mercoledì 25 marzo 2015

Para Isabel - Per Isabel, un mandala di Antonio Tabucchi

*** Attenzione: di seguito anticipazioni sulla trama (SPOILER) ***


Para Isabel Antonio Tabucchi

Editor: Dom Quixote
Ano de edição: 2014
Tipo de artigo: Livro
ISBN: 9789722054409
Número de páginas: 112
Local edição: Lisboa
Idioma: Português
Tradutor: Lima, Sónia Martelli De
Encadernação: Brochado



Editore:Feltrinelli Editore
Data uscita:09/10/2013
Pagine:-
Formato:EPUB
Lingua:Italiano
EAN:9788858813874

Cerchi, gironi e storie quasi rimesse a posto.  

Mio caro Antonio Tabucchi, che tanto amavi Lisbona, ho voluto leggere il tuo libro anche in portoghese, seppur sapendo che in questo caso la lingua in cui è nato ed è stato scritto è l'italiano; ma le tue parole in portoghese suonano perfette, come perfetto è l'amore che sempre hai dimostrato verso questo paese, una vera e propria seconda patria.

Ho letto varie recensioni in merito a questo libro, per cercare forse una corrispondenza a sensazioni che ho provato, ma in nessuna di queste, ho trovato la similitudine tra l'io narrante del libro e il Dante della Divina Commedia. Può sembrare un paragone forzato forse, lo so, ma a me è venuto spontaneo assimilare i cerchi del Mandala di Tadeus con i gironi  infernali danteschi, un viaggio surreale e reale allo stesso tempo verso un conoscenza di se stessi, verso un rimettere a posto le cose; e se Dante alla fine esce a riveder le stelle, Tadeus trova finalmente un po' di pace riuscendo a distaccarsi finalmente dal fantasma di Isabel.
"Per Isabel" è un libro bellissimo in qualsiasi modo lo si legga; ci possiamo addentrare nelle citazioni che fanno riferimento ad altri libri di Tabucchi (utile ma non indispensabile aver letto Requiem o Notturno Indiano) o a culture che meriterebbero di essere approfondite, ma ci possiamo anche fermare al qui e ora, assaporando e scoprendo la storia che si dispiega piano piano davanti ai nostri occhi e prenderla così, senza nulla chiedere di più.
"Per Isabel" è un romanzo malinconico ma salvifico, è pervaso della tipica malinconia degli amori irrisolti, dei misteri rimasti tali, una malinconia che, chiunque abbia lasciato nel suo passato storie sospese, avverte come propria. Comunque, dopo tanto tormentoso cercare, si trova una sorta di salvezza dell'anima, il centro del mandala viene trovato imparando a lasciar andare i morti e ciò che non è più per poter continuare a vivere. Alla fine, tutte le culture hanno capisaldi comuni: la conoscenza di se stessi attraverso le esperienze della vita è uno di questi.
Chi legge i miei commenti sa che raramente racconto la trama dei libri che leggo, mi limito il più delle volte ad esprimere ciò che apprendo, ciò che la storia mi suscita, se lo stile è piacevole o meno... anche in questo caso non voglio raccontare chi è stata Isabel per Tabucchi, mi voglio limitare a far passare l'emozione, la sensazione di bello che questo romanzo mi ha trasmesso. 
Per avere maggiori delucidazioni razionali sulla storia invito a leggere le recensioni di queste persone, a mio avviso interessanti: Francesco Roat,  Romana Petri,  Marcello Sacco.

Citazioni

“Sto cercando di arrivare a un centro, risposi, ho percorso molti circoli concentrici e ho bisogno di un’indicazione, è per questo che sono venuto fin qui. Lei crede nei circoli concentrici?, mi chiese Lise. Non so, dissi io, è una pratica come un’altra, forse anch’essa è una forma d’arte integrativa, ma io non sono un adepto. E allora cos’è?, mi chiese lei. Mi consideri solo uno che cerca, risposi io, sa, l’importante è cercare. Sono d’accordo, confermò lei, l’importante è cercare, non importa se si trova o non si trova.”


“che tu volevi liberarti dei tuoi rimorsi, non ero tanto io che tu cercavi, ma te stesso, per dare un’assoluzione a te stesso, un’assoluzione e una risposta”



“Io presi la fotografia di Isabel e me la misi in tasca. Questa la porto con me, dissi. Faccia pure, disse lui, è nel suo diritto, di tutto resta un poco, a volte un’immagine.”


Passi di: Antonio Tabucchi. “Per Isabel. Un Mandala

giovedì 19 marzo 2015

Ogni promessa di Andrea Bajani


Andrea Bajani sa usare le parole, le sa usare bene, ha una dimestichezza poetica nel loro impiego non indifferente... eppure...
Questo è un  romanzo  bello, profondo,  che tocca con raffinatezza e pudore vari argomenti scomodi come gli orrori della guerra, il tradimento, la pazzia, l'impossibilità di avere figli, il desiderio di riscattare i propri errori... eppure...
All'inizio sono stata tentata di mollare, l'impatto non è stato piacevole, il modo di scrivere l'ho sentito quasi invadente nel raccontare il rapporto in crisi tra il protagonista e la moglie, poi proseguendo mi sono accorta che il registro che mi infastidiva era per lo più legato solo alle descrizioni del m énage di coppia, che per fortuna non aveva preponderanza nel libro nel suo complesso.
In alcuni passaggi ho quasi ritrovato la mia storia familiare e mi sono assimilata all'io narrante: anche io ho una madre che si chiama Giovanna, ed anche mia madre come la madre del protagonista ha incontrato suo padre già da grande perché prigioniero in Russia durante la seconda guerra mondiale, e anche mia madre si è nascosta tra le gambe di mia nonna, poi le similitudini finiscono qui per fortuna.
Nonostante la bellezza della storia e la bravura dell'autore però questo libro non mi è entrato sotto pelle, è rimasto in superficie, facendosi ammirare nella sua perfezione stilistica senza coinvolgermi in modo viscerale, e non so spiegarmi perché.
Le citazioni da riportare sarebbero moltissime, proprio grazie allo stile di Bajani molte frasi sono degne di evidenza per la loro poesia, cercherò comunque di darmi un limite senza esagerare.

“Ma lei mi diceva dai un bacio al nonno, e io la odiavo. Si vedeva che non lo faceva per sè, ma soprattutto per noi due, perchè lui avesse un nipote, e per me perchè provassi a crederci, di avere un nonno in più.”

“Era un istinto, non volergli sentire l’odore perchè era un odore straniero, che non mi riguardava.”

“La sera andavo a dormire già condannato, entravo nel letto come si torna a dormire in galera, abbassavo le palpebre e sentivo le chiavi del secondino girare, i suoi passi che se ne andavano via.”

“Faceva spesso così, non diceva una parola per tutto il pomeriggio e però all’ultimo faceva una domanda per mettere una prolunga al tempo che gli era concesso.”

“Gli anni che Mario era tornato a stare a casa erano cominciati una domenica mattina. Era arrivato che erano le dieci, quest’uomo che lei ancora non conosceva. Aveva aperto e dall’altra parte c’era lui, la sua faccia strappata a morsi, fermo li davanti, le aveva detto Ciao Giovanna. Lei era corsa dentro ed era tornata insieme a mia nonna, appena dietro le sue gambe, mia nonna che aveva detto solo Mario, e l’aveva fatto entrare. ”

“Eravamo venuti fuori così, una famiglia per una foto soltanto, le briciole sulla tovaglia, i bicchieri rimasti sul tavolo, e quei tovaglioli, due col nastro e uno senza.”



lunedì 16 marzo 2015

Il ventre di Napoli di Matilde Serao

Il ventre di Napoli  Bur
Collana: GRANDI CLASSICI BUR
Prezzo: 8.90 €
Pagine: 182
Formato libro: 20 x 13
Tipologia: BROSSURA








Dall'800 con furore  (4,8 stelle)    

Pensavo di trovare un romanzo antico, e invece ho trovato una serie di invettive di taglio giornalistico che di romanzo non hanno niente. Matilde Serao denuncia con passione e vigore tutta una serie di problematiche che attanagliavano la città di Napoli alla fine dell'800 e all'inizio del '900; lo sguardo è lucido, intelligente, la proprietà di linguaggio nell'esprimersi e nel focalizzare i problemi è sconcertante. Di antico questo libro ha solo il modo di scrivere, che ovviamente non può essere quello di un autore contemporaneo, per il resto vi si trova un'attualità di pensiero e di problematiche che lascia a bocca aperta. Chiaramente la città di Napoli oggi non vive le situazioni descritte dalla Serao ma credo che stia ancora pagando le conseguenze di ciò che era la vita nel periodo in cui questo libro è stato scritto. Soprattutto per quanto riguarda certi meccanismi umani e politici o certe questioni si può tranquillamente affermare che ciò che scriveva l'autrice può essere tutt'oggi ritenuto valido, e non mi riferisco a paesi sottosviluppati dove ad ora la realtà napoletana dell'800 è la norma, bensì alla stessa Italia, in cui alcuni modi di pensare e di agire continuano ad agire indisturbati e ad affossare sempre più le classi meno abbienti e disagiate.
Leggendo i classici mi sto accorgendo sempre più che ci sono alcune cose che restano immutate nel tempo, che nonostante l'agire, l'arrabattarsi di chi ha buona volontà, alla fine il mondo gira e si rinnova senza mai cambiare profondamente, i cambiamenti sono apparenti, le migliorie arrivano ad un certo punto e poi si arrestano, come se fosse insito nell'umanità l'errore, come se l'uomo fosse destinato a non arrivare mai alla sua parte migliore bensì abbia la condanna di lottare coi mulini a vento nei secoli dei secoli.
Questa scrittrice coraggiosa e senza peli sulla lingua ha gridato la disperazione dei più deboli e rassegnati, ha denunciato l'ipocrisia delle bonifiche e delle ristrutturazioni di facciata, ha sbattuto in faccia a tutti quella verità lurida e maleodorante dei quartieri popolari dove la gente viveva peggio delle bestie, ha saputo analizzare le manie e le abitudini dei napoletani in modo esemplare, ha evidenziato mali che ancora oggi portano alla rovina migliaia di persone ( gioco, usura ecc.)
Leggendo le parole della Serao non ho potuto fare a meno di fare un paragone con una giornalista dei giorni nostri: Milena Gabbanelli, la quale porta avanti le sue scomode inchieste, collezionando denunce e diffide, senza farsi intimidire; spero che chi mi legge abbia visto almeno una volta Report, il programma che Milena Gabbanelli conduce, tuttavia se non ne fosse a conoscenza invito caldamente a seguire questo LINK e ad informarsi in merito. 

Le Citazioni saranno molte ed estese, perchè vorrei trasmettere il più possibile il messaggio della Serao ed invogliare alla lettura de "Il ventre di Napoli" quale esempio di denuncia sociale valida in ogni tempo.


"tutta questa rettorichetta a base di golfo e di colline fiorite, di cui noi abbiamo già fatto e
oggi continuiamo a fare ammenda onorevole, inginocchiati umilmente innanzi alla patria che soffre;
tutta questa minuta e facile letteratura frammentaria, serve per quella parte di pubblico che non
vuole essere seccata per racconti di miserie"

"Per distruggere la corruzione materiale e quella morale, per rifare la salute e la coscienza a
quella povera gente, per insegnare loro come si vive - essi sanno morire, come avete visto! - per dir
loro che essi sono fratelli nostri, che noi li amiamo efficacemente, che vogliamo salvarli, non basta
sventrare Napoli: bisogna quasi tutta rifarla."

"Non è dunque una razza di animali, che si compiace del suo fango; non è dunque una razza
inferiore che presceglie l'orrido fra il brutto e cerca volenterosa il sudiciume; non si merita la sorte
che le cose gl'impongono; saprebbe apprezzare la civiltà, visto che quella pochina elargitagli, se l'ha
subito assimilata; meriterebbe di esser felice.
Abita laggiù, per forza."

"Questo guazzabuglio di fede e di errore, di misticismo e di sensualità, questo culto esterno
così pagano, questa idolatria, vi spaventano? Vi dolete di queste cose, degne dei selvaggi? E chi ha
fatto nulla per la coscienza del popolo napoletano? Quali ammaestramenti, quali parole, quali
esempi, si è pensato di dare a questa gente così espansiva, così facile a conquidere, così
naturalmente entusiasta? In verità, dalla miseria profonda della sua vita reale, essa non ha avuto
altro conforto che nelle illusioni della propria fantasia: e altro rifugio che in Dio."

"Il lotto, il lotto è il largo sogno, che consola la fantasia napoletana: è l'idea fissa di quei cervelli
infuocati; è la grande visione felice che appaga la gente oppressa; è la vasta allucinazione che si
prende le anime <...> Dove vi è un vero bisogno tenuto segreto, dove vi è uno spostamento che nulla vale a riequilibrare, dove vi è una rovina finanziaria celata ma imminente, dove vi è un desiderio che ha tutte le condizioni dell'impossibilità, dove la durezza nascosta della vita più si fa sentire, e dove solo il danaro può esser rimedio, ivi il giuoco del lotto prende possesso, domina <...>come tutti i rimedi fittizi che nascono dalla miseria, esso produce miseria, degradazione, delitto."

"il popolo napoletano si mette nelle mani dell'usura: il vero cancro, di cui muore."

"In tutte le città civili, queste mandre di bestie utili ma sporche e puzzolenti, queste vacche non si vedono per le vie: il latte si compra nelle botteghe pulite e bianche di marmi.
A Napoli, no: è troppo pittoresco il costume, per abolirlo. Nessun municipio osa farlo. "

"Da quanti anni non viene, qui, un sindaco, un assessore? Da quanti anni non si lavano, queste vie? Da quanti mesi non si spazzano? Tutto il letame delle bestie e delle persone e delle case, tutto è qui e nessuno ce lo toglie, qui, sull'orlo della civiltà novella, dietro ai palazzi sontuosi!"

"E, in ultimo, sapete che è accaduto? Che il popolo, non potendo abitare il Rettifilo, di cui le pigioni sono molto care, non avendo le traverse a sua disposizione, non avendo delle vere case del popolo, è stato respinto, respinto, dietro il paravento! Così si è accalcato molto più di prima; così il
Censimento potrebbe dirvi che tutta la facciata del Rettifilo, è poco abitata, e tutto ciò che è dietro,
disgraziatamente, è abitato più di prima; che dove erano otto persone, ora sono dodici; che lo spazio
è diminuito e le persone sono cresciute; che il Rettifilo, infine, ha fatto al popolo napoletano più male che bene!"

"Ma si permetta a un'anima solitaria e ardente di passione, pel suo paese, come è la mia, di
chiedere una parte di tutto questo, una povera, piccola parte per migliorare le condizioni igieniche e
morali del popolo napoletano. Non si chiedono milioni, poichè i milioni hanno fatto fiasco
nell'opera del Risanamento, e nessuno, naturalmente, vuol dare più milioni, quando i primi sono
stati spesi male o perduti, per fatalità quasi che una mano misteriosa perseguitasse questo buon
popolo nostro"

"Un cattivo odore di stantio, di cose antiche e consunte, tenute troppo tempo chiuse e tirate
fuori, si è diffuso nell'aria che respiriamo, da qualche giorno. Nei primi comizî, nei primi proclami,
con una certa finzione di serietà, anche, son venuti fuori dagli armadi sgangherati della rettorica
amministrativa: il partito clerico-borbonico, il partito clerico-moderato, il partito socialistoide, il
partito anarcoide e, persino, guarda, guarda, quella consumatissima cosa che è il partito liberale. È
come un mucchio di ferri vecchi polverosi e arruginiti, tirato fuori da un camerino di sbarazzo:
come un fagottello di cenci sdruciti e sporchi, disciolto, in terra. La polvere acre si distacca da tutto
questo tritume: la muffa si attacca, viscida, alle mani di chi vi si accosta: e il libero aere ne è ammorbato. La gente passa, si tura il naso, alza le spalle e sorride di scherno. Per molti anni, queste parole, queste frasi, ebbero un contenuto di vita: ma il tempo è trascorso e i tempi si sono mutati:
ma tutto questo è vuoto, è floscio, è senza colore, è senza sangue, è simile al palloncino di pelle che
era leggiero, volava in aria, aveva i bei colori della gioja, che il bimbo ha rotto e che è, adesso, uno
straccetto ignobile."

"Non so da quanti anni si sta delirando e spendendo intorno al Maschio Angioino, sempre e la cancrena più ributtante divora il popolo napoletano, confitto nelle tenebre dell'ignoranza: e neppure i cattolici che da Cristo Signore Nostro avrebbero dovuto apprendere l'amore dei piccoli e degli oscuri, fanno niente. I socialisti domandavano la refezione scolastica: e avevano ragione, ma prima della refezione che andrebbe a figliuoli delle persone agiate, aprire delle scuole, aprirne altre cento, dappertutto, ecco quella che è la carità sociale, la solidarietà sociale!"

"il difetto di cui tutti siamo malati, è la fretta, poichè noi siamo, anche, malati di superficialità"
Matilde Serao da "Il ventre di Napoli"


mercoledì 11 marzo 2015

Morte di un uomo felice di Giorgio Fontana

Sellerio 2014
La memoria n. 960
280 pagine
EAN 9788838931727
8ª edizione
Formato e-book: epub





*** Attenzione: di seguito anticipazioni sulla trama (SPOILER) ***

La bellezza dei toni bassi   


Questo è un libro sotto tono,  privo di eccessi, di frasi ad effetto, dove i sentimenti ed i pensieri sono raccontati con garbo, con discrezione; ed infatti la figura del protagonista è una figura discreta, integra nelle sue convinzioni ma moderata nell'esporle. Lo stile letterario usato mi pare che rispecchi pienamente il personaggio principale, Giorgio Fontana è riuscito senza dubbio a dar vita ad un libro coerente tra forma e contenuto.
Questo romanzo ha il pregio di fornire uno spaccato sugli anni del terrorismo in Italia in parallelo agli anni della resistenza, un accostamento insolito se vogliamo ma molto intelligente a mio parere. Di fatto le storie che si snodano alternate sono quelle di padre e figlio, l'uno ucciso giovanissimo dalla dittatura fascista in quanto partigiano e raccontato attraverso i ricordi, l'altro, personaggio principale del libro, ucciso ormai maturo dai terroristi, dopo una vita a servizio della giustizia nel rispetto dei propri principi. L'intelligenza di questo parallelismo secondo me sta nel mostrare che alla fine non sono gli ideali o il colore politico a renderti vittima o carnefice, bensì il libero arbitrio di ognuno, è quello che porta a decidere il modo in cui servire le proprie convinzioni.
Morte di un uomo felice mi ha ricordato un po' Stoner di Williams, probabilmente per lo stesso modo poco enfatico di raccontare e per la forza del protagonista che non viene esternata mediante atteggiamenti eclatanti bensì tramite una integrità personale discreta ma ferrea.
Nel complesso un bel romanzo che lascia l'amaro in bocca, quell'amaro tipico delle storie che sappiamo essere vere ed ingiuste, quell'amaro di cui conosciamo la realtà attraverso i ricordi delle notizie al telegiornale o tramite i racconti ascoltati in famiglia.

Consiglio di leggere anche questo commento su Anobii di Alfredo Li Pira, molto bello a mio avviso.

Citazioni

Cit. Morte di un uomo felice, Giorgio Fontana, su Esternazione di Monica Spicciani



"Da bambino amava pregare in piedi. La genuflessione gli sembrava parte di un rito troppo vistoso: puzzava quasi di idolatria."

"Avevano creato, forgiandolo a furia di ripetizioni e proclami (mai un dubbio, mai una domanda), un vocabolario che era il commento di sé stesso. La parola non illuminava più nulla. Gettava soltanto un'ombra."

"tornò in paese avvolto in un sacco di iuta, mentre la gente taceva di paura o si toglieva il cappello, e suo suocero diceva che era morto per niente, e i suoi amici in lacrime dicevano che era morto per l'Italia, per la causa, per la libertà. Ma nelle lunghe sere della sua adolescenza, a Colnaghi piaceva pensare che suo padre fosse morto semplicemente perché amava suo figlio."

"Eppure un lampo improvviso lo lacerò da cima a fondo: un ultimo, insostenibile rimpianto per la vita che gli restava da vivere e il desiderio che ancora provava, <...> rimettere a posto ogni cosa, essere infine l'uomo che si sforzava di diventare: no, no, no, voleva ancora tempo, ancora tempo! "

lunedì 9 marzo 2015

In tutti i sensi come l'amore di Simona Vinci


Spiacevole e disturbante (2,7 stelle) 

Ho fatto decisamente bene ad aspettare qualche giorno per recensire questo libro, perchè sull'onda delle forti emozioni suscitatemi non riuscivo a capire se mi fosse piaciuto o meno; ecco, a distanza di cinque giorni posso affermare che non mi è piaciuto.
Innanzitutto va detto che si tratta di una serie di racconti, fra i quali ve ne sono alcuni che ho apprezzato sia per l'originalità che per lo stile letterario, in compenso però ce ne sono altri dove lo stile, talvolta barcollante, non è riuscito a sopperire al disgusto che l'argomento trattato mi ha provocato.
Queste storie mi hanno lasciato addosso un profondo disagio e mi sono chiesta se ce ne fosse stato bisogno nel mondo della letteratura, in alcune pare che l'autrice abbia fatto un mero esercizio stilistico corredato un gusto dell'orrido spiccato, in altre invece viene fuori un contenuto  interessante esternato mediante una scrittura precisa, fredda, ricca.
La domanda che sorge spontanea è dove in effetti sia l'amore che appare nel titolo... vi ho trovato molti sensi, ma amore, inteso come lo intendo io (e non parlo di quello dei romanzetti rosa!) proprio non sono riuscita a scovarlo.
Quello che rimane fuori dalla mia portata è come una persona abbia potuto concepire storie del genere, sicuramente in Simona Vinci c'è della genialità e pure una creatività spiccatissima, peccato che si esprima in un modo così fastidiosamente morboso ed inquietante.
Gli unici racconti che salvo sono: Agosto nero, Da solo, Fotografie, Fuga con la bambina e In viaggio con le scarpe rosse. Degli altri avrei fatto volentieri a meno.