domenica 20 ottobre 2013

Non buttiamoci giù di Nick Hornby

Copertina di Non buttiamoci giù
Di chi è la colpa?
La questione “Traduzione” viene spesso fuori quando si leggono libri non in lingua originale, e in alcuni casi più che in altri ci poniamo la domanda di quanto questa influisca sulla godibilità o meno di un libro.
In questo caso la questione risulta alquanto spinosa.
A mio parere la funzione del traduttore è quella di essere il più fedele possibile al testo originale, di restituire lo stile dell’autore al massimo, e a quanto pare in “Non buttiamoci giù” non avviene.
Purtroppo la mia conoscenza dell’inglese è troppo scarsa per poterlo affermare in prima persona, ma essendomi documentata leggendo varie recensioni, pare che Massimo Bocchiola si sia fatto prendere un po’ la mano nella trasposizione.
Il fatto curioso è che per puro caso ho letto di seguito due libri tradotti da Bocchiola, proprio prima di questo lo avevo apprezzato in “Ogni cosa è illuminata” nel quale mi è parso avesse fatto un lavoro eccellente.
La cosa che salta agli occhi e che sinceramente mi da parecchio sui nervi è la totale mancanza dell’uso dei congiuntivi. Posso capire che per rendere il lessico un po’ volgare e ignorante di un paio di personaggi sia concepibile questa licenza, ma non che venga sistematicamente adottata questa sgrammaticatura per tutto il romanzo.
Quindi mi trovo in grossa difficoltà a dare una valutazione perchè oltre alla validità della storia molto incide il come è scritta, e in questo caso è infarcita di parolacce (così anche nel testo originale?) e di un uso dei verbi diciamo approssimativo per non dire peggio.
La trama del romanzo all’inizio mi è parsa singolare, un fatto insolito iniziale da cui si dipana il racconto di 4 vite che rimangono legate nonostante siano diversissime tra loro.
Nei primi capitoli si affrontano in modo scanzonato e divertente le tragedie umane dei 4 protagonisti, ironia e humor nero ci fanno sorridere di cose che sono in realtà abbastanza tristi.
Poi però il libro si sgonfia, un po’ il fastidio creato dallo stile sgrammaticato che alla lunga stanca, un po’ il dilungarsi della storia in particolari di cui si potrebbe fare anche a meno, fanno sì che la lettura da vivace e divertente diventi un agonia.
Quasi 300 pagine per dire poi alla fine che cosa? Alcuni libri sono decisamente penalizzati dalla lunghezza, più li tiri e più la loro qualità viene diluita, e questo è uno di essi.
Quindi alla fine, nonostante una partenza che faceva ben sperare, non posso affermare che questo romanzo mi sia piaciuto, e do la colpa in egual misura all’autore e al traduttore.
Insomma, se dovete imparare l’italiano non leggete questo libro perchè apprendereste solo verbi sbagliati e parolacce, se invece sapete bene l’italiano non leggete questo libro perchè scritto in questa forma potrà soltanto logorare i vostri nervi.

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