho provato a leggere questo romanzo.
Avendo letto prima il romanzo La Porta devo dire che si sente vagamente la differenza di maturità dell'autrice tra i due libri, in Via Katalin avverto una Magda Szabò più giovane e meno compiuta rispetto alla Magda che ha scritto di Emerenc negli anni 80, circa una quindicina d'anni separa i due libri e sinceramente si avverte, rimane comunque un'elevatissima capacità di trasmettere emozioni a chi legge, la capacità di saper rendere con le parole un grumo di sensazioni che la maggior parte di noi, pur provandole, non saprebbe come descrivere.

Citazioni:

www.monicaspicciani.it


“Nessuno aveva spiegato loro che la fine della giovinezza è terribile non tanto perché sottrae qualcosa, quanto piuttosto perché lo apporta. E quel qualcosa non è saggezza, né serenità, né lucidità, né pace. È la consapevolezza che il Tutto si è dissolto.”

“Un giorno, quando era ormai più grandicella, le avevano raccontato quell’episodio, e Henriett era corsa davanti allo specchio e si era osservata nel riflesso con le orecchie tappate. Aveva tolto di scatto le mani, con un gesto al tempo stesso grottesco e spaventoso. «Questo è il terrore, - aveva pensato, - un viso senza orecchie per la paura».”

“era così commovente in quel suo sforzo continuo di assicurare un corso stabile all’imprevedibilità della vita celebrando, se non altro, tutte le feste”

“Allora non sapevo ancora che alcune persone muoiono parecchio prima della loro vera morte, non avevo idea che la loro ultima immagine reale rappresenta il loro ultimo giorno reale.”

“Non lo vidi mai più come allora, e non provai mai più nei suoi confronti i sentimenti di quell’istante. Oggi so ormai che fu quello il nostro matrimonio, la nostra vita coniugale, quei pochi minuti che trascorremmo soli, in piedi, l’una di fronte all’altro, senza neppure sfiorarci, guardandoci semplicemente negli occhi, arrendendoci alle severe e dolorose leggi dell’amore e della giovinezza, senza muovere un passo, senza il bisogno di esprimere una parola, compiere un gesto, fare alcunché. Quei pochi istanti, e solo quelli, furono la nostra vita, e furono molto più di qualsiasi notte quando poi divenni sua moglie. ”


“capì che s’era sbagliata perché lei non era mai morta, né la prima volta, né la seconda, né la terza, capì di essere viva e capì che voleva vivere ancora. Morì nel momento in cui se ne rese conto.”

domenica 19 aprile 2015

Antichrista di Amelie Nothomb

Nothomb Amélie  
Antichrista
traduzione di Monica Capuani
EAN 978-88-88700-30-4
Voland Edizioni
pp. 128
ottobre 2004





Un'occasione mancata


In appena un'ora e mezza di di lettura Amelie Nothomb è riuscita ad infondermi abbastanza angoscia.
Questo breve romanzo ha riportato a galla alcune insicurezze adolescenziali con conseguente immedesimazione nella protagonista "buona" e relativo odio verso l' antichrista incarnante alcune adolescenti popolari, decisamente odiose, dei tempi che furono.
Gli spunti ci sono, il libro non è privo di input intelligenti che avrebbero potuto essere approfonditi ed analizzati in modo profondo, tuttavia rimane in superficie, si ferma agli spunti.
Ci ritroviamo calati in una storia che ricorda i cartoni animati degli anni '70-'80 in cui la ragazzina perfetta e buona (vedi Candy Candy per esempio) veniva vessata nella peggior maniera dalla giovane ricca e viziata di turno o da adulti insensibili, e alla fine riusciva a riscattarsi, ma solo dopo aver patito le pene dell'orso. I genitori di Blance (la buona) verrebbe voglia di prenderli a schiaffi, incarnano quanto di più sbagliato possa essere l'atteggiamento nei confrondi di una figlia. Ci troviamo ai limiti del grottesco, dove situazioni che possono verificarsi nella realtà vengono esasperate quasi all'inverosimile e vengono usate a pretesto per scrivere un romanzo a mio parere incompiuto. Peccato, il materiale c'era per avere un bel libro sull'adolescenza, sulle dinamiche delle amicizie e della socializzazione, e invece la Nothomb si è fermata ad una storiella in cui si percepiscono le sue potenzialità ma non esplodono nella compiutezza di una storia ben raccontata.

Citazioni:

"Io non mi ero mai sentita integrata nella benchè minima cosa, e verso chi lo era provavo disprezzo e gelosia."

"Ero invisibile. Era quello il mio problema. <...> Christa non aveva visto me: aveva visto il mio problema. E ne approfittava."


martedì 7 aprile 2015

Hemingway non fa per me...





MONDADORI Scrittori moderni 1998

ISBN 9788804455134

Brossura

Traduttori: Fernanda Pivano

Sentivo a pelle che con Hemingway non ci sarebbe stato feeling...infatti, se non avessi trovato per caso questo romanzo nella libreria di mio marito, non avrei mai provato a leggerlo.
Durante la lettura ho avuto dei barlumi d'interesse ma il punto di vista dell'autore  è troppo lontano dal mio sentire, un modo di affrontare gli argomenti totalmente al maschile che proprio non mi attrae.
Niente da dire sulla qualità della scrittura e della traduzione ma a me proprio non appassionano né la tematica né lo stile... e così dopo 130 pagine, lievemente a malincuore, ho deciso di cedere il passo a qualcos'altro.

mercoledì 25 marzo 2015

Para Isabel - Per Isabel, un mandala di Antonio Tabucchi

*** Attenzione: di seguito anticipazioni sulla trama (SPOILER) ***


Para Isabel Antonio Tabucchi

Editor: Dom Quixote
Ano de edição: 2014
Tipo de artigo: Livro
ISBN: 9789722054409
Número de páginas: 112
Local edição: Lisboa
Idioma: Português
Tradutor: Lima, Sónia Martelli De
Encadernação: Brochado



Editore:Feltrinelli Editore
Data uscita:09/10/2013
Pagine:-
Formato:EPUB
Lingua:Italiano
EAN:9788858813874

Cerchi, gironi e storie quasi rimesse a posto.  

Mio caro Antonio Tabucchi, che tanto amavi Lisbona, ho voluto leggere il tuo libro anche in portoghese, seppur sapendo che in questo caso la lingua in cui è nato ed è stato scritto è l'italiano; ma le tue parole in portoghese suonano perfette, come perfetto è l'amore che sempre hai dimostrato verso questo paese, una vera e propria seconda patria.

Ho letto varie recensioni in merito a questo libro, per cercare forse una corrispondenza a sensazioni che ho provato, ma in nessuna di queste, ho trovato la similitudine tra l'io narrante del libro e il Dante della Divina Commedia. Può sembrare un paragone forzato forse, lo so, ma a me è venuto spontaneo assimilare i cerchi del Mandala di Tadeus con i gironi  infernali danteschi, un viaggio surreale e reale allo stesso tempo verso un conoscenza di se stessi, verso un rimettere a posto le cose; e se Dante alla fine esce a riveder le stelle, Tadeus trova finalmente un po' di pace riuscendo a distaccarsi finalmente dal fantasma di Isabel.
"Per Isabel" è un libro bellissimo in qualsiasi modo lo si legga; ci possiamo addentrare nelle citazioni che fanno riferimento ad altri libri di Tabucchi (utile ma non indispensabile aver letto Requiem o Notturno Indiano) o a culture che meriterebbero di essere approfondite, ma ci possiamo anche fermare al qui e ora, assaporando e scoprendo la storia che si dispiega piano piano davanti ai nostri occhi e prenderla così, senza nulla chiedere di più.
"Per Isabel" è un romanzo malinconico ma salvifico, è pervaso della tipica malinconia degli amori irrisolti, dei misteri rimasti tali, una malinconia che, chiunque abbia lasciato nel suo passato storie sospese, avverte come propria. Comunque, dopo tanto tormentoso cercare, si trova una sorta di salvezza dell'anima, il centro del mandala viene trovato imparando a lasciar andare i morti e ciò che non è più per poter continuare a vivere. Alla fine, tutte le culture hanno capisaldi comuni: la conoscenza di se stessi attraverso le esperienze della vita è uno di questi.
Chi legge i miei commenti sa che raramente racconto la trama dei libri che leggo, mi limito il più delle volte ad esprimere ciò che apprendo, ciò che la storia mi suscita, se lo stile è piacevole o meno... anche in questo caso non voglio raccontare chi è stata Isabel per Tabucchi, mi voglio limitare a far passare l'emozione, la sensazione di bello che questo romanzo mi ha trasmesso. 
Per avere maggiori delucidazioni razionali sulla storia invito a leggere le recensioni di queste persone, a mio avviso interessanti: Francesco Roat,  Romana Petri,  Marcello Sacco.

Citazioni

“Sto cercando di arrivare a un centro, risposi, ho percorso molti circoli concentrici e ho bisogno di un’indicazione, è per questo che sono venuto fin qui. Lei crede nei circoli concentrici?, mi chiese Lise. Non so, dissi io, è una pratica come un’altra, forse anch’essa è una forma d’arte integrativa, ma io non sono un adepto. E allora cos’è?, mi chiese lei. Mi consideri solo uno che cerca, risposi io, sa, l’importante è cercare. Sono d’accordo, confermò lei, l’importante è cercare, non importa se si trova o non si trova.”


“che tu volevi liberarti dei tuoi rimorsi, non ero tanto io che tu cercavi, ma te stesso, per dare un’assoluzione a te stesso, un’assoluzione e una risposta”



“Io presi la fotografia di Isabel e me la misi in tasca. Questa la porto con me, dissi. Faccia pure, disse lui, è nel suo diritto, di tutto resta un poco, a volte un’immagine.”


Passi di: Antonio Tabucchi. “Per Isabel. Un Mandala

giovedì 19 marzo 2015

Ogni promessa di Andrea Bajani


Andrea Bajani sa usare le parole, le sa usare bene, ha una dimestichezza poetica nel loro impiego non indifferente... eppure...
Questo è un  romanzo  bello, profondo,  che tocca con raffinatezza e pudore vari argomenti scomodi come gli orrori della guerra, il tradimento, la pazzia, l'impossibilità di avere figli, il desiderio di riscattare i propri errori... eppure...
All'inizio sono stata tentata di mollare, l'impatto non è stato piacevole, il modo di scrivere l'ho sentito quasi invadente nel raccontare il rapporto in crisi tra il protagonista e la moglie, poi proseguendo mi sono accorta che il registro che mi infastidiva era per lo più legato solo alle descrizioni del m énage di coppia, che per fortuna non aveva preponderanza nel libro nel suo complesso.
In alcuni passaggi ho quasi ritrovato la mia storia familiare e mi sono assimilata all'io narrante: anche io ho una madre che si chiama Giovanna, ed anche mia madre come la madre del protagonista ha incontrato suo padre già da grande perché prigioniero in Russia durante la seconda guerra mondiale, e anche mia madre si è nascosta tra le gambe di mia nonna, poi le similitudini finiscono qui per fortuna.
Nonostante la bellezza della storia e la bravura dell'autore però questo libro non mi è entrato sotto pelle, è rimasto in superficie, facendosi ammirare nella sua perfezione stilistica senza coinvolgermi in modo viscerale, e non so spiegarmi perché.
Le citazioni da riportare sarebbero moltissime, proprio grazie allo stile di Bajani molte frasi sono degne di evidenza per la loro poesia, cercherò comunque di darmi un limite senza esagerare.

“Ma lei mi diceva dai un bacio al nonno, e io la odiavo. Si vedeva che non lo faceva per sè, ma soprattutto per noi due, perchè lui avesse un nipote, e per me perchè provassi a crederci, di avere un nonno in più.”

“Era un istinto, non volergli sentire l’odore perchè era un odore straniero, che non mi riguardava.”

“La sera andavo a dormire già condannato, entravo nel letto come si torna a dormire in galera, abbassavo le palpebre e sentivo le chiavi del secondino girare, i suoi passi che se ne andavano via.”

“Faceva spesso così, non diceva una parola per tutto il pomeriggio e però all’ultimo faceva una domanda per mettere una prolunga al tempo che gli era concesso.”

“Gli anni che Mario era tornato a stare a casa erano cominciati una domenica mattina. Era arrivato che erano le dieci, quest’uomo che lei ancora non conosceva. Aveva aperto e dall’altra parte c’era lui, la sua faccia strappata a morsi, fermo li davanti, le aveva detto Ciao Giovanna. Lei era corsa dentro ed era tornata insieme a mia nonna, appena dietro le sue gambe, mia nonna che aveva detto solo Mario, e l’aveva fatto entrare. ”

“Eravamo venuti fuori così, una famiglia per una foto soltanto, le briciole sulla tovaglia, i bicchieri rimasti sul tavolo, e quei tovaglioli, due col nastro e uno senza.”



lunedì 16 marzo 2015

Il ventre di Napoli di Matilde Serao

Il ventre di Napoli  Bur
Collana: GRANDI CLASSICI BUR
Prezzo: 8.90 €
Pagine: 182
Formato libro: 20 x 13
Tipologia: BROSSURA








Dall'800 con furore  (4,8 stelle)    

Pensavo di trovare un romanzo antico, e invece ho trovato una serie di invettive di taglio giornalistico che di romanzo non hanno niente. Matilde Serao denuncia con passione e vigore tutta una serie di problematiche che attanagliavano la città di Napoli alla fine dell'800 e all'inizio del '900; lo sguardo è lucido, intelligente, la proprietà di linguaggio nell'esprimersi e nel focalizzare i problemi è sconcertante. Di antico questo libro ha solo il modo di scrivere, che ovviamente non può essere quello di un autore contemporaneo, per il resto vi si trova un'attualità di pensiero e di problematiche che lascia a bocca aperta. Chiaramente la città di Napoli oggi non vive le situazioni descritte dalla Serao ma credo che stia ancora pagando le conseguenze di ciò che era la vita nel periodo in cui questo libro è stato scritto. Soprattutto per quanto riguarda certi meccanismi umani e politici o certe questioni si può tranquillamente affermare che ciò che scriveva l'autrice può essere tutt'oggi ritenuto valido, e non mi riferisco a paesi sottosviluppati dove ad ora la realtà napoletana dell'800 è la norma, bensì alla stessa Italia, in cui alcuni modi di pensare e di agire continuano ad agire indisturbati e ad affossare sempre più le classi meno abbienti e disagiate.
Leggendo i classici mi sto accorgendo sempre più che ci sono alcune cose che restano immutate nel tempo, che nonostante l'agire, l'arrabattarsi di chi ha buona volontà, alla fine il mondo gira e si rinnova senza mai cambiare profondamente, i cambiamenti sono apparenti, le migliorie arrivano ad un certo punto e poi si arrestano, come se fosse insito nell'umanità l'errore, come se l'uomo fosse destinato a non arrivare mai alla sua parte migliore bensì abbia la condanna di lottare coi mulini a vento nei secoli dei secoli.
Questa scrittrice coraggiosa e senza peli sulla lingua ha gridato la disperazione dei più deboli e rassegnati, ha denunciato l'ipocrisia delle bonifiche e delle ristrutturazioni di facciata, ha sbattuto in faccia a tutti quella verità lurida e maleodorante dei quartieri popolari dove la gente viveva peggio delle bestie, ha saputo analizzare le manie e le abitudini dei napoletani in modo esemplare, ha evidenziato mali che ancora oggi portano alla rovina migliaia di persone ( gioco, usura ecc.)
Leggendo le parole della Serao non ho potuto fare a meno di fare un paragone con una giornalista dei giorni nostri: Milena Gabbanelli, la quale porta avanti le sue scomode inchieste, collezionando denunce e diffide, senza farsi intimidire; spero che chi mi legge abbia visto almeno una volta Report, il programma che Milena Gabbanelli conduce, tuttavia se non ne fosse a conoscenza invito caldamente a seguire questo LINK e ad informarsi in merito. 

Le Citazioni saranno molte ed estese, perchè vorrei trasmettere il più possibile il messaggio della Serao ed invogliare alla lettura de "Il ventre di Napoli" quale esempio di denuncia sociale valida in ogni tempo.


"tutta questa rettorichetta a base di golfo e di colline fiorite, di cui noi abbiamo già fatto e
oggi continuiamo a fare ammenda onorevole, inginocchiati umilmente innanzi alla patria che soffre;
tutta questa minuta e facile letteratura frammentaria, serve per quella parte di pubblico che non
vuole essere seccata per racconti di miserie"

"Per distruggere la corruzione materiale e quella morale, per rifare la salute e la coscienza a
quella povera gente, per insegnare loro come si vive - essi sanno morire, come avete visto! - per dir
loro che essi sono fratelli nostri, che noi li amiamo efficacemente, che vogliamo salvarli, non basta
sventrare Napoli: bisogna quasi tutta rifarla."

"Non è dunque una razza di animali, che si compiace del suo fango; non è dunque una razza
inferiore che presceglie l'orrido fra il brutto e cerca volenterosa il sudiciume; non si merita la sorte
che le cose gl'impongono; saprebbe apprezzare la civiltà, visto che quella pochina elargitagli, se l'ha
subito assimilata; meriterebbe di esser felice.
Abita laggiù, per forza."

"Questo guazzabuglio di fede e di errore, di misticismo e di sensualità, questo culto esterno
così pagano, questa idolatria, vi spaventano? Vi dolete di queste cose, degne dei selvaggi? E chi ha
fatto nulla per la coscienza del popolo napoletano? Quali ammaestramenti, quali parole, quali
esempi, si è pensato di dare a questa gente così espansiva, così facile a conquidere, così
naturalmente entusiasta? In verità, dalla miseria profonda della sua vita reale, essa non ha avuto
altro conforto che nelle illusioni della propria fantasia: e altro rifugio che in Dio."

"Il lotto, il lotto è il largo sogno, che consola la fantasia napoletana: è l'idea fissa di quei cervelli
infuocati; è la grande visione felice che appaga la gente oppressa; è la vasta allucinazione che si
prende le anime <...> Dove vi è un vero bisogno tenuto segreto, dove vi è uno spostamento che nulla vale a riequilibrare, dove vi è una rovina finanziaria celata ma imminente, dove vi è un desiderio che ha tutte le condizioni dell'impossibilità, dove la durezza nascosta della vita più si fa sentire, e dove solo il danaro può esser rimedio, ivi il giuoco del lotto prende possesso, domina <...>come tutti i rimedi fittizi che nascono dalla miseria, esso produce miseria, degradazione, delitto."

"il popolo napoletano si mette nelle mani dell'usura: il vero cancro, di cui muore."

"In tutte le città civili, queste mandre di bestie utili ma sporche e puzzolenti, queste vacche non si vedono per le vie: il latte si compra nelle botteghe pulite e bianche di marmi.
A Napoli, no: è troppo pittoresco il costume, per abolirlo. Nessun municipio osa farlo. "

"Da quanti anni non viene, qui, un sindaco, un assessore? Da quanti anni non si lavano, queste vie? Da quanti mesi non si spazzano? Tutto il letame delle bestie e delle persone e delle case, tutto è qui e nessuno ce lo toglie, qui, sull'orlo della civiltà novella, dietro ai palazzi sontuosi!"

"E, in ultimo, sapete che è accaduto? Che il popolo, non potendo abitare il Rettifilo, di cui le pigioni sono molto care, non avendo le traverse a sua disposizione, non avendo delle vere case del popolo, è stato respinto, respinto, dietro il paravento! Così si è accalcato molto più di prima; così il
Censimento potrebbe dirvi che tutta la facciata del Rettifilo, è poco abitata, e tutto ciò che è dietro,
disgraziatamente, è abitato più di prima; che dove erano otto persone, ora sono dodici; che lo spazio
è diminuito e le persone sono cresciute; che il Rettifilo, infine, ha fatto al popolo napoletano più male che bene!"

"Ma si permetta a un'anima solitaria e ardente di passione, pel suo paese, come è la mia, di
chiedere una parte di tutto questo, una povera, piccola parte per migliorare le condizioni igieniche e
morali del popolo napoletano. Non si chiedono milioni, poichè i milioni hanno fatto fiasco
nell'opera del Risanamento, e nessuno, naturalmente, vuol dare più milioni, quando i primi sono
stati spesi male o perduti, per fatalità quasi che una mano misteriosa perseguitasse questo buon
popolo nostro"

"Un cattivo odore di stantio, di cose antiche e consunte, tenute troppo tempo chiuse e tirate
fuori, si è diffuso nell'aria che respiriamo, da qualche giorno. Nei primi comizî, nei primi proclami,
con una certa finzione di serietà, anche, son venuti fuori dagli armadi sgangherati della rettorica
amministrativa: il partito clerico-borbonico, il partito clerico-moderato, il partito socialistoide, il
partito anarcoide e, persino, guarda, guarda, quella consumatissima cosa che è il partito liberale. È
come un mucchio di ferri vecchi polverosi e arruginiti, tirato fuori da un camerino di sbarazzo:
come un fagottello di cenci sdruciti e sporchi, disciolto, in terra. La polvere acre si distacca da tutto
questo tritume: la muffa si attacca, viscida, alle mani di chi vi si accosta: e il libero aere ne è ammorbato. La gente passa, si tura il naso, alza le spalle e sorride di scherno. Per molti anni, queste parole, queste frasi, ebbero un contenuto di vita: ma il tempo è trascorso e i tempi si sono mutati:
ma tutto questo è vuoto, è floscio, è senza colore, è senza sangue, è simile al palloncino di pelle che
era leggiero, volava in aria, aveva i bei colori della gioja, che il bimbo ha rotto e che è, adesso, uno
straccetto ignobile."

"Non so da quanti anni si sta delirando e spendendo intorno al Maschio Angioino, sempre e la cancrena più ributtante divora il popolo napoletano, confitto nelle tenebre dell'ignoranza: e neppure i cattolici che da Cristo Signore Nostro avrebbero dovuto apprendere l'amore dei piccoli e degli oscuri, fanno niente. I socialisti domandavano la refezione scolastica: e avevano ragione, ma prima della refezione che andrebbe a figliuoli delle persone agiate, aprire delle scuole, aprirne altre cento, dappertutto, ecco quella che è la carità sociale, la solidarietà sociale!"

"il difetto di cui tutti siamo malati, è la fretta, poichè noi siamo, anche, malati di superficialità"
Matilde Serao da "Il ventre di Napoli"


mercoledì 11 marzo 2015

Morte di un uomo felice di Giorgio Fontana

Sellerio 2014
La memoria n. 960
280 pagine
EAN 9788838931727
8ª edizione
Formato e-book: epub





*** Attenzione: di seguito anticipazioni sulla trama (SPOILER) ***

La bellezza dei toni bassi   


Questo è un libro sotto tono,  privo di eccessi, di frasi ad effetto, dove i sentimenti ed i pensieri sono raccontati con garbo, con discrezione; ed infatti la figura del protagonista è una figura discreta, integra nelle sue convinzioni ma moderata nell'esporle. Lo stile letterario usato mi pare che rispecchi pienamente il personaggio principale, Giorgio Fontana è riuscito senza dubbio a dar vita ad un libro coerente tra forma e contenuto.
Questo romanzo ha il pregio di fornire uno spaccato sugli anni del terrorismo in Italia in parallelo agli anni della resistenza, un accostamento insolito se vogliamo ma molto intelligente a mio parere. Di fatto le storie che si snodano alternate sono quelle di padre e figlio, l'uno ucciso giovanissimo dalla dittatura fascista in quanto partigiano e raccontato attraverso i ricordi, l'altro, personaggio principale del libro, ucciso ormai maturo dai terroristi, dopo una vita a servizio della giustizia nel rispetto dei propri principi. L'intelligenza di questo parallelismo secondo me sta nel mostrare che alla fine non sono gli ideali o il colore politico a renderti vittima o carnefice, bensì il libero arbitrio di ognuno, è quello che porta a decidere il modo in cui servire le proprie convinzioni.
Morte di un uomo felice mi ha ricordato un po' Stoner di Williams, probabilmente per lo stesso modo poco enfatico di raccontare e per la forza del protagonista che non viene esternata mediante atteggiamenti eclatanti bensì tramite una integrità personale discreta ma ferrea.
Nel complesso un bel romanzo che lascia l'amaro in bocca, quell'amaro tipico delle storie che sappiamo essere vere ed ingiuste, quell'amaro di cui conosciamo la realtà attraverso i ricordi delle notizie al telegiornale o tramite i racconti ascoltati in famiglia.

Consiglio di leggere anche questo commento su Anobii di Alfredo Li Pira, molto bello a mio avviso.

Citazioni

Cit. Morte di un uomo felice, Giorgio Fontana, su Esternazione di Monica Spicciani



"Da bambino amava pregare in piedi. La genuflessione gli sembrava parte di un rito troppo vistoso: puzzava quasi di idolatria."

"Avevano creato, forgiandolo a furia di ripetizioni e proclami (mai un dubbio, mai una domanda), un vocabolario che era il commento di sé stesso. La parola non illuminava più nulla. Gettava soltanto un'ombra."

"tornò in paese avvolto in un sacco di iuta, mentre la gente taceva di paura o si toglieva il cappello, e suo suocero diceva che era morto per niente, e i suoi amici in lacrime dicevano che era morto per l'Italia, per la causa, per la libertà. Ma nelle lunghe sere della sua adolescenza, a Colnaghi piaceva pensare che suo padre fosse morto semplicemente perché amava suo figlio."

"Eppure un lampo improvviso lo lacerò da cima a fondo: un ultimo, insostenibile rimpianto per la vita che gli restava da vivere e il desiderio che ancora provava, <...> rimettere a posto ogni cosa, essere infine l'uomo che si sforzava di diventare: no, no, no, voleva ancora tempo, ancora tempo! "

lunedì 9 marzo 2015

In tutti i sensi come l'amore di Simona Vinci


Spiacevole e disturbante (2,7 stelle) 

Ho fatto decisamente bene ad aspettare qualche giorno per recensire questo libro, perchè sull'onda delle forti emozioni suscitatemi non riuscivo a capire se mi fosse piaciuto o meno; ecco, a distanza di cinque giorni posso affermare che non mi è piaciuto.
Innanzitutto va detto che si tratta di una serie di racconti, fra i quali ve ne sono alcuni che ho apprezzato sia per l'originalità che per lo stile letterario, in compenso però ce ne sono altri dove lo stile, talvolta barcollante, non è riuscito a sopperire al disgusto che l'argomento trattato mi ha provocato.
Queste storie mi hanno lasciato addosso un profondo disagio e mi sono chiesta se ce ne fosse stato bisogno nel mondo della letteratura, in alcune pare che l'autrice abbia fatto un mero esercizio stilistico corredato un gusto dell'orrido spiccato, in altre invece viene fuori un contenuto  interessante esternato mediante una scrittura precisa, fredda, ricca.
La domanda che sorge spontanea è dove in effetti sia l'amore che appare nel titolo... vi ho trovato molti sensi, ma amore, inteso come lo intendo io (e non parlo di quello dei romanzetti rosa!) proprio non sono riuscita a scovarlo.
Quello che rimane fuori dalla mia portata è come una persona abbia potuto concepire storie del genere, sicuramente in Simona Vinci c'è della genialità e pure una creatività spiccatissima, peccato che si esprima in un modo così fastidiosamente morboso ed inquietante.
Gli unici racconti che salvo sono: Agosto nero, Da solo, Fotografie, Fuga con la bambina e In viaggio con le scarpe rosse. Degli altri avrei fatto volentieri a meno.



sabato 28 febbraio 2015

Grazie per quella volta di Serena Dandini


Grazie per quella volta (confessioni di una donna difettosa) 
Serena Dandini
Marchio: Rizzoli
Collana: VARIA
Pagine: 252
Formato libro: 20 x 13
Tipologia: BROSSURA








Grazie per due piacevoli pomeriggi (3,6 stelle)   

Dopo la tragica lettura di Laura Pariani, avevo un bisogno estremo di leggerezza e umorismo per riprendermi, e qui li ho trovati.
Serena Dandini, con il consueto charme, riesce a parlare di cose piccole e grandi comuni a molte donne, senza scadere nella solita tiritera autolesionistica o nell'eccessivo desiderio di voler far ridere a tutti i costi.
E' una lettura simpatica, intelligente seppur senza troppe pretese, che fa sorridere e riflettere su quanto in fondo siamo tutti molto simili seppur diversi nelle piccolezze di ogni giorno, e diventa inevitabile riconoscersi in una o più situazioni raccontate nei vari capitoli con lo stile ironico della Dandini.
Consigliato per svagarsi. Alcuni passaggi sono delle vere chicche.

Citazioni:

citazione di Serena Dandini su quadro rielaborato di Monica Spicciani


Ma se le nostre madri erano arrapanti con il mutandone nero sopra a un pagliaio, perché noi dobbiamo strisciare sotto la dittatura del push up?

Vogliamo essere intrattenuti, distratti e consolati da gadget senza vita che possiedono l'enorme vantaggio di non chiedere mai niente in cambio, se non un po' di manutenzione.

Fanno molta tristesa le persone devastate dal proprio ego e che non se ne rendono conto. Come se avessero una malattia grave ma fosse ormai troppo tardi per fronteggiare la situazione: vanno a ruota libera e nessuno ha più la forza di farglielo notare, tanto si tratta di una causa persa. <...> Non si stancano mai di parlarsi addosso e, se per caso siete riusciti a inserirvi in una pausa del loro monologo, non ascoltano una parola di quel o che state dicendo: aspettano solo di ricominciare il loro discorso, praticamente vi prestano l'attenzione che si dà a un'interruzione pubblicitaria durante un film da Oscar.

Il vecchio è incattivito perché il mondo non è andato proprio come se lo immaginava, e non fa niente per nascondere la sua delusione. In una società che ha fatto del 'eterna giovinezza una categoria morale assoluta l'unico benvoluto è il vecchio arzil o, il nonnetto tutto pepe, gonfio di Viagra, che si agita più dei nipotini condendo il suo eloquio di ritriti doppi sensi e occhiatine complici; un guaio averlo in famiglia, peggio ancora a chi è capitato come capo del governo.

Lasciarsi sfiorire con grazia non è più concesso, bisogna essere fotogenici, telegenici, di bella e fresca presenza, sempre.

mercoledì 25 febbraio 2015

Dio non ama i bambini di Laura Pariani


Dio non ama nessuno  

“Che senso ha trasformare un evento reale in un romanzo, se non si può cambiare ogni cosa, soprattutto il finale? Che senso ha raccontare una storia, se non quello di risvegliare il desiderio di una vita diversa che tutti nascondono in sé?”

Passi di: Laura Pariani. “Dio Non Ama I Bambini”

Laura Pariani si è rivelata per l'ennesima volta una grande scrittrice, capace di portare il lettore dentro le storie e di fargliele  sentire sulla propria pelle. Non è stata una lettura facile, l'argomento è crudele e le descrizioni così reali che, se non fosse per il valore culturale e letterario intrinseco, si potrebbe definire questo libro un "horror".
Il guaio è che per raccontare certe storie, certe situazioni, e farle arrivare nella loro verità, non si possono fare sconti sulle parole da usare, non si possono dare versioni edulcorate della realtà se è proprio della realtà che vogliamo parlare, certi fatti si possono descrivere solo usando i termini corretti altrimenti ci stiamo a raccontare le novelle. La Pariani parte da fatti realmente accaduti nell'Argentina nei primi del '900, il romanzo è ambientato a Buenos Aires nei quartieri degli immigrati, soprattutto italiani, e ci offre una fotografia realistica e umanamente sconvolgente, di ciò che era la vita per la classe povera del nostro popolo costretto ad emigrare.
Il sudiciume, l'ignoranza, l'assenza di diritti per le donne e per i bambini, una cultura di sopruso che oggi fatichiamo a pensare possibile tra la nostra gente, ma che solo cento anni fa era la norma.
La cosa che mi ha colpita è che solo un secolo ci separa da queste storie, e a noi, che oggi ci consideriamo così evoluti, anche per quanto riguarda i diritti umani, può sembrare impossibile essere passati per una tale barbarie. Ma la cosa che mi ha sconvolta maggiormente è che in realtà nessun secolo ci separa da questo modo di vivere bruto, la condizione dei nostri emigranti in Argentina di cento anni fa è la stessa dei disgraziati che arrivano adesso sulle nostre coste sui barconi, gente disperata che non ha nulla da perdere e viene in Italia nella speranza di una vita migliore, con la differenza che oggi emigrano anche i laureati.
La condizione della donna, che nella nostra cultura ha fatto passi da gigante, in alcune popolazioni è rimasta ai limiti della schiavitù, proprio come leggiamo in questo libro, perchè anche le donne italiane sono state trattate come schiave, come esseri buoni solo a fare figli e a spaccarsi la schiena.
Il dato che emerge con prepotenza è che l'ignoranza, la mancanza d'istruzione, sono i pilastri base della mancanza di diritti, degli atteggiamenti barbari e brutali, della cattiveria che si sviluppa tra i poveracci; quindi questa gente è disgraziata non solo perchè vissuta cento anni fa, ma soprattutto perchè cento anni fa moriva di fame e non aveva un minimo di istruzione. Se adesso in Italia ci sentiamo lontani anni luce da certe situazioni non è tanto merito del tempo passato quanto di un'evoluzione culturale dovuta ad un'istruzione diffusa e alla portata di tutti, nonché ad un benessere economico ragionevole per la maggior parte delle persone. Sta di fatto che in certi quartieri poveri, in certi ambienti dove la cultura e l'istruzione non arrivano, tutt'ora si vivono situazioni analoghe, la differenza è che prima quella era la normalità e la maggioranza, mentre oggi è un eccezione e una minoranza.
Ho durato una fatica immensa a leggere questo libro, ciò che racconta fa male, è cattivo, spietato, ma ho resistito perchè il messaggio che la Pariani vuole dare merita di essere ascoltato e recepito.
Dio non ama i bambini, ma non ama nemmeno le donne, e nemmeno gli uomini, non ama le vittime e nemmeno i carnefici, Dio non ama nessuno, se realmente esistesse non permetterebbe certi scempi, ma questo è il mio pensiero personale da agnostica-ex-cattolica.
Questo è un romanzo che dovrebbe leggere chi si riempie la bocca di propaganda contro gli immigrati, chi urla "fuori dalle balle" dovrebbe leggere cosa passavano e cosa vivevano i nostri avi che scappavano dall'Italia perchè non avevano di che vivere, dovrebbero sapere che durante la storia vari popoli, tra cui il nostro, sono passati per momenti di grande difficoltà e sono stati costretti a scappare.


I populisti che cavalcano l'onda del malcontento e che fanno della lotta all'immigrazione una bandiera dovrebbero sapere soprattutto che l'unico modo di affrontare certe situazioni è quello di fornire istruzione a tutti, perchè l'istruzione, quella vera, è nemica della violenza, della fame, della crudeltà, dei soprusi.
Ovviamente con questo mio piccolo commento al libro della Pariani non voglio offrire soluzioni facili e ingenue ai problemi enormi che ci affliggono, non ho le capacità e nemmeno le possibilità per fornire ricette miracolose ai guai dell'umanità, voglio solo porre l'attenzione sulla leggerezza con cui certi argomenti vengono liquidati e su come troppo spesso ci si dimentichi che da certe paludi ci siamo passati anche noi.

"Dio non ama i bambini" è un libro duro ma molto bello. Leggetelo.

Citazioni


"Cos'è la paura? 'na gromma depositata dentro ognuno di noi; e che talvolta si liquefa, e allora pensiamo che succeda per certi motivi, par chéstu o par chélól; cose che invece stan facendo solo da schermo. Perché la paura nasce dal silenzio."

"è diventata una consuetudine la "cama cariente": il padrone di un'abitazione affitta un letto a ore, cinque o sei letti per ogni stanza; gli immigrati dormono quattro ore, poi vengono svegliati e nel letto ancor caldo si sdraia qualcun altro che nel frattempo è rimasto ad aspettare il suo turno nel patio"

"La miseria che spinge al delitto, l'ignoranza dei genitori spesso analfabeti che ancora non comprendono l'importanza dell'istruzione per i propri figli, la necessità di una degradante vita in comune, la frequenza con cui in tale promiscuità i piccoli assistono a fatti crudeli, la perenne depressione dello spirito, le ingiustizie patite ogni giorno, pervertono e distruggono i principi della vita morale che ogni giovane vita possiede."

"Pensa al figlio che aspetta e vorrebbe che fosse già nato. Quel bambino uovo che sta nascosto dentro di lei. Sperando sia davvero un maschio. Altrimenti sarebbe meglio non nascesse."

"Come se bastasse voler lavorare per trovare un impiego. Lo dificil es encontrar trabajo. Lo dificil è non ammattire, non avvilirsi, reprimere il desiderio di ammazzare chi ti sbatte la porta sul muso."

"si capiva che gente al pari nostro non poteva passare, non tanto per i soldi che al mondo si può anca rubarli, ma perché eravamo differenti nella testa e nell'anima per tutto quanto non avevamo ricevuto dalla scuola e dalla famiglia"

"'sti italiani protestano perché vogliono cambiare la propria condizione, fare come i padroni, ma essere capi non è da tutti, bisogna nascerci col sangue adatto, studiare, educarsi. Certo che ci stanno cose che dovrebbero essere cambiate, chi lo nega, ma con calma, perdio, non si può guidare un cavallo da corsa con mano inesperta, solo chi ha le redini in mano sa la strada, mica la bestia nata per il lavoro, gli immigrati la politica non la capiscono, cosa possono sapere con quel cervello da gallina. Perfidi, capaci di fartela sotto il naso, in quello sono davvero esperti."

"sente di avere in pugno la folla: nella vita vince chi conosce meglio la gente, il burattinaio che sa muovere meglio i gioppini. E lui sa farlo"

"Credo che per certe persone impazzire sia l'unico modo per non pensare più a quello che fa male"



“DAL FOGLIO ANARCHICO "IL FRATELLO VENDICATORE", dicembre 1908
Credo nell'uomo, essere potente, creatore del progresso, principio di tutte le felicità sopra la Terra, e nella libertà individuale, suo unico mezzo, conseguita per opera delle sue sole forze: nacque dalla vergine anarchia primitiva, pati sotto il potere della religione e dello Stato; fu crocifisso, morì e fu sepolto nella persona dei propagandisti; discese all'inferno del feudalesimo e tre secoli dopo resuscitò tra gli oppressi, salì ai cieli dei governi mesocràticos, està sentado por la diestra burguesìa todopoderosa e da li ha da venire a giudicare ed estinguere abusi e privilegi; credo nello spirito del progresso incessante, nella Scuola sociologica, riformista aerata, nella scomparsa di tutti i privilegi, en la resurrección de la justicia y en la vida perdurable del bienestar humano, por virtud de mis principios anarquistas. Amen.”

Passi di: Laura Pariani. “Dio Non Ama I Bambini”

domenica 22 febbraio 2015

La danza del mondo di Maria Pia Ammirati


Genereletteratura italiana
Listino:€ 10,00
Editore:Mondadori
Collana:Oscar contemporanea
Data uscita:15/04/2014
Pagine:204
Formato:brossura
Lingua:Italiano
EAN:9788804637974



Molta attesa per nulla  

(del perché abbandonare un libro arrivando nemmeno a metà)

Dopo l'innamoramento per Maria Pia Ammirati in seguito alla lettura del suo racconto "Le voci intorno" ho atteso questo romanzo pregustandomi belle emozioni.
Mai storia d'amore letteraria fu così breve.
Fin da subito ho sentito un'ostilità, un rifiuto verso la vicenda narrata, verso la protagonista, verso il libro in generale e sinceramente non riesco a spiegarmi bene il perchè; non ho la capacità di tradurre in qualcosa di razionale ed in parole questa mia avversione, so solo che per ben due sere mi sono sforzata di proseguire nella lettura ricevendo in cambio un disagio quasi fisico. Ma si può star male per voler leggere un libro a tutti i costi? Ovviamente no. Dopo 90 pagine ho detto basta.
Lo stile della Ammirati non è male, in alcuni passaggi si nota una capacità notevole di tradurre in parole concetti e sensazioni, ma non lo sento autentico; non mi arriva quel senso di verità che talvolta trovo nei romanzi che ritegno di un certo livello. In questo libro il tutto mi appare freddo e ragionato, senza avvicinarsi tuttavia al distacco autoriale che di alcuni grandi scrittori è diventato sinonimo di uno stile ben preciso ed una griffe.
La protagonista mi è decisamente antipatica, inconsistente ed inconcludente; essendo presente nel  libro come io narrante, Linda si definisce "una ragazza" all'età di 25 anni, che in effetti non sono molti, ma nemmeno così pochi da rendere attraente un'atteggiamento da bambinetta disturbata. Questo scrivere in prima persona a mio parere si può rivelare un'arma a doppio taglio, sicuramente rende più facile l'empatia con il lettore e la restituzione di pensieri e sensazioni, ma può anche somigliare al diario segreto di una donna con capacità letterarie decenti e fermarsi lì.
Questo è un libro che mi pare più adatto alla realizzazione di una fiction televisiva più che alla lettura in sé per sé, una storia d'amore, per quanto scritta accuratamente, che mi rammenta le centinaia di librini rosa letti durante l'adolescenza (vedi collezione Harmony), un percorso di maturazione alla Siddartha che sinceramente risulta un po' forzato... beh, forse, mentre scrivo queste impressioni sto focalizzando i motivi xhw credevo inafferrabili per cui sento che non vale la pena continuare con questa lettura.
No, decisamente non ho nessuna voglia di dedicare a "la danza del mondo" altro tempo ed altra energia.